Intendiamoci sin da subito: in nessun modo un disco di remix potrà ulteriormente valorizzare, a parer mio, il repertorio dell'artista e la sua immagine, né tantomeno potrà erigersi al pari dei lavori "ufficiali". Io perdipiù prediligo i dischi-tributo a quelli di remix, perché solitamente preferisco trovarmi a che fare con artisti piuttosto che con tecnici ed ingegneri.
Detto ciò, questo "Reconstructed", come quasi tutti i dischi di remix, alterna momenti di livello ad altri per niente esaltanti. Colpa della differenza, come già detto, tra un artista ed un ingegnere: alla fine il musicista ricercherà la bellezza, e per farlo lascerà andare l'istinto, mentre l'ingegnere sovente rischierà di perdersi rincorrendo il suo proposito de-strutturatore, piuttosto che concentrarsi sul vero obiettivo: ri-strutturare.
Detto ciò, è bene sottolineare che il disco non s'intitola "Ristrutturato" o "Destrutturato" ma "Ricostruito", ovvero rifatto ex-novo. E' come se dicessero di smontare una casa mattone per mattone fino a farla sparire, consegnare tutto il materiale nelle mani di un esperto, e chiedergli non di restaurare (se è stato raso al suolo come si potrebbe fare?), né di lasciare tutto così com'è, ovvero raso al suolo (quindi destrutturato), ma di "ricostruire" una nuova casa, senza ricopiare la prima e secondo il proprio gusto personalissimo.
Già dalla tracklist, comunque, arriva il sentore che i buoni (ed impegnativi) propositi non si traducano in altrettanto positivi risultati: ci sono due "Hello, It's Me" e due "Bang The Drum All Day", tra i più celebri pezzi di tutta una carriera, ma all'appello mancano tanti altri cavalli di battaglia. Per inciso, di remix che funzionano ce n'è, anche se non in abbondanza, dall'ipnotica e minimale "Drive" ad una delle due "Bang The Drum All Day", ovvero quella che diviene un convincente rock industriale, fino a "Tiny Demons", tramutata in una ballata lunare di valore assoluto. Anche "Lord Chancellor's Nightmare Sons" è interessante: il dj, tale Flow, lega tutti i versi di questo logorroico vaudeville, impedendo a Rundgren, ed a noi che l'ascoltiamo, di rifiatare; divertente.
Dall'altro lato, "Hello, It's Me" non mi convince né in salsa elettropop né in quella reggae, dove il ritmo in levare lo tiene un campionamento del trombone. Non basta una base black per farmi piacere "Love Is The Answer" (il brano, perdipiù, virerà dopo un paio di minuti verso la trance!), cosiccome far diventare "Time Heals" e "Secret Society" brani buoni per lo spinning non aiuta. Inascoltabili poi "Emperor Of The Highway", il nonsuono di "A Dream Goes On Forever", l'inutile "Mated"...
Un disco-regalo che Rundgren fa a se stesso (se se lo sceglie lui vuol dire che gli piace proprio tanto!) ed ai sempre più spazientiti fans, che, pur sapendo trattarsi "soltanto" di un disco di remixes, avrebbero avuto il piacere di trovarsi a che fare con qualcosa di meglio, ma che in fin dei conti altro non avrebbe comunque aggiunto alla quarantennale carriera di Rundgren, neppure fosse stato un lavoro riuscito a pieno.
Certo è che c'è modo e modo di venir fuori sul mercato, ed a maggior ragione quando il materiale non è originale ci si deve sforzare di fare un disco di qualità cristallina, per uscirne sempre con le proprie gambe. Ed anche se questo errore di superficialità, specificatamente al cospetto di remixes, non fu solamente suo, e che ben altri artisti, anche quelli nati "tecnologici" e sintetici, in questo campo hanno sbagliato mira, non mi sento di promuovere Rundgren nemmeno stavolta.
Viva i pianoforti e le chitarre scordate. Suoni che, difatti, i migliori deejays adorano.
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