Questa recensione è dedicata a Doc, il fenomenale ex batterista dei Vader, defunto pochi giorni fa. Rip Brother!!!
Nel 1995, il death metal in Polonia era quasi esclusivamente rappresentato dagli alfieri Vader (i Behemoth erano ancora impegnati nel loro primitivo ambito black e i Decapitated, le giovanissime rivelazioni attuali, erano probabilmente ancora troppo piccoli per far qualcosa), gruppo in attività sin dal 1983 (!!!) e dedito inizialmente ad un thrash death abbastanza canonico, per poi virare, dopo l’uscita dei primi capolavori del genere (Seven Churches, Scream Bloody Gore, Altars Of Madness, Left Hand Path, per citare alcuni tra i più celebri), ad una forma di death metal estremamente originale, moooolto violenta, relativamente lineare e scorrevole e saldamente ancorata al thrash anni Ottanta, col quale questi polacchi erano cresciuti. Ecco che quindi, dopo il demo del 1990 “Morbid Reich” (il demo death più venduto di tutti i tempi, sembra) si susseguirono alcuni dischi di pregevole fattura, che permisero ai Vader di emergere dall’underground, dove erano rimasti fin troppo tempo, e di farsi notare anche al di fuori del bigottissimo Paese, avverso al metal a livelli che potremmo definire quasi italiani.
Il colpaccio però avvenne nel 1995, anno in cui il death era più che altro una eco del triennio 1991-1993, ma che continuava comunque a sfornare i suoi (quasi) ultimi capolavori (“Symbolic”, ”Domination”, ”Once Upon The Cross”, ”World Demise”, ”None So Vile”, ”Pierced From Within”, per restare in ambito di death nordamericano).
Ecco dunque unirsi a queste eccezionali prove “De Profundis”, un disco che fondamentalmente non aggiungeva nulla di ciò che era stato già detto in America o in Svezia, ma che dava quella ventata di aria fresca ad un genere che si avviava verso lo stantio.
La formula è semplice: violenza, violenza e ancora violenza. Il sound dei Vader trova il suo perno attorno all’originalissimo cantato di Peter, non un growl propriamente detto ma altrettanto “kick-ass”, al precisissimo, tecnicissimo e molto molto creativo (avrei detto creativissimo ma non ci sarebbe stato bene)drumming di Doc (RIP) e a riff veloci e fondamentalmente lineari, con una componente tecnica mai fine a se stessa.
Dentro a questo cd ci sono alcune tra le migliori cose mai sentite nel death, come i riffs da headbanging dell’opener “Silent Empire” (la più bella traccia del lotto), la fulminante “An Act Of Darkness”, le velocissime “Incarnation” e “Sothis” e la irregolare “Revolt”, dove è la maestria di Doc dietro le pelli a far da padrone. Eccetto la sperimentale e lenta “Blood Of Kingu”, leggermente al di sotto del resto, il disco non presenta assolutamente cali di tono, anche se ci vorrà un po’ prima di mettervelo in testa. Grandi Vader e grande Doc!
Carico i commenti... con calma