Avendo a disposizione un po' di tempo libero, ho pensato bene di recarmi al cinema oggi e, per andare sul sicuro, ho scelto un titolo che poteva stuzzicare la mia curiosità. Ho scelto giustamente "Illusioni perdute" di Xavier Giannoli, presentato all'ultima edizione della mostra del cinema di Venezia. Va premesso che trasporre al cinema un capolavoro della letteratura francese ottocentesca come "Illusioni perdute" di Balzac (romanzo caldamente consigliabile) può rivelarsi più difficile del previsto, in quanto la resa filmica potrebbe risultare oleografica, sontuosa proprio come avrebbe voluto un grande regista come Luchino Visconti. Ebbene, il film di Giannoli ha tutte queste caratteristiche, rende con precisione certosina un periodo storico come la Restaurazione nella Parigi degli anni 20 del diciannovesimo secolo, ma stimola l'attenzione dello spettatore su temi che ritroviamo anche oggi a distanza di due secoli.

La vicenda è incentrata sulla dolorosa formazione di un giovane di belle speranze come Lucien Chardon (che si fa chiamare con il cognome materno de Rubempre') nato in provincia e con una certa propensione a comporre poesie romantiche. Una baronessa vorrebbe aiutarlo ad emergere nel mondo delle arti ma, una volta fuggiti a Parigi, per non danneggiare il proprio decoro nobiliare, lo indurra' a vivere separatamente e a cercare fortuna nel miglior modo possibile. Nella Parigi di quel tempo, una volta archiviata l'era napoleonica e restaurate monarchia e nobiltà, non c'è proprio spazio per pubblicare libretti di poesie sdolcinate. Semmai fioriscono gazzette di orientamento liberaleggiante che campano alla grande pubblicando articoli taglienti su persone in vista ed eventi culturali della ville lumiere. Tutto a patto che si scriva a favore del miglior offerente, perché tutto è in vendita, soprattutto l'onore. Come quindi meravigliarsi se scrittori e giornalisti sono sempre pronti a cambiare idea, mentre editori per niente colti e senza ideali non battono ciglio, bensì pensano solo a batter cassa (uno di questi è magistralmente interpretato dal solito immenso Gerard Depardieu). Ne' va meglio nel mondo del teatro ove attori ed attrici senza talento vengono acclamati da claques prezzolate e ricevono un interessato battage pubblicitario.

In una Parigi così rutilante e sfavillante, ma intimamente marcia, il giovane Lucien impara in fretta a farsi largo ma, come ben si sa, il troppo successo può dare alla testa. E se poi ci si mette il desiderio di acquisire un titolo nobiliare, per intercessione magari della baronessa, la situazione si complica al punto tale da finire in guai seri...

Film di fattura classica, con tanto di voce narrante fuori campo, riesce ad essere avvincente e a farci palpitare per un protagonista che, baciato da troppo successo, finisce per scivolare sulla classica buccia di banana. Gli spunti interessanti che vengono proposti sono vari. Non c'è solo il tipico tema del giovane che deve sgomitare per farsi quella che si sarebbe detta una posizione sociale o carriera, oltre a quella costante francese che identifica in Parigi la città per eccellenza, mentre il resto della nazione è solo provincia e campagna.

Direi che in "Illusioni perdute" si indica la genesi della società moderna in cui il denaro è il parametro essenziale nei rapporti umani ed economici (come potrebbe altrimenti essere data alle stampe qualsiasi pubblicazione?). Ma soprattutto quello che salta all'occhio è quel tema tornato d'attualità in questi ultimi anni sotto il termine di "fake news" e quindi fino a che punto ciò che si scrive e legge corrisponde al vero? Si potrebbe addirittura chiedersi cosa sia un fatto oggettivo per noi che vediamo, leggiamo. Ed è proprio stuzzicante al riguardo quanto afferma uno dei personaggi del film, ovvero il giornalista Etienne Lousteau quando racconta a Lucien questo apologo:

"Due viandanti vedono Gesù Cristo che cammina sulle acque. Uno dei due dice all'altro: vedi, Gesù non sa nuotare."

Ebbene, messa così non ci si può non chiedere quale sia il fatto sotto gli occhi di quei due spettatori. Cosa sia soggettivo e cosa oggettivo. Un po' come si asseriva, secondo la Gestalt theories, di specificare cosa era rappresentato in un disegno: la testa di un coniglio o il becco di un'anatra?

Un bel dilemma che stimola ingegno e riflessione di noi spettatori ed attori in quella commedia umana sapientemente descritta da Balzac e resa magnificamente nel film di Giannoli.

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