Poche nazioni europee possono vantare una scena jazz così attiva, innovativa e entusiasta come quella che interessò la Polonia tra la fine degli anni '50 e gli anni '70.
Dalla big band di Andrzej Kurylewicz agli esperimenti di contaminazione tra third stream e serialismo di Andrzej Trzaskowski fino a quello che viene da molti considerato una delle vette del jazz polacco, Astigmatic di Krzysztof Komeda, la Polonia si rese forse più di altri paesi europei promotrice di una via alternativa rispetto all'egemonia statunitense attingendo al bacino della musica europea post-romantica, ad atmosfere tese e ambigue e a quella che il compositore Adam Sławiński, autore delle note di copertina di Astigmatic, descrive come la dolente sensibilità slava.
Tra gli stimolanti ambienti del jazz polacco inizia a farsi notare per le proprie doti il trombettista Tomasz Stańko, appena ventenne, che viene assoldato da Komeda nelle sessioni di registrazioni di Astigmatic. Le sue doti solistiche, in bilico tra tecnica ed espressione, sono senza alcun dubbio tra i fattori che contribuiscono alla riuscita e all'originalità del sound dell'album. D'altra parte non era comune che la band di Komeda fungesse da "incubatore" per i nuovi talenti del jazz polacco: un altro esempio di musicista della cerchia che avrebbe poi conosciuto il successo europeo come personalità della fusion polacca è Michal Urbaniak.
È proprio al maestro e mentore Komeda, scomparso nel 1969 a Los Angeles per le conseguenze di una banale caduta, che Stańko dedica il primo album registrato nel 1970 a nome del suo quintetto. La formazione è composta dal sassofonista contralto (e, in altre sedi, violinista) Zbigniew Seifert, dal sassofonista tenore Janusz Muniak, dal batterista Janusz Stefański e dal bassista Bronisław Suchanek. Non sfugge la curiosa scelta di non includere un pianista in un disco dedicato a Komeda, che faceva del pianoforte il proprio strumento principale: Stańko, infatti, sceglie di riproporre lo stile del maestro non semplicemente citandolo (o eseguendone brani, come invece farà per tutta la parte successiva della propria carriera) ma rielaborandone la lezione in ottica più moderna con una speciale attenzione agli sviluppi del post-bop e del free nordamericano.
Fin dal primo brano, Czatownik ("L'aggrssore"), Stańko mette subito in chiaro le proprie intenzioni: agli aspetti "komediani" come la ripetizione di cellule tematiche, l'alternanza di pieni e vuoti dinamici durante i soli e gli ostinati ritmici ossessivi si contrappongono le peculiarità "anti-komediane" come la velocità di esecuzione, il piglio free dei soli e un certo gusto per i climax collettivi e caotici. Tutto ciò contribuisce a una doppia sensazione di eccitante freschezza: quella innata alla formula polacca e quella della lettura di Stańko. Ciò che però rende davvero elettrizzante l'ascolto di Music For K sono l'energia, la coesione e ovviamente la competenza tecnica del quintetto che attravera le strutture tipicamente frammentarie dei brani senza batter ciglio, costruendo ambienti sonori e improvvisativi sempre nuovi e mutevoli e tendendo continue imboscate all'attenzione dell'ascoltatore.
A livello compositivo Stańko si rivela ricco di idee (come forse mai nella sua carriera successiva) come emerge da brani come Nieskończenie Mały ("Infinitamente piccolo") e Cry: unisoni, atmosfere sospese e irrisolte, pulsazioni dissonanti di fiati, ritmi spezzati, decelerazioni e accelerazioni. La title track dell'album è la perfetta summa di questa sintesi tra ordine compositivo e caos free, racchiudendo dentro un tema sofferto e ipnotico stacchi ritmici, lunghe sezioni solistiche open e texture sonore taglienti. Le influenze statunitensi di Andrew Hill, Charles Mingus, Albert Ayler e Archie Shepp sono evidenti e si fondono con la sensibilità polacca/europa di Stańko in maniera salda senza mai cadere nel citazionismo.
A differenza del maestro scomparso prematuramente, Stańko avrebbe continuato una proficua e lunga carriera diventando un vero e proprio pilastro del jazz non solo polacco, ma europeo tutto. A dimostrazione della sua forte versatilità, nel giro di qualche anno avrebbe registrato, sempre con il suo quintetto, l'esperimento jazz-rock Purple Sun (1973) e l'esplorazione ambientale e free TWET (1974), per poi approdare all'etichetta tedesca ECM (di cui nel tempo sarebbe diventato beniamino) collaborando nel 1976 con il bassista Dave Holland per l'album Balladyna. Come già accennato, il ricordo del maestro Komeda non abbandonerà mai il trombettista polacco che continuerà a registrarne ed eseguirne brani fino a dedicargli un intero album, Litania - Music of Krzysztof Komeda (1997).
Music For K contiene 35 minuti di jazz fresco, elettrizzante e suonato eccellentemente e rappresenta un'aggiunta indispensabile agli ascolti di qualunque appassionato di jazz europeo.
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