Nati inizialmente come solo project, ad opera del defunto Terje Bakken (meglio conosciuto con il nome d'arte di Valfar), i Windir ("guerriero" nel dialetto di Sogndal), appartengono a quel sottogenere che forse più si avvicina alla nostra "visione" comune dei paesi scandinavi: parliamo del mix tra black/folk/viking metal. Coniugare il black metal, spesso paragonato ad un genere oscuro, maledetto, e chi più ne ha, più ne metta, è certamente possibile, come ci dimostrano i Windir, ma non solo(ricordiamo ad esempio gli Enslaved o i Borknagar).
Una particolarità, prima ancora di parlare del lato puramente tecnico dei brani, è l'utilizzo del dialetto, dal quale la band prende nome, nelle stesse lyrics dell'album, rimarcando forse la sentita appartenenza alle terre nordiche. Le stesse terre così suggesstive e fredde, nelle quali Valfar troverà la morte, per ipotermia. La prima cosa che risalta dell'album, è sicuramente la stupenda cover, sunto quasi generale delle bellezze nordiche. Il tutto arricchito dalla presenza di una figura che sembra aggirarsi alla ricerca di qualcosa perduto da tempo immemore e in tutto ciò, sembra quasi di poterci immaginare lo stesso Valfar, in una sorta di incredibile premonizione, della tragica e incredibile situazione, che porterà alla morte il leader di questo ottimo gruppo.
L'album si apre con l'ottimo intro "Todeswalzer", un intro aggressivo, contornato da un atmosfera curata e mai troppo invadente della tastiera di Righ, a supporto dei riff aggressivi di Strom e Sture Dingsøyr; immancabile ovviamente, per finire, il blast beat,ben fornitoci da Steingrim.
La title track "1184", fa gioco sull'utilizzo della tastiera e della chitarra ritmica, per ricreare un atmosfera che sembra quasi riportarci indietro nel tempo, nelle antiche tradizioni dei miti e delle leggende nordiche. La melodia ricreata, sembra in alcuni istanti,fin troppo ripetitiva, ma al tempo stesso così ipnotica, per poi venire completamente spezzata dalla vocce rabbiosa di Valfar.
"Dance of Mortal Lust" è praticamente un continuum della precedente title track, difficile infatti notare il netto distacco tra le due melodie, che si vanno a creare e ritrovare tra le due song.
Fantastiche anche "Heidra" e la successiva "Destroy". Quest'ultima in particolare, si apre come una marcia di battaglia, per poi sfociare nella guerra vera e propria. Quella fatta dal ritmo frenetico della batteria di Steingrimm, la voice rabbiosa di Valfar(talvolta supportata anche dagli altri membri del gruppo), chitarre che sembrano voler uscire, con il loro suono, dalle casse e portarci in un mondo mistico,fantastico, ma forse sotto sotto, anche fin troppo oscuro.
A questo punto si arriva alla penultima track "Black New Age", dolce melodia che ci accarrezza e ci porta verso la conclusione dell'album, che miglior nome non poteva aver se non "Journey to the End".
Sulla track finale, va quasi fatta una recensione a parte. Se infatti la prima parte della song, è chiaramente correlata al resto dell'album, potrete ben notare verso la metà della stessa song, un netto distacco dalle melodie tipiche del resto dell'album. Parte totalmente ricreata con synth e batteria, che a molti potrebbe far storcere il naso, ma che tuttavia ho trovato abbastanza gradevole e ben inserita in un album, che per il resto, risulta difficile da criticare duramente.
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