A Saucerful Of Thrash - Episodio I: "Il disgusto di Sua Maestà"

Con un'operazione di storiografia medallara a mio avviso piuttosto discutibile, alcuni giungono a raggruppare Acid Reign, Sabbat e Onslaught sotto l'ombrello di un'ipotetica "Triade anglosassone" del thrash medal anni '80, da contrapporre (ma, forse, sarebbe più opportuno dire "da affiancare") a quella ben più nota e blasonata di origine teutonica, formata da Sodom, Kreator e Destruction.

Trattasi, per quanto mi riguarda, di un errore storico, ancor prima che di un giudizio opinabile.
In primo luogo perché non tiene conto delle numerose differenze sussistenti tra i due bacini musicali in esame, non solo sotto il profilo della quantità, ma anche, e soprattutto, della qualità e della varietà della proposta discografica. In secondo luogo perché, in tal modo, si dimenticano le particolari contingenze spazio-temporali che caratterizzarono la primissima fase delle carriere del terzetto tedesco ed i rapporti personali che legarono per molto tempo i membri delle rispettive formazioni. Ma, soprattutto, perché una tale ricostruzione finisce per rivalutare eccessivamente l'operato di una band certamente dignitosa, ma tutt'altro che trascendentale, quale, appunto, gli Acid Reign.

Formatisi intorno alla metà del 1985, i cinque di Harrogate (contea dello Yorkshire), affondavano le proprie radici musicali non solo nel thrash medal imperante al tempo, ma anche nell'hardcore di matrice statunitense, riletto per l'occasione in chiava ironica e demenziale. Grazie al connubio di questi due elementi, la band era riuscita, nel giro di una manciata di anni, a raccogliere un buon successo tra il pubblico locale, giungendo alla pubblicazione dapprima di un EP curiosamente intitolato "Moshkinstein" (del '88, dalla spiccata attitudine thrashcore e sfregiato da un suono di chitarra di rara pastosità), e quindi all'esordio vero e proprio nel 1989 con il full length "The Fear".

"Obnoxious" (pubblicato sotto Under One Flag nel 1990) è il secondo e ultimo disco della band, e può pacificamente ritenersi il suo l'apice discografico. Grazie anche all'ingresso in formazione del misterioso "Mac" (basso) e di Adam Leah (chitarra, poi nei Cathedral), al posto di Gaz Jennings e Ina Gangwer, la band mostra una maggiore sicurezza nei propri mezzi compositivi e un'accresciuta dimestichezza con gli "attrezzi del mestiere". Senza rinunciare ad un'oncia di quell'aggressività sonora che aveva caratterizzato le precedenti produzioni, qui i nostri fanno sfoggio di un apprezzabile, e tutto sommato riuscito, lavoro di "scalfittura" della classica forma canzone grazie al quale la tipica intransigenza in 4/4 di matrice thrashcore, lascia il posto ad architetture compositive più complesse e strutturate, ad azzeccati stop & go ("Phantasm") ed a un lavoro assolistico ben più vario e ricercato. Il risultato finale è un disco in cui la band rinuncia parzialmente alla propria componente più freak e goliardica (ma non al vizio della copertina imbarazzante). Un disco oscuro, a tratti anche molto violento, pervaso da un senso di profonda malinconia (leggasi, per tutti, il testo della "One"-oriented "Thoughful Sleep").

Inutile sottolineare come tale cambio di rotta debba verosimilmente essere ricondotto al tentativo di conformarsi (nei limiti consentiti dai mezzi tecnici a disposizione della band), a quel "nuovo corso" che il thrash medal stava intraprendendo proprio in quegli anni, caratterizzato dall'incremento del tasso tecnico e della complessità delle composizioni, con conseguente rinuncia alla velocità e alla cattiveria a tutti i costi. Ed è proprio tale osservazione che fa emergere il principale difetto di "Obnoxious": una patologica carenza di personalità. Troppo evidenti sono, infatti, i tributi pagati ai protagonisti della scena statunitense del periodo, dai Forbidden, ai Metallica di "And Justice For All", agli Anthrax di Bello e Belladonna. Troppo evidente la derivatività di alcune soluzioni (valga, per tutti, il ritornello della comunque buona "Joke Chain"). Sin troppo frequente la sensazione di "già sentito" che accompagna l'ascolto del disco.

"Obnoxious" finisce così per rappresentare un prodotto dignitoso, ma tutto sommato prescindibile, inadatto a reggere il confronto non solo con le migliori produzioni extranazionali, ma anche con i capisaldi della scena thrash medal anglosassone.

Se i Sabbat di Martyn Walkier erano riusciti a elaborare un sound personale, tecnicamente e qualitativamente notevole, sfoggiando uno spessore compositivo davvero raro per gli standard del tempo, se gli Onslaught di "Mo" Mahoney (peraltro già morti e defunti al momento dell'uscita di "Obnoxious") avevano avuto il merito di essere tra i primi a stare in bilico su quell'impalpabile linea di confine tra thrash più violento e death in fasce, nulla di tutto questo può essere attribuito al quintetto di Harrogate.

"Obnoxious" rimane così la testimonianza sonora più vivida e apprezzabile di un gruppo che sicuramente merita di essere ricordato nello sparuto e un po' sgarrupato panorama musicale del thrash anglosassone, ma che non può certo aspirare a sedere al fianco dei grandi nomi di quella scena.

 

Dedicata alla "T'TTD Gang"

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