Tutto perfetto. Dalla copertina, geniale, alla musica, non una nota sbagliata, non un passaggio sgraziato, non una melodia inferiore.
Il segreto? Quello che avrebbe dovuto fare di ogni disco di Todd Rundgren un capolavoro, e che invece, per sufficienza, troppa foga, fretta, prolificità o presunzione, spesso non ha funzionato: la somma tra la perfezione tecnica nell'esecuzione, la conoscenza maniacale di svariati generi musicali, la sagacia nel mescolare tali generi e nel comporre nuove ‘ricette', la padronanza totale della sala d'incisione ed il livello altissimo di capacità compositiva.
A voler sviscerare ogni brano, alla fine del singolo ascolto, c'è da sentirsi tali e quali allo chef che, a prelibatezza bell'e sbafata, provi a spiegare alla clientela con la panza piena, nel dettaglio, tutti gli ingredienti e la preparazione.
Gli ingredienti, poi, sono sempre gli stessi: tastiere "vecchio prog", venature e passaggi (se non interi specials) di jazz-rock; strutture hard-blues, ritornelli AOR ed FM, brani surf, ossature soul e geometrie power pop. All'appello mancano l'Arena rock del precedente "Oops! Wrong Placet", la psichedelia ed il tipico episodio vaudeville, rimpiazzato dallo sperimentale funk rap azzeccatissimo di "Junk Rock".
Per il resto, come dicevamo, la differenza la fa il modo di mescere i vari ingredienti, in modo tale che persino gli episodi che appaiono più scontati deviino verso qualcos'altro, di diverso e di migliore. E' il caso di "Fahrenheit 451" (ex surf) o di "Only Human" (ex soul). Brani meno semplici sono "Lysistrata", pop californaiano da falò con le chitarre elettriche, "Shinola", continuo fraseggiare di vecchie tastiere su di un hard blues, e "One World", festa finale tra il surf ed il gospel.
Ancora più ambiziosi, per farla breve, l'elettropop Warholiano di "For The Love Of Money", che una volta era un hard blues; la fusione tra avantgarde, powerpop solido e prog tastieristico in "Last Dollar On Earth"; il ritornello AOR, le strofe pop e la ritmica jazz rock accelerata di "The Up"; l'incrocio tra il prog rock dei Kansas e l'FM dell'iniziale titletrack.
Al di là di tutto, un disco di grandi canzoni, che suona freschissimo (tranne che per le tastiere, volutamente d'antan) anche oggi. E che, nonostante gli ingredienti siano gli stessi di sessant'anni di musica, suona originale. E forte.
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