Osservate bene la copertina: uno spietato generale nonmorto si staglia sullo sfondo, ove i suoi malefici sottoposti, sotto un cielo infernale popolato di esseri diabolici, avanzano implacabili, devastando chiese e portando con sé morte e distruzione. Osservate e preparatevi: se chiuderete gli occhi durante l'ascolto di "Witchkrieg", vi ritroverete lì, tra quelle uniformi putrescenti e quelle fiamme voraci.

A quattro anni di distanza da "Don't Fear The Reaper", il supergruppo svedese Witchery torna più cattivo e incazzato che mai. Basta ascoltare il primo sudicio riff della title-track per intuire cosa ci aspetti: un album crudo e violentissimo, un calderone scoppiettante in cui ribolle una pozione Thrash/Death metal, resa più sapida da una spolverata di Black e più cristallina da qualche riff à la NWOBHM qua e là. I continui cambi di ritmo presenti nel CD lo rendono in grado di imprigionare l'impotente ascoltatore e di non annoiare mai: si passa da canzoni che rasentano il Death, quale "Wearer Of Wolf's Skin", a pezzi più lenti (eufemismo) ma comunque in grado di stordire (si ascolti "The God Who Fell From Earth", forse l'astro oscuro più splendente del disco). Tra la melodia e la brutalità serpeggia l'angoscia, che cresce di minuto in minuto, fino a esplodere in "Hellhound", dove l'atmosfera creata dalle chitarre di Richard Corpse e Patrik Jensen evoca in modo stupefacente l'idea della fuga disperata e vana dal nero segugio. Nella traccia che suggella il lavoro, "Witch Hunter", si sfiora addirittura l'agonia totale: continuamente interrotta da rumori inquietanti, sussurri dall'oltretomba e voci cavernose, la melodia lentamente svanisce nell'oblio. Il fruitore può tirare un sospiro di sollievo, ma i Witchery lo hanno avvisato: l'incubo non è finito; il male ha solo preso una pausa.

Dal punto di vista del sound, il gruppo risorto dalle ceneri dei Satanic Slaughter ha poco di cui non andare fiero: il basso è davvero notevole (d'altronde si tratta dell'ex-Arch Enemy Sharlee D'Angelo, mica pizza e fichi) e i growl dell'ex-cantante dei Marduk Erik "Legion" Hagstedt, new entry di spessore, oltre a orientare il disco in direzione black, si adattano splendidamente ai brani: si passa così dal quasi parlato di "The God Who Fell From Earth" alle urla terrificanti di "Conqueror's Return". Gli assoli delle canzoni, poi, sono spesso suonati da ospiti davvero eccezionali: il mitico Kerry King degli Slayer ("Witchkrieg"), Hank Shermann dei Mercyful Fate ("The God Who Fell From Earth"), Gary Holt e Lee Altus degli Exodus ("The Reaver"), Andy LaRocque dei King Diamond ("From Dead To Worse") e Jim Durkin dei Dark Angel ("One Foot In The Grave"). Eppure, nonostante tutto ciò, l'album presenta alcune pecche che possono farlo risultare indigesto, in primis la scarsissima originalità e la produzione, che, a mio avviso, ha reso il sound troppo potente.

Fermo restando che "Witchkrieg" è un'autentica mazzata nel panorama del 2010 (e lo consiglio caldamente agli appassionati del metal estremo), i diversi ascolti non possono che portarmi a proferire la classica e amara sentenza: "è un prodotto per soli fan".

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