Lunga è la via che dall’inferno ascende alla luce, ma la sinfonia di un sintetico cielo stellato cala una fune e invita al viaggio.
Sam Rosenthal getta la maschera e depone in ossari polverosi i Black Tape For A Blue Girl. Sam Rosenthal è ormai altro. Sam Rosenthal è Dave Bowman.
Nera edera elettronica infesta l’utero di pilotaggio, ma i gorghi sono controllati e il cuore è saldo. Ghigni sinistri di un Lustmord spaziale, uno “Zeit” scalfito, un “Atem” umanizzato.
Rintocchi. Sordi “Mai più” racchiusi in una mano.
Dalla luna i sussulti del monolite guidano droni pachidermici verso distanze inconcepibili e mentre vuoti pneumatici ingoiano i bagliori di stelle lontane, improvvisi sciami artificiali forzano la cloche in virate di fortuna.
Rintocchi. Alzarsi-lavorare-dormire, alzarsi-lavorare-dormire, alzarsi-lavorare-dormire.
Space-dark ambient cinematografica e graffiata di phatos retrattile. Schulze e Kubrick annuiscono con riserva.
Ma Dave Bowman è solo.
L’Odissea finale. Un lungo corridoio senza memoria, luci sinusoidali, grand’angoli deformanti e bordoni astrali che schiacciano il cuore sotto i tacchi.
E Dave Bowman è solo.
La stanza del Vecchio è vicina, gotici accordi senza tempo rimbalzano sugli specchi, stridii sospesi, volti dimenticati, parole mai dette.
E Dave Bowman è solo.
E il Vecchio cammina piano e Dave Bowman lo segue, e grani elettronici gelano il sangue e Lei era così bella, e i colori si confondono e le forme si allungano, e il Letto è vicino e il Vecchio lo indica, e Dave Bowman si sdraia e il Vecchio è Dave Bowman.
Mai più. Mai più. Mai più.
Sì, finalmente Dave Bowman è solo.
Carico i commenti... con calma