Il periodo più fecondo e creativo di Hitchcock, quello in cui perfeziona l’espressione stilistica dei suoi lavori, è quello “americano”. Senza scordare gli oltre 200 telefilm “Alfred Hitchcock Presents”, sono di questo periodo le sue pellicole più belle, “L’ombra del dubbio”, "L'altro uomo", "Intrigo internazionale", “La finestra sul cortile”, "Psyco", “Frenzy” "Nodo alla gola" e "Il delitto perfetto". Del quale segue la recensione.

Il giocatore di tennis Tony Wenice (Ray Milland, il personaggio più cinico che Hitchcock abbia mai messo in scena), conduce una vita di lussi a spese della ricca moglie Margot (Grace Kelly). Quando viene a conoscenza che la donna ha una relazione con lo scrittore Mark Halliday (Robert Cummings), Tony decide di ucciderla per paura d'essere lasciato e perdere la sua condizione di privilegio, dunque architetta un raffinato piano per compiere il delitto. Riesce a trovare il sicario adatto allo scopo, ricattando il suo vecchio compagno di università, Swan (Anthony Dawson). La sera in cui dovrebbe aver luogo il crimine, Tony si procura un alibi andando a una cena con altre persone. Durante la serata telefona alla moglie, il killer che è già in casa, deve colpire nel momento in cui la donna risponde alla chiamata... ma, ecco il primo colpo di scena.

Il lavoro teatrale "Dial M for Murder" di Frederick Knott, una storia a forti tinte di rara bellezza, complicata e assai difficile da sceneggiare, divenne un film (Il delitto perfetto) per mano di Alfred Hitchcock che ne fece un thriller psicologico, con una suspense calcolata perfettamente. Suspense è la parola citata più spesso quando si parla di Hitch, la caratteristica espressiva che da sempre gli si associa, l’impronta che ha dato a quasi tutti i suoi lavori. Attori come pedine che si muovono nel disegno di una storia criminale, una lenta e palpitante attesa dello sviluppo degli eventi, con una netta separazione tra le cose di cui è informato lo spettatore e quelle a conoscenza dei personaggi sulla scena. Questi sono gli elementi più importanti della tecnica narrativa del regista inglese, che l’hanno reso famoso e che provocano l’interesse e la partecipazione emotiva ai suoi film.

Col criterio adottato per "Nodo alla gola", "Il delitto perfetto" è ambientato in una sola stanza, non ci sono scene di particolare violenza, il regista si dedica unicamente allo sviluppo dell'intreccio della trama, al perfetto meccanismo ideato da Frederick Knott. Lo spettatore conosce il mandante e il piano che ha concepito, l'esatta sequenza degli eventi, la psicologia dei personaggi. Mentre questi consumano inconsapevolmente il loro destino, la tensione non cala mai perché noi sappiamo, abbiamo un ruolo attivo, questo ci costringe a stare col fiato sospeso per tutta la durata del film. Una pellicola dal meccanismo narrativo impeccabile, che ha il suo punto di forza nella trovata (davvero ispirata) dello scambio della chiave di casa, che il sicario doveva nascondere sotto la guida della scala del condominio, dopo aver commesso il delitto. Il re del brivido ai massimi livelli, un film da vedere assolutamente se amate le storie criminali.

PS. Due persone dialogano a un tavolo, una conversazione molto normale, tutto a un tratto, boom, l'esplosione, una bomba era stata collocata sotto il tavolo. Il pubblico è stupito, allibito, ma non c'è suspense. Affinché ci sia, si deve vedere l'assassino che posa la bomba, si deve sapere che esploderà all'una, e che è l'una meno un quarto. In questo modo la stessa banale conversazione diventa interessante perché il pubblico partecipa alla scena. Questo è quello che il regista disse in un'intervista a François Truffaut, per spiegare quello che lui intendeva per suspense.

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