Classici. Così li chiamiamo. Dischi, brani ed artisti degni anni '60 e dei primi '70, che apprezziamo ma da cui, oramai, non ereditiamo pressoché nulla più da tempo. Oggi i '60 hanno cinquant'anni, ed il 1968 ne ha quaranta. Avrebbero ed hanno, determinati lavori ed artisti, ancora molto da dire al giorno d'oggi, ma credo che, a distanza di quattro o cinque decadi, non vi sia più ragione di lamentarsi se qualcuno li definisse, dischi, canoni ed autori, "classici"...

Nel 1976, però, Todd Rundgren già li equipara alla musica colta europea, affermando la libertà ed il diritto di ciascun artista, qual fosse un direttore d'orchestra, di reinterpretarli, di fornire la sua versione... In "Faithful" ne reincide sei, di questi brani, due dei Beatles, e poi Beach Boys, Yardbirds, Dylan ed Hendrix. Quattro di questi sei brani, nel '76, avevano appena dieci anni, i rimanenti due ancor meno. Era giusto elevarli a classici a soli dieci anni di distanza? Se consideriamo che nel '76, dei cinque artisti coverizzati, uno era morto, le bands s'erano sciolte (tranne i Beach Boys che però, primo periodo a parte, non furono pressoché mai una band vera e propria, piuttosto una sorta di "cooperativa") e che il solo Dylan continuava imperterrito, allora si. Se consideriamo cosa fu il movimento hippie, e cosa invece stava per accadere l'anno successivo a questo disco, il 1977, allora anche, ed a maggior ragione.

Accordatomi con Todd sulle ragioni di queste covers, cosa fu veramente egli, in questo progetto? Un artista? O meglio un arrangiatore, un riarrangiatore, un produttore, qualcosa di simile, insomma, ad un direttore d'orchestra? Non v'è dubbio che fu, in primis, un ingegnere del suono, del proprio sound. Stavolta alle prese con materiale altrui. Accompagnato dagli Utopia del tempo (manca ancora all'appello Kasim Sulton), esegue tutti i brani senza stravolgerli, anzi lasciandoti pressoché interdetto per la effettiva somiglianza, negli arrangiamenti e nelle parti vocali, delle sue versioni di "Good Vibrations" e "Strawberry Fields Forever" con le originali. L'altra dei Beatles, "Rain" (neanche classico, poiché solamente lato B di un 45 giri del '66, tra l'altro abbastanza jingle jangle in stile Byrds) è più terrena e meno trasognata, acquista spessore ma perde l'eterea suggestività.

Se Todd vince il confronto con gli Yardbirds nell'opener "Happenings Ten Years Time Ago" (brano-emblema, dato che quasi tutti i pezzi risalgono a dieci anni prima, nonché 45 giri il cui lato b, per gli U.S.A., fu era "The Nazz Are Blue", il brano da cui Todd coniò il nome della sua prima band), nel folk dylaniano di "Most Likely You Go Your Way (And I'll Go Mine)" Rundgren, che mai aveva cantato-parlato come il vecchio Bob, aggiunge trombe e sottrae armoniche a bocca, sostituisce le acustiche con le elettriche, e rovina la situazione. Impossibile, sebbene sia stata eseguita alla perfezione, il confronto di "If 6 Was 9" con l'originale. La corposità della chitarra e della voce di Hendrix non hanno eguali. Fino a quando il blues rock era inglesino e bianco, ce la si poteva fare, ma contro Jimi...

E fin qui il disco è quello che è: rievocazione, bella ma in fondo senza cuore, di ciò che fu a suo tempo e che mai più sarà. Ma dei dischi esiste anche il lato B. E che cos'è il lato B di "Faithful"? Ingegneria? Stravaganza? Manierismo? Riempitivi? Outtakes? La risposta è semplicemente Todd Rundgren per come lo si dovrebbe per sempre ricordare, un artista splendido di pop, soul e rock, ma soprattutto un eccezionale autore di vere grandi canzoni.

Se "Black And White" è un rock antipatico e trascinante, dagli ottimi cori, "Love Of The Common Man" è tutta da cantare, in assoluto uno dei dieci brani più belli della sua quarantennale carriera. "When I Pray" è un danzabile soul pianistico in stile "Bennie And The Jets" di Elton John... Ma Todd va ancora più in là: imita il timbro nasale, la pronuncia e lo stile interpretativo d'un cantante centroafricano, aggiunge molteplici percussioni etniche ed innesta spettacolari "Gna Gna" e "Ya Ya Yooh" in coro: tutta la tribù è in festa...

"Cliché" è un'autunnale ma luminosissima ballad, tra mille arpeggi e seconde, terze, centoventesime voci. "The Verb 'To Love'" è pop soul venato di psichedelia, un po' spaziale e tecnologico ma senza cadute di stile. "Boogies (Hamburger Hell)", lo dice il titolo, è un boogie glam rock a squarciagola degno di ritrovarsi ficcato dentro ad un greatest hits di Gary Glitter.

Il lato di vinile più bello della carriera di Todd Rundgren, per me ma non solamente, vanificato da un lato A presuntuoso, d'un artista che, pur sapendo d'esser capace di meraviglie, s'accontenta, deludendoci. Se nel 1976 Todd aveva scritto solo queste grandi canzoni, che bisogno c'era d'infilare le covers? Bastava attendere il tempo di ritrovarsi tra le mani un'altro pugno di brani all'altezza. Conoscendolo, non sarebbe passato più d'un semestre. E se Todd voleva incidere un disco di sole covers, che problema c'era ad inciderne un'altra manciata?

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