Domanda: come s'intitola questo disco? "Todd Rundgrens Utopia" per come si legge sulla copertina oppure "Todd Rundgren's Utopia", nel rispetto della regola del genitivo sassone, nonché come può evincersi dalla celebre enciclopedia on line? Ed a chi è ascrivibile? Quale l'autore, persona fisica o giuridica, dell'opera? Todd Rundgren? Gli Utopia? A nome di chi deve essere annoverato? Ed in quale capitolo? Quello 'Rundgren' o quello 'Utopia'? Oggi, dopo una decina di dischi ed una trentina (33) d'anni, potremmo inserirlo quale opera prima degli Utopia, ma nel 1974, lo si ascrisse a Rundgren od alla nascente band? Se fossero nati altri loro dischi, forse si pensò, questo qui sarebbe divenuto della band, mentre se gli Utopia fossero durati il fuoco di una stagione, beh quello sarebbe stato il quinto disco solista, dal titolo "Utopia", di un artista il cui nome venne sbagliato sulla cover: si chiama Rundgren, e non RundgrenS...
Io non me la sento di classificarlo il primo di una band, né tantomeno il quinto di un solista, e pertanto per me l'artefice si chiama "Todd Rundgrens Utopia", per come lo leggo sulla cover, e senza rispetto alcunop per la regola del genitivo della Sassonia, mentre l'album, mancando d'altre indicazioni, è omonimo. Gli Editors si sentano liberi di apportare le modifiche che ritengono neccesarie. Se non altro, comunque, ad avvalorare ulteriormente le ragioni della mia tesi, a parte il buon Todd, dei restanti tre/quarti della line up degli Utopia, in questo "non esordio", non vi è nemmeno l'ombra. Niente Roger Powell, né Kasim Sulton né tantomeno John "Willie" Wilcox. Furono "reclutati" infatti cinque virtuosi, dei quali tre tastieristi... Assieme ad essi Todd intraprese, da questo live, il suo novello ed audacissimo cammino.
Quattro brani presentati ad un pubblico che mai ebbe il piacere d'ascoltarli prima, ma si sa, nei primi anni settanta le orecchie dell'audience media del rock erano piuttosto ben allenate. E queste orecchie da intenditori non poterono far altro che stupirsi da tanta bellezza prog, da tanta complessa perfezione. I padiglioni, abituati ad ogni sonorità possibile in chiave poprockrog, esultarono una volta poste all'ascolto di così tante note nuove, al cospetto di così tante soluzioni sonore innovative.
Gli assoli hard di "Utopia Theme", quello in cui Todd (ammazza che chitarrista!) imita il sound prog delle tastiere, il suo "megassolo" solenne dopo la parte cantata, i riffono catchy, al cospetto dei quali le orecchie da intellettuali non possono non trasmettere ai cervelli il desiderio di applaudire, di saltellare... il jazz pianistico di Michel Petrucciani, il jazz rock con intervalli ipnotici e lunari di "Freak Parade", il quasi funky prog, i falsetti di Todd, gli acquarelli vocali, nella "durevole mezzoretta" "The Ikon". Enuclearli tutti, uno per uno, i momenti che mi hanno colpito, stilarne magari una classifica dei più originali, dei più inattesi, dei più sorprendenti, sarebbe stupido: qui c'è un'ora di ottima musica in presa diretta, da cui ognuno potrebbe trarre infiniti spunti di riflessioni, infinite parole. E c'è anche una semplice, pulita, grande canzone, 4 minuti blues rock che divengono hard nel finale, tra una chitarra in fading.
Stavolta non serve dilungarsi su un disco di Todd Rundgren: non c'è molto da analizzare, da de-strutturare per rendere di più facile comprensione, e di maggiore fruibilità. Questo è prog rock (jazz rock, blues rock, pop rock, arena rock) tutto da godere, tutto d'un fiato. Forse a quei tempi, l'aiutino che serviva a spalancare le porte della percezione avrebbe reso il tutto ancora più immaginifico e meraviglioso, ma qui c'è pane per ogni orecchia, c'è materiale per ogni testa, ci sono note per ogni cuoricino. Senza bisogno d'acidi.
Todd Rundgren(S): a wizard, a true ROCK star.
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