Tyler, The Creator, all'anagrafe Tyler Gregory Okonma, conosciuto con tanti pseudonimi (Wolf Haley, Thurnis Haley, Ace e altri 3858930 monickers) è colui che attualmente, da esperti e non, è considerato assieme a pochi altri uno dei prodotti più geniali partoriti in tempi recenti dalla scena Rap Alternative americana. Goblin è il suo secondo album ed è uscito nel 2011, dopo il fortunato esordio Bastard (2009).
21enne, Californiano di Ladera, Tyler è un giovane rapper completamente fuori dalle regole! Assieme al suo collettivo Odd Future, o OFWGKTA o OFWGKTAMDVISOSLAPVATTELAPESCA, sta radicalmente (avverbio non a caso) plasmando le nuove regole per ciò che concerne la musica Rap a stelle e strisce. Produttore, rapper e factotum della sua musica e del collettivo sopra citato, si distingue per l'approccio alla musica: malato, deviato, melanconico ed astratto, con riferimenti a b-movies, al porno soft, ai serial killer più famosi e reso ancora più notevole dall'apporto visivo, ideato pertanto dallo stesso Tyler, su video musicali, artworks, foto promozionali e abbigliamento. Tutto ciò è ancora più sensazionale se pensiamo che Tyler, come detto in precedenza, e tutti gli altri membri della Odd Future sono dei ragazzetti, a malapena maggiorenni o ancora adolescenti e che da poco più di 3 anni, sfruttando internet (come oramai succede)e diffondendo una dozzina di album/mixtapes/EP sono passati da sconosciuti a realtà numero 1 dell'underground americano.
Tornando al nostro protagonista, egli è un rapper anomalo all'interno dell'Hip Hop americano. Figlio illegittimo di un'orgia fra Pharrel Williams/N*E*R*D, Eminem, MF Doom, Erykah Badu, cresciuto a pane e jazz/funk/soul/soft-electronic e agli album degli artisti prima citati, in possesso di un tono di voce profondo e a volte molto sporco e di un flow versatile e pungente, Tyler riesce ad unire le influenze della vecchia scuola americana ad un suo, unico, particolare modo di intendere il Rap; dimenticatevi del rap farcito di Gucci, Lamborghini e gold grills e preparatevi a scontrarvi con la cattiveria pura di un ragazzetto che nonostante sia un emergente ha classe e carattere tali da fan*ulizzare nel vero senso della parola chi non lo rispetta e chi non gradisce e, allo stesso tempo è capace di portarsi a casa il premio per miglior video musicale del 2011 agli MTV Video Music Awards, per il celebre singolo Yonkers, che ad oggi supera le 57 milioni di visite su YouTube.
Proprio da Yonkers, che potrebbe essere preso a vero e proprio manifesto di ciò che è Tyler, The Creator, voglio partire per analizzare quella che è la musica di Goblin. Beat scarni, percussioni pesanti, talvolta metalliche e rocciose ai limiti dell'industrial (non ce lo vedrei male a rappare sui Current 93), talvolta ticchettii asfissianti e ripetitivi; sferzate ariose e melodicamente disturbate di synth che diventano anche assillanti e in certi momenti drammatici; continui interventi ribelli di pianoforte e strumenti classici, quasi a rendere chi compone Goblin un burattinaio matto che sa come coinvolgere emotivamente chi sta ascoltando la sua musica e, allo stesso tempo, come spaventarlo e ricordargli tutta la violenza della televisione e della vita di tutti i giorni, che sebbene ormai non spaventi più, è grottesca e impossibile da ignorare. Tyler, The Creator è il cronista di tutto ciò ma non solo. Sa offrire spaccati della sua vita, di come piano piano stia venendo controvoglia risucchiato da questo mondo. Il successo, i soldi, i concerti, le interviste che non vuole fare, il non aver mai conosciuto suo padre e il poco tempo a disposizione che abbia, ora che è a contatto con il successo, per stare con sua madre e i suoi amici, che ora quasi vede come colleghi e "partners" nel mondo dolceamaro del music biz. Come nel precedente Bastard, anche su Goblin, prosegue il fittizio dialogo tra Tyler e il suo terapista, il Dottor T.C., in realtà Tyler stesso, in quello che si rivela un divertente ed oscuro raccontarsi a se stesso e a chi ascolta, da parte del rapper di Ladera.
La titletrack che apre il disco è un levigato blocco di cemento, pesante e cazzuto che racchiude poche e sparute melodie su cui Tyler appare sicuro di se, sfrontato e provocatorio, senza mezzi termini. Vorrebbe frantumare il mondo con le sue mani!
Stessi sentimenti che appaiono su "Yonkers", certamente più catchy della canzone che la precede ma sempre a suo modo violenta e molto diretta. La rabbia di Tyler, i presunti attacchi di misantropia/misoginia si calmano in quegli episodi conditi di melodia che sono "She", terzo singolo dell'album, dolce ed avvolgente descrizione delle fantasie softcore del suo autore in salsa quasi R'n'B (anche per la partecipazione di Frank Ocean), "Her", in cui Tyler ci fa sapere che in mezzo a tanto odio anche lui riesce ad innamorarsi e "Analog", strano tentativo di canzone da pomeriggio estivo dove chi canta invita ad un pomeriggio al lago in compagnia di sesso, musica e droga. In confronto a ciò è interessante il fatto che Tyler approvi la filosofia Straight Edge e in modo romanzesco all'interno delle liriche, faccia trasparire paradossalmente tutto il contrario, le fantasie e i sogni proibiti di quello che è un mal celato alterego interiore, perverso e malefico.
Alterego interiore che ha un nome: "Tron Cat", come il titolo della traccia numero sette. Senza dubbio la canzone più cattiva del lotto! Da ascoltare esclusivamente con delle ottime cuffie per il potere dei synth, è la canzone preferita dell'album da chi scrive, perché carica e diverte allo stesso tempo. Sulla stessa scia seguono "Radical", inno alla ribellione e al non farsi imporre regole, "Fish" emblematico episodio celebrativo al noto serial killer Albert Fish,"Transylvania", anti-femminista garage-step d'assalto, "Sandwitches" con Hodgy Beats, che è stata scelta come primo singolo dell'album e la già dal titolo programmatica "B*tch S*ck D*ck", presa in giro al rap americano odierno. Un po' fuori dal coro "Window", "Golden", "Nightmare". Malinconiche, ariose e buie alimentano l'aspetto tetro e misterioso dell'album, sono tre canzoni che ascolterei sotto la pioggia, in giornate scure. È presente anche una strumentale "AU79" a sottolineare le innate capacità compositive di Tyler, The Creator.
Preso nella sua totalità "Goblin" è un album devastante, particolare e lontano anni luce da quella che è la scena americana oggi (Lil Wayne, Gucci Mane, Waka Flocka Flame per intenderci) e per chi scrive è stato l'album rap del 2011. È straniante e cinico, e l'incedere freddo, asettico (solo i Death Grips, che presto recensirò, riescono ad essere più violenti) e allo stesso tempo emozionale delle sue canzoni saprà intrattenervi e incuriosirvi, specialmente se avrete la perizia di ascoltarlo profondamente e continuamente sino a coglierne le sfaccettature nascoste e i significati più profondi delle parole di chi canta.
The devil doesn't wear Prada, I'm clearly in a fucking white tee."
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