Cosa rende grande un artista? A mio parere la qualità più grande che traspare da una persona in gamba è la crescita personale. Lo so, sembra banale e retorico ma sono dell'idea che l'assistere ad una maturazione umana (e in questo caso anche artistica) di una persona in cui hai sempre visto delle grandi potenzialità sin dall'inizio è una grande soddisfazione.

Tyler Okonma, in arte Tyler, The Creator non ha ancora raggiunto i trenta, eppure negli anni passati ha proseguito una carriera artistica decisamente fuori dal comune: nel 2009 con la creazione dell'ormai seminale collettivo hip-hop "Odd Future" ha riportato la filosofia del "Do It Yourself" nella comunità rap assieme alla totale mancanza di rispetto nei confronti di ogni cosa e\o persona. I suoi vecchi lavori infatti sono dei concentrati di rap alternativo con il gusto della provocazione portata all'estremo, sempre con una buona dose di ironia a fare da collante all'intero progetto. Lavori corposi e soprattutto interessanti musicalmente, eppure minati da una durata eccessiva e una scelta artistica spesso confusionaria.

L'apice di queste incertezze Tyler le ha raggiunte con l'amato\odiato "Cherry Bomb" (2015), una sorta di "ponte" tra il vecchio e il nuovo Tyler che con "Flower Boy" sembra finalmente aver trovato la definitiva maturazione sia a livello musicale che contenutistico. Cherry Bomb, seppur bistrattato da molti, resta ancora un album fondamentale per delineare il percorso intrapreso dal rapper di Los Angeles.

Parliamo quindi di "Flower Boy" (2017). a mio avviso questo lavoro rappresenta non solo l'apice artistico della carriera di Tyler The Creator, ma anche un possibile classico contemporaneo della black music odierna. Tyler abbandona quasi del tutto quelle sonorità dark e alternative che lo hanno caratterizzato in passato pur non abbandonando il suo metodo di missaggio, spesso reso volutamente un filo grezzo e sporco ma comunque godibile da ascoltare. Di fatto le produzioni sono il fiore all'occhiello del progetto: nella musica di Tyler si percepiscono continuamente le sue ispirazioni musicali che spaziano dal funk anni '70 a Pharrell Williams. In particolare il famoso rapper, produttore e cantante resta l'influenza primaria per la musica di Tyler, il quale proprio grazie ad una sua canzone ha iniziato a credere in una possibile carriera musicale.

Tolte le due "banger" del disco, ossia "Who Dat Boy" con A$ap Rocky (l'unica canzone musicalmente parlando che si rifà ai lavori precedenti) e la scoppiettante "I ain't got time" (un bellissimo omaggio alla musica dei N.E.R.D. dove tra l'altro Tyler fa una sorta di "coming out" nemmeno troppo velato) il resto delle canzoni mantiene un mood preciso, ossia un retrogusto di nostalgia: ogni pezzo suona leggermente malinconico, ciò è dovuto all'eccellente produzione curata da Tyler stesso, il quale arricchisce le canzoni di chitarre elettriche piene di delay e tastiere e sintetizzatori vintage: "See You Again" (uno degli apici dell'album) è infatti un crescendo di suoni e di melodie che lentamente sfocia in un rappato travolgente. "Boredom" e "Foreword" uniscono sonorità indie (con l'aggiunta vocale del musicista e cantante alternative Rex Orange County) e rap classico, la prima con un bellissimo ritornello catchy, la seconda invece è un tripudio di chitarre e sintetizzatori che progrediscono man mano che la canzone va avanti.
"Garden Shed" invece è la traccia più interessante, di stampo Pink Floydiano e, a tratti parecchio psichedelica: per questo la considero una chicca più unica che rara nell'odierno rap americano.
A queste tracce già di per sè perfette in ogni aspetto troviamo anche molto R'n'B ("Where this flower blooms", "911\mr lonely", "Glitter") e pezzi rap più classici ma sontuosi nelle produzioni ("Pothole", "November", "Droppin' Seeds" con un Lil Wayne in formissima). L'album termina con "Enjoy Right Now, Today", una strumentale funkeggiante che chiude degnamente un lavoro memorabile.

L'introspezione è un altro punto forte dell'album: finalmente Tyler abbandona il ruolo del ragazzino sboccato e provocatorio e inizia ad interrogarsi su sè stesso, sulle sue paure, le sue emozioni, i ricordi più importanti e unici della sua vita e soprattutto la sua sessualità, con un semi-coming out che ha fatto parecchio scalpore. Tutto ciò rende Flower Boy l'album finora più personale ed introspettivo di Tyler ed anche il suo rap, un tempo molto legnoso e leggermente forzato, ora è divenuto più fluido e melodico.

In definitiva "Flower Boy" lo definirei come il primo album di Tyler Okonma e non più Tyler il ragazzaccio anarchico e provocatore, ergo il primo lavoro di Tyler-persona e non di Tyler il personaggio: un lavoro sontuoso, pieno di black culture nelle produzioni e molto introspettivo nei testi; senza ombra di dubbio questo è uno dei punti più alti toccati dal rap negli ultimi tempi. Con "Flower Boy" Tyler è entrato ufficialmente tra i "big" della scena, un artista a tutto tondo, consapevole delle sue capacità artistiche e per questo una garanzia di lavori di qualità.

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