La decisione dei Wu Lyf di non rilasciare interviste nemmeno sotto tortura ha evidentemente pagato, perché l’attesa per il debutto dell’enigmatico complesso si faceva sentire. Capita ultimamente che alcuni gruppi per farsi conoscere non dicano nulla su di sè. Diversi artisti hanno deciso, per diventare chiacchierati, di farsi ingooglabili, magari con nomi indecifrabili tipo (prendendo da un sito) GL?SS †33†H o †‡† . Tornando ai Wu, la loro pagina su Wikipedia è già stata cancellata più volte. Il gruppo ha rifiutato ogni profumata offerta delle label e si è autoprodotta il debutto. Dunque si chiacchiera, chiacchierate. Cosa avrebbero proposto?
Qualche scarna informazione sul gruppo: secondo le loro stesse parole suonano Heavy Pop, lessico d’artigianato che sta per psichedelica, post-rock e spruzzate di art-rock melodico, molto molto melodico a tratti. Essi si definiscono nothing, o four dumbs kids, e altre cose interessanti si possono trovare sul loro sito ufficiale, che da una autoreferenziale e reticente, sola pagina è divenuto una complessa realtà di poster e inni post-situazionisti. Infatti i Wu Lyf non sono propriamente (solo) un gruppo, ma una vera e propria azienda, autogestita e no-profit, che conta alcune centinaia tra musicisti, designer, fotografi, pensatori e tutto quello che vi pare. Il nome stesso si pronuncia Woo Life e sta per WORLD UNITE! LUCIFER YOUTH FOUNDATION.
Come vedete, alla faccia del silenzio degli artisti, o forse anche proprio per quello, non ci sono poche informazioni su di loro, anzi. Ma il rischio è di parlare solo del gruppo e non della musica (che anche sul net viene poco trattata).
Detto questo, infatti, ciò che rimane è niente più (ma niente meno) che un buon album. Possiedono alcune peculiarità: innanzitutto la voce particolare del cantante, molto slabbrata e parecchio sovraincisa, che fa molto arena rock. Anche il batterista si concentra su ritmi semplici ed efficaci tali che facciano procedere i brani e che sostengano i chorus con il chiaro intento di rendere semplice al pubblico cantare con il cantante, che si abbandona spesso e volentieri in cori trascinatori molto rochi. La volontà di coinvolgere il pubblico non mi sorprende vista la natura di organizzazione dei Nostri. Il gruppo fa quadrato sul cantante, che è il vero cuore dei brani. Una menzione a parte merita l’organo che riveste tutti le canzoni e che fa pensare quasi a musica sacra (guardatevi i testi per capire di che parlo). Un’altra componente che vorrei sottolineare è quella tribale (si, tribale) che credo si possa avvertire in molti brani. C’è un che di primordiale, magari anche voluto, in loro. Per il resto, non ci sono particolari picchi compositivi, ma fanno bella presenza L Y F, Spitting Blood, Heavy Pop ma soprattutto Cave Song. Sorvolabili Summas Bliss, Concrete Gold e altre.
Per le influenze, in giro parlano di Swans e Happy Mondays, ma forse è meglio citare un frullato di Explosions in the Sky, Wolf Parade e Built to Spill. In definitiva nulla di eclatante, ma non hanno certo deluso, e possono volare alto.
“To tell fire is to question, to bring fuel to the fires started by kids no longer blinded by spectacle glare.”
So go tell fire.
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