Mark Tremonti, prolifico artista musicale dei giorni nostri. Attivo nel panorama rock/metal da circa un ventennio, a conti fatti è il cuore pulsante di ben tre gruppi musicali: (ex?) Creed, Alter Bridge e più recentemente la sua band solista (semplicemente detta Tremonti).
Il percorso musicale del chitarrista è piuttosto singolare: se la maggior parte dei gruppi rock/metal (del panorama mainstream) sono spesso partiti da un sound più duro ed aggressivo che è andato progressivamente alleggerendosi con gli anni, Tremonti ha fatto esattamente il contrario, partendo dal post-grunge anni 90 ed arrivando gradualmente ad uno stile sempre più heavy ed adrenalinico. Ciò si nota particolarmente sia nella storia musicale degli Alter Bridge, sia ancor di più nella carriera solista del chitarrista di Orlando.
È in occasione dell'inizio della collaborazione artistica fra Myles Kennedy (frontman degli Alter Bridge) e "sua maestà" Slash, che Tremonti ha deciso di intraprendere un viaggio musicale più personale, dando sfogo alle proprie influenze thrasheggianti di ottantiana memoria, senza mai trascurare la melodia (che rimane comunque il nocciolo della sua proposta artistica). Così, nel 2012, assolda Eric Friedman alla chitarra ritmica e Garrett Whitlock alla batteria, a cui si aggiungerà in seguito al basso Wolfgang Van Halen ("figlio d'arte" del celebre Eddie): il risultato è "All I Was", buon debutto solista che lascia spazio a sfoghi speedeggianti alternati a parti melodiche, non allontanandosi comunque molto dalle composizioni Alter Bridge (in sostanza ne mantiene l'ossatura "post-grunge metal-oriented"). Il disco vede per la prima volta Tremonti non limitarsi alla chitarra solista, ma passare dietro al microfono come voce principale, una novità deliziosa per i fan.
A tre anni di distanza, Tremonti vuole ripetersi con un secondo lavoro solista, che sia ancora più duro e personale rispetto al precedente. Ne esce fuori questo "Cauterize": com'è? Buono, ma avrebbe potuto essere meglio.
Non si può discutere dell'oggettiva qualità delle tracce di questo album: tutti i pezzi sono generalmente ben strutturati, il mixing è di buona fattura, i riff cattivi (ma non troppo), il cantato (che era un po' approssimativo su All I Was) notevolmente migliorato e ricorda a tratti le prestazioni di Corey Taylor negli Stone Sour. "Radical Change" apre l'album segnando un cambiamento non troppo "radicale" rispetto al passato, e fa presagire un bel proseguo del disco, che in generale avviene. Degna di nota la svolta "dark" del sound rispetto al lavoro precedente, che conferisce alle canzoni una certa "epicità" che non dispiace, ma che avvicina per certi versi lo stile musicale ancor più a quello degli Alter Bridge. Apparentemente l'album non ha difetti, si regge tranquillamente all'ascolto ripetuto... ma c'è qualcosa che lascia l'amaro in bocca.
Cosa non convince in questo Cauterize? Sembra che questo disco voglia stare con due piedi in due staffe. Tremonti è ben conscio che i propri seguaci sono gli stessi degli Alter Bridge, per cui non si azzarda a premere l'acceleratore più di tanto (nonostante i cavalli ci siano, sono tutti musicisti ben preparati). L'album, se da un lato pretende di essere "cattivo", dall'altro vuole restare ancorato al rock "radio-friendly": il risultato non convince completamente. Si percepisce una certa mancanza di omogeneità e coerenza nel disco, non solo fra le varie tracce dell'album ma in alcuni casi all'interno delle tracce stesse. Basti pensare alla title-track: main riff pesantissimo con doppio pedale martellante, seguito da una strofa e da un ritornello decisamente melodici, troppo "stonanti" rispetto all'apertura del brano. Anche Another Heart (primo singolo estratto) ha lo stesso problema: main riff durissimo seguito da una decelerazione fin troppo melodica; è come se si percepisse una forzatura nella struttura dei brani più heavy. I pezzi migliori sono quelli più lenti, dove Tremonti (anche per abitudine) si sa muovere meglio, soprattutto Sympathy, Dark Trip, Fall Again, Providence (quest'ultima di "Blackbird-iana" memoria). Anche Arm Yourself è di ottima fattura, forse l'unico episodio "thrash" pienamente riuscito.
Questo album, se ha tutte le carte in regola per soddisfare i fan di Tremonti e co., dall'altro lato verrà difficilmente apprezzato da coloro che sono abituati a ben altro tipo di metallo. Sembra di assistere ad una Ferrari che accende i motori, fa salire i giri fino a surriscaldarsi (anche troppo), ma poi alla fine non parte, resta lì. Non voglio dire che l'album sia pessimo o non sia degno di acquisto: si tratta di qualcosa che è comunque sopra la media. Ma considerando chi è Mark Tremonti, la sua grande tecnica e la sua grande vena compositiva, e soprattutto la sua conoscenza approfondita (per sua stessa ammissione) di Metallica, Megadeth e quant'altro, mi aspettavo che osasse di più, invece di rimanere legato agli stilemi del grunge da radio (ciò fa mettere in dubbio l'effettiva utilità di questa proposta solista, data l'esistenza degli Alter Bridge). L'album manca di una certa omogeneità che nel precedente All I Was (più semplice e diretto, meno cupo) era ben presente. In questo senso, Cauterize rappresenta un passo indietro.
In sostanza, un buon album che ha pochi (ma determinanti) difetti. Rappresenta un po il "dissidio" artistico di Mark Tremonti, perennemente combattuto fra l'impeto metallico e la tendenza melodica. Se i due elementi si sposano bene e trovano il loro equilibrio negli Alter Bridge (merito anche dell'altra anima compositiva Myles Kennedy), qui non è esattamente così. Mi aspetto che il tiro venga aggiustato con il prossimo Dust, in uscita l'anno prossimo.
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