Il jazz è il jazz, però…

Non mi ricordo chi un po’ di anni fa previde che la musica nel futuro non la avrebbero fatta i musicisti (qualcuno mi aiuti a ricordare, per favore, forse Brian Eno?).

I rapper, almeno quelli puri, per me non lo sono.

Io, per dirla tutta, odio il rap, e soprattutto i rapper, i loro nomi e le loro cantilene che finiscono tutte in rima baciata, però…

La magia elettro-srrumentale di “Cosmic interlude".

I ghirigori psichedelici da chitarra hendrixiana di “Canzone per un amico”.

L’assolo di sax in coda alla stessa canzone.

“Buyo” inizia come uno dei brani del Moby di “Play”, poi diventa un po’ un rap (pazienza..).

La bellezza assoluta (all’interno di un brano già splendido di proprio) dell’assolo di B3 in “Solo dove vai tu”.

L’assolo di chitarra revolveriana (al contrario) di “Luci”.

Il valzer cosmico flautato di “Fuori, fuori, fuori…”.

Questo album è pieno di collaborazioni con rapper, non si può negare, però…

Venerus non è per niente, o almeno non solo, un rapper (e forse neanche lo sono i suoi compari, ed il suo produttore), è evidente.

Se non altro perché ha altre fonti di ispirazione, oltre quelle già citate, esempio, come hanno fatto notare Colapesce e Di Martino a Propaganda live, usa, quando canta, la “t” di “stasera mi buccio..” di Rocky Roberts.

E non mi risulta che Rocky Roberts fosse un rapper..

Come non lo sono Enrico Gabrielli dei Calibro 35 e Fabio Rondanini degli Afterhours che hanno partecipato con entusiasmo a questa operazione.

Concludendo, per me una folgorazione, è come se avessi trovato un album che mischia la iper creatività, l’afflato esistenzialista e la complessità sonora di un “The Soft Bulletin” o (meno) di un “At war with the Mystics” (il soul ed il misticismo sono cose che avvicinano quest’ultimo album dei Flaming Lips all’album di Venerus) con certe melodie settantiane dei Verdena di “Wow” e seguiti.

Ed anche un po’ di rap, che rappresenta la modernità, che a ben pensarci non ci sta così male.

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