Oltre i nostri caotici reticoli urbani, le file alle casse, gli incolonnamenti nel traffico, le assenze croniche di parcheggi, ci sono posti d'una quotidianità semplice, abitatati da persone semplici, dove il tempo è dilatato a tal punto da confondersi con l'infinito.

Hull ad esempio, pregno per gran parte dell'anno d'un cielo d'acciaio, gravido di pioggia e immerso in un silenzio così religioso che si può udire il fruscio dei vestiti e il peso della vita attraverso lo scricchiolio degli assi di legno mal ancorati al pavimento.

Hull è grigio profondo, pescherecci nel porto, attaccapanni adornati da parka madidi, lampadine accese a mezzogiorno e vento che taglia la faccia.

Hull è periferia che vince sulla metropoli quattro a zero, è un negozio d'arredamenti che casualmente diventerà famoso.

Hull è prevalentemente pioggia, lenta, violenta, inesorabile, incessabile pioggia.

Hull è Tracey, suole bagnate e un ciuffo copioso che cela di netto un occhio.

È una "riva lontana" che profuma di oasi felice, un intimate-low-fi da cameretta, è il posto da cui non riesci a staccarti nonostante lo tradisca tutte le notti.

È una Small Town Girl tra la maturità e l'adolescenza rinchiusa negli scatoloni su in soffitta.

Hull è vulnerabilità, timori, scoperta, cambiamento, avviluppati attorno a venti minuti di bobina.

Hull è un album intimo, un diario segreto che odora di pioggia e parla di Tracey.

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