"Dio è morto, questo è il suo funerale. Colonna sonora by Zao".

Gli Zao sono una band che merita rispetto. Ecco, se devo indicare l’atteggiamento giusto che bisognerebbe avere nei loro confronti, è proprio questo: rispetto. O almeno questo è l’effetto che hanno avuto su di me. Gli Zao meritano rispetto perché sono dei pionieri del movimento metal cristiano. Sono dei pionieri della musica come impegno sociale (basta andare un pò indietro nel tempo per riscoprirlo, l’attuale controllo cedeva il passo a furibonda irrequietezza). Sono dei pionieri del movimento hardcore. Sono dei pionieri, e basta.

Gli Zao meritano rispetto perché sono stati forse la band più efficace nel rispolverare il death metal melodico carcassiano e a fonderlo con pesanti dosi di hardcore new school, strizzando l’occhio ora all’emo, ora alla scuola "emotional metalcore" che tanto ha fatto la fortuna di gruppi immensi come Shai Hulud e Poison The Well. E poi il singer Dan è un dio (ditemi se non vi sembra Jeff Walker versione hardcore). Gli Zao meritano rispetto perché si chiamano "Zao" e sono riusciti a fare scuola con un nome del genere. Io ai tempi un gruppo con un nome del genere lo avrei sotterrato sotto quintali di sterco fuso ben prima di ascoltarlo. Poi lo scrupolo è prevalso, e dopo pochi ascolti il disprezzo iniziale è diventato venerazione. Mica poco, soprattutto perché questi tipi hanno talmente tanto carisma che sono riusciti a vincere i miei pregiudizi, eh si, se io ascolto una band che si chiama Zao vuol dire che ci sanno davvero fare. Se io non ascolto nemmeno i Toto perché mi fa cagare quel nome, io sono scemo.

Gli Zao meritano rispetto perché hanno scritto un album meraviglioso e lo hanno intitolato "The Funeral Of God": è un concept cristiano. Strano, vero? Ma in fondo perché è strano? Quando salutiamo Dio noi facciamo il segno della croce, se alla vicina di casa hanno ghigliottinato il figlio mica faccio "zack!" con le mani ogni volta che la saluto, eheh! Ma la morte di Dio è il significato della sua esistenza, perché poi egli risorge, per vivere ancora, stavolta per sempre. Dio oggi è morto: nel cuore delle persone, negli aerei che si schiantano, negli occhi di una donna buttata sulla strada, nelle lacrime di un bambino ripescato da un cassonetto. Dio è morto: e gli Zao gli preparano un funerale magnifico, turbinoso, violento e ricco di sottile malinconia. "The Funeral Of God" è un grande album, leviamoci il dubbio. Il tanto tormentato hardcore cede qui il passo ad uno stile che molto deve al death melodico americano e non, quasi a voler sottolineare una violenza che stavolta è un tutt’uno con delle liriche scritte da mano sapiente. Stavolta, eh si, sono arrabbiati. E si sente.

I giri di chitarra diventano malati. Uno apre Breath of the black muse ma si dissipa in una cavalcata ruvida e distruttrice, dove le pelli di Stephen Peck si chiedono cosa hanno fatto di male per essere trattate a tal (brutale) modo, mentre Dan Weyandt fa gli onori della celebrazione, strizzando ora l’occhio agli indimenticati Carcass, ora ai Poison The Well, ora facendo vedere come non stia strizzando l’occhio a nessuno. Già, la sua voce, il suo maestoso modo di cantare, è farina del suo sacco. Sembra vomitare l’anima sul microfono il buon Dan, sembra lanciare anatemi con voce vissuta, e forse fa davvero entrambe le cose; ma quando la sua voce si rilassa, la tempesta iniziale si trasforma in un mare leggermente mosso, dove la compattezza dei riff si sposa ad un’andatura lineare, a stacchi che preludono assalti nervosi, e le orecchie di chi ascolta sembrano aver raggiunto una dimensione di pace mistica. Qui la parola d’ordine è varietà. Se ne volete un esempio eccovi The rising end: i riff sono di una ruvidezza rara, tipicamente hardcore nella loro radice, ma uniti sapientemente al death melodico che ha fatto scuola e (cosa più importante) ad una melodia che trasuda da ogni distorsione. Poi arriva uno stacco e sembrano infierire volutamente sui loro poveri strumenti, accompagnati da Dan che sembra si stia sfogando dopo una brutta lite. Poi tempi spezzettati si accavallano, diventa difficile seguirli, ma tentare di farlo è un piacere difficilmente descrivibile. Così ancora si uniscono episodi più ruffiani, altri ancora più violenti, ed altri squisitamente drammatici (The lesser lights of heaven, tra i migliori episodi del lotto).

Ed ecco sgorgare la malinconia, ecco sgorgare le lacrime dal loro cuore. É sorprendente pensare che dalla violenza iniziale si arrivi a questo punto: quasi come una parabola discendente, una rabbia che nel suo dissiparsi e nel suo bruciare come un fuoco di paglia, si tramuta in una nostalgica rassegnazione che tanto sa di voglia di speranza. Ora, perché dico che gli Zao meritano rispetto? Perché loro sono letteralmente UNICI nel saper maneggiare una materia di emozioni così vasta, unirla chirurgicamente a ogni influenza musicale che possa aiutarli nel loro intento, e sembrano ergersi superiori alle canzoni da loro stessi create. Insomma: se sono violenti non cedono mai alla violenza, se sono malinconici non cedono mai alla malinconia, ma rimangono superiori, e quando meno te lo aspetti inseriscono cambi di tempo e riff che riescono a spezzare la delicata armonia iniziale. Tutto ciò non li fa sembrare semplicemente credibili; li rende una perfetta antitesi dei gruppi che cadono vittima delle loro emozioni e scivolano nel patetico. Gli Zao no; loro sono musicisti freddi e sublimamente perfetti, che colpiscono al centro il bersaglio senza aggiungere una parola. Meraviglioso. E poi chiudono il tutto prima con un leggero preludio strumentale, un evolversi di arpeggi e atmosfera paradisiaca, che sostenuta lentamente dalla batteria fa venir voglia di versar qualche lacrima.

E poi, il gran finale: Psalm of the city of the death. Poche righe di testo e pochi riff, per una canzone oltre gli 8 minuti. Essenzialità. Ed è voce pulita, quasi corale, quasi un grido di speranza per la rinascita di quel Dio di cui, proprio ora, si sta celebrando il funerale. La parola è affidata alla musica, signori: il cerchio si chiude, e la confusione mentale dopo questo meraviglioso viaggio regna sovrana. Provatela, perchè voi valete. "The lesser lights of heaven are burning towards a dream. . .".

Non sono mai stato così felice di partecipare a un funerale.

Carico i commenti...  con calma