Che fare?

Definire per l’ennesima volta il folk rock?

Incastrando, in mezzo a un milione di eccetera, qualche formula magica come fuori dal tempo, fuori dal mondo?

Girando/vagando intorno a termini come struggente, malinconico oppure vattelapesca?

O, ancora, tirar fuori i soliti Cave Young Cohen o qualche altro nome di quelli che spaccano l’anima?

Ok se dobbiamo farlo facciamolo. Che, se sti tizi chiamati Willard Grant Conspiracy non li avete mai sentiti, le coordinate son quelle.

Poi?

Poi (che so?) facciamo narcolessia e dolcezza da fine del mondo…

Facciamo strumenti della tradizione e voce baritonale...

E facciamo, quando meno te lo aspetti, qualche grattugiamento abrasivo quasi che nella casetta di Big Pink ci fossero finiti i Velvet e non lo zio Bob.

E parole assai sveglie su musiche addormentate…tintinnii elettrici su sogni acustici...e tutti quei fatterelli riassunti dalla frasetta “del tempo fu sospeso il corso”... anche se sta cosa del tempo forse l’ho già detta.

A cantare è (anzi era) un signore sui cento chili con un faccione davvero per niente figo. E’ morto a febbraio di quest’anno e questa non è una recensione, è solo un piccolo omaggio.

Chiudo dicendo che la traccia che conclude il disco “The visitor” è uno dei pezzi più belli che abbia mai sentito.

Al rallentatore e in crescendo spacca i cuori e le anime e racconta dell’ospite notturno.

Quale ospite? Quello…

Ah, qui il signor Robert Fisher, che così si chiamava quel signore sui cento chili, sembra quasi essere in contatto telepatico con quella famosa signorina che se ne stava gran parte del tempo chiusa in una stanza…

E anche quella signorina riceveva siffatte visite…

E se in un brano ci senti i Velvet e ci senti il folk e ci senti pure Emily Dickinson credo proprio che qualcosa di straordinario sia accaduto.

Non lo credete anche voi?

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