Il film si apre tra le stelle, con una voce fuori campo che ci introduce con poche parole al mondo in cui si svolgono le vicende narrate, mentre sullo sfondo un’astronave dalla poco equivoca forma fallica attraversa un portale dall’altrettanto poco equivoca forma di vagina. E fin qui tutto bene, non fosse che questo non è “Balle spaziali 3 - Alla ricerca di Balle spaziali 2”, ma tale “Rebel Moon”, che per giunta non è un film di Mel Brooks, bensì di Zack Snyder.

Ora, io non ho particolari pregiudizi verso questo regista: si tratta, alla fin fine, di un tamarro che ce l’ha fatta e che, almeno a inizio carriera, ha azzeccato una serie di film che da ragazzini abbiamo apprezzato un po’ tutti, al di là del loro effettivo valore cinematografico; tutte cose, queste, che di norma basterebbero a rendermelo quantomeno simpatico. Peccato solo che, da diversi anni a questa parte, lui stesso abbia cominciato a sentirsela un po’ troppo calda, forte anche di un seguito di fan non così numerosi, ma piuttosto rumorosi, ed ecco che quindi da regista con una discreta personalità visiva, ma con degli evidenti limiti, è passato all’essere una specie di artista tormentato e un po’ megalomane la cui magnifica visione cinematografica di praticamente ogni sua opera viene costantemente ostacolata da misteriosi poteri forti. A sua parziale difesa, si può dire che il suo lavoro con i personaggi della DC Comics sia stato effettivamente più volte ostacolato da una gestione abbastanza confusa degli stessi da parte della Warner Bros., che ne possiede i diritti, e abbia risentito dell’affanno di quest’ultima nello stare dietro all’universo narrativo messo su dai Marvel Studios, per cui questo “Rebel Moon”, girato in esclusiva per Netflix, poteva essere per lui una ghiotta occasione per dimostrare di saper mettere su un’opera originale di tutto rispetto, libero da vincoli o ingerenze esterne di alcun tipo. Ammetto candidamente di non aver visto i precedenti film girati da Snyder per la medesima piattaforma, “Army of the Dead” e “Army of Thieves”, per cui potrei essermi perso delle pellicole capaci di farmi cambiare drasticamente idea su di lui, fatto sta, però, che “Rebel Moon” è un tonfo bello pesante su tutti i fronti e a questo giro non ci sono giustificazioni che tengano.

Trattasi di una space opera che vorrebbe raccontare le sorti di un intero universo attraverso la ribellione di uno sparuto gruppo di combattenti contro lo spietato impero del Mondo Madre, che sottomette pianeti e sistemi solari a suon di colpi di laser sparati da una mastodontica astronave da combattimento; se già la trama suona pericolosamente già sentita, ma su questo si potrebbe anche soprassedere (d’altronde, per stessa ammissione del regista, il progetto era stato inizialmente concepito come costola minore del franchise di “Star Wars”), tutto il resto lascia sbigottiti per quanto è derivativo e tenuto insieme con lo sputo: sembra infatti che, in preda alla foga di creare un mondo vasto e variegato, il buon Zack abbia preso letteralmente ogni cosa che gli piaceva da altre opere letterarie e visive e ce l’abbia infilata dentro a forza, scordandosi però che per fare del buon world-building ci vuole anche un minimo di credibilità e coerenza. E invece no, qui abbiamo citazioni ai limiti del plagio a “Blade Runner”, “Star Wars”, “Matrix” e perfino “Il signore degli anelli” messe insieme perché sì, personaggi dalla caratterizzazione pressoché inesistente e, soprattutto, una gestione dei tempi e dei dialoghi che fanno cadere le braccia: “Rebel Moon” pare, infatti, uno di quei film che tratta i suoi spettatori come dei perfetti idioti a cui sottoporre scambi di battute agghiaccianti e didascalici, rigorosamente accompagnati da flashback altrettanto esplicativi che vorrebbero dare profondità alla narrazione, ma ne spezzano soltanto il già poco brillante ritmo. Non aiuta, poi, il montaggio, che in mano a una persona competente avrebbe potuto mettere delle pezze sui difetti della sceneggiatura, ma pure qui le cose vanno malissimo: le scene d’azione sarebbero anche ben coreografate (non male, in particolare il combattimento con la donna ragno), ma sono palesemente tagliate per mostrare meno sangue possibile (perché quello si vedrà solo nella Director’s Cut(!) di prossima pubblicazione) e danno, perciò, un brutto senso di incompiutezza, e le scene dialogate sono pure peggio. Tutto questo si traduce in un susseguirsi di eventi frettoloso e dal peso narrativo inesistente, tanto che si arriva al climax senza che ce ne sia un reale motivo, con in più la beffa che la battaglia finale pare una scaramuccia tra bulletti di quartiere più che l’epica conclusione di un viaggio interstellare. Male anche la fotografia, che per buona parte del film è inspiegabilmente sfocata, e in generale tutto l’impianto estetico, che in teoria sarebbe dovuto essere il cavallo di battaglia del regista, gode di poca cura, oltre a sembrare posticcio al limite del fastidioso. E poi c’è lui, il vero feticismo di Snyder dai tempi del suo esordio: il ralenti, qui piazzato a caso praticamente ovunque, al punto da essere svuotato di ogni significato e divenire fonte di grasse risate involontarie.

Dispiace per il cast, che conta qualche nome mica da ridere (su tutti Anthony Hopkins, che dà la voce all’unico personaggio vagamente interessante di tutto il film) e che ce la mette tutta, ma dato lo scarso materiale a disposizione può fare ben poco, e in fin dei conti anche per lo stesso Snyder, che deve credere molto in questo progetto. Il problema però è che forse ci crede fin troppo, tanto dall’aver già girato anche un seguito, che probabilmente sarà visto solo dai suoi irriducibili fan o da chi studia cinema ed è in cerca di un comodo bignami comprendente tutto ciò che non si deve fare nel dirigere un film di fantascienza. Anche perché, personalmente, non vedo ulteriori motivi per voler vedere la seconda parte di quella che doveva essere la summa della carriera di un regista, ma che a conti fatti non va oltre la qualità di una mediocre fan-fiction.

Dispiace anche perché, in un mare di saghe, seguiti, remake, reboot e adattamenti di materiale letterario già esistente, questa poteva essere la giusta occasione per il lancio di un soggetto originale di richiamo su una piattaforma diffusissima, ma è stata sfruttata nel peggiore dei modi quando avrebbe dovuto essere ponderata molto meglio fin dall’inizio. A partire dalla scelta del regista.

Carico i commenti...  con calma