I Wolfbrigade non hanno bisogno di presentazioni e Run with the Hunted di una recensione. Il perché è presto detto: trattasi di un quintetto ultrarodato, coerente, che fa maledettissimamente bene il suo sporco lavoro. E poi sono semplici, e fare bene le cose semplici è sempre stato difficilissimo. Onore quindi ad una band che cita senza plagio Discharge e Scandinavian Jawbreaker degli Anti-Cimex: è un bel sentire. E non è da tutti: si respira la ruttante anima stradaiola dei G.B.H mentre le pelli scandiscono a rotta di collo l'incipit "Nomad Pack", subito incalzata, senza soluzione di continuità, da quella "Warsaw Speedwolf" che già si è rivelata singolo d'eccezione.

Ecco, va tutto benissimo. Però, facendo la punta al cazzo, si è persa un po' quella ventata di (parziale) novità che contraddistingueva il precedente Damned.Toni crepuscolari e vagamente minacciosi esaltavano tracce come "Ride the Steel", "On your Knees... In misery" e "Feed the Flames". Sembrava di riassaporare le prime splendide brutture dei Dismember (chiedere di "Bleed for Me", per farsi un'idea). E poi è sempre bello quando l'hc lega con il più cupo estremismo svedese.

Ma pazienza. Mi piace immaginare questo disco come il chiaro e conciso "chissenefrega" di una band che può permettersi tutto e che non deve certo cedere al lusso di reinventarsi per risultare credibile. Faremo sempre e solo questa cosa, e allora? Siamo i più bravi di tutti. Il panc sta tutto lì, in quel gigantesco "e allora?", stando a Frank Zappa. E credo che avesse ragione.

Quindi, ben venga un album che flirta di più con l'hardcore più purista e diretto. Meglio sarebbe, in effetti, parlare di semplice d-beat, classica scuola Discharge, piuttosto che di crust. Il riferimento più immediato, infatti, è quello di In Darkness You Feel No Regrets, un album schietto ed incazzato che nel 2003 aveva reso felici tutti. Poche tracce, senza tante balle, tutte piuttosto fighe. Come oggi, del resto.

Certo, aspettarsi qualcosa di più dell'(ottimo) compitino sarebbe stato lecito. Ma poi "War on Rules", "Feral Blood" e "Dead Cold" viaggiano così bene. E intanto apprendi che, ai concerti, la slamdance non è più ben vista perché sarebbe auspicabile un atteggiamento più inclusivo, specie in contesti così di nicchia.

Ecco, allora io mi tengo i treaccorditré e il mosh. Poi voi non lamentatevi se il 25 aprile diventa un'onda blu e se ci troviamo per l'ennesima volta a vedere fascisti e moderati che dominano un ballottaggio. Perché bisogna essere moderati soprattutto nella moderazione. #testedinicchia

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