Ma che gruppo sono gli Zao?

E' grazie a gente come loro che il metalcore conserva ancora un minimo di dignità. Niente pugnette, niente frange, niente sruffianamenti. D'altra parte cos'è in fondo il metalcore se non metal più hardcore? Se molti gruppi oggi la pensassero così si eviterebbero molti abomini.

L'intro ci catapulta proprio lì dove vuole, ovvero davanti alle porte dell'Inferno; ma non siamo ancora entrati, ci troviamo ancora nel Limbo come nella migliore tradizione dantesca: difatti i dieci pezzi che compongono l'album sono suddivisi in cinque gruppi, ciascuno da due canzoni, che rappresentano i primi cinque gironi infernali.

L'atmosfera è plumbea, sulfurea, dolorosa, si respira marciume,  le urla di sofferenza dei peccatori sono lancinanti, e si intuisce che non ci sarà via di fuga. Con gli occhi chiusi si vedono le fiamme, le zolfo ci soffia addosso. Ed è incredibile come queste immagini affiorino subito limpide in testa. Le urla di Dan e i riff di pura matrice hardcore del duo Mellinger-Codgell sono li tramite e il mezzo attraverso il quale è possibile vedere e vivere tutto questo. Non mancano tuttavia momenti più distaccati, come in "If these Scars Could Speak" (girone dei lussuriosi), con la chitarra acustica che prima la fa' da padrona, pur mantenendo forti tinte scure, e che poi, nonostante le successive sfuriate metalliche, rimane sempre presente.

Come si suol dire per ogni grande album, ogni traccia è diversa dalle altre, ma se qui si cerca la varietà bisogna andare da tutt'altra parte (o se si vuole rimanere sugli Zao fiondarsi su "The Funeral Of God"),  ciò non toglie che il suono sia assolutamente unico e irripetibile.

Cosa avrebbero ascoltato Dante e Virgilio nella loro discesa infernale? Che domande, "Liberate Te Ex Inferis".

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