L'Australia non può certo essere definito come uno dei continenti che maggiormente hanno contribuito alla causa del progressive in quanto le band provenienti dalla "terra dei canguri" non sono state mai numerosissime. Su tutti vanno ricordati i grandissimi Sebastian Hardie, autori di due album-capolavoro di progressive sinfonico in perfetto "Camel-style", ma certo gruppi come gli Aragon difficilmente passeranno alla storia del genere (con tutto il rispetto...). L'etichetta coreana M2U Records ha realizzato la ristampa (in una deliziosa confezione cartonata simil-LP) dell'unico album prodotto nel 1977 da questi Aleph, band australiana di cui, lo confesso, ignoravo l'esistenza. La formazione presenta una particolarità interessante in quanto a basso, chitarra, voce e percussioni (affidati rispettivamente a David Highet, David Froggat, Joe Walmstey, Ron Carpenter), affianca ben due tastieriste donne, le brave Mary Jane Carpenter e Mary Hansen. La cosa incuriosisce non poco in quanto, nei gruppi progressive, i rappresentanti del gentil sesso, le poche volte in cui sono presenti, sono generalmente relegati dietro il microfono (per non parlare poi delle ragazze che ascoltano questo genere.... vere e proprie mosche bianche). La musica proposta da questi Aleph si presenta come un felice connubio tra progressive sinfonico e rock all'americana, sullo stile, per intenderci, di band quali i grandissimi Kansas e gli Styx ed appare fin dalle prime battute di notevole spessore artistico. Si inizia alla grande con "Banshee", brano non molto lungo nel quale, dopo un intro di pianoforte e voce, la band inizia subito a darci dentro con una chitarra aggressiva che, supportata da pianoforte e tappeti di synth, crea un accompagnamento piuttosto complesso per una melodia vocale immediatamente coinvolgente. Il brano seguente, "Man Who Fell", appare leggermente meno convincente, mentre la successiva "Morning" torna ad alti livelli grazie ad un inizio affidato alla chitarra elettrica che ricama una melodia molto bella su un accompagnamento di pianoforte, il tutto impreziosito da un drumming scatenato; la melodia vocale, anch'essa piuttosto incisiva, entra poco dopo e viene alternata a parti strumentali concitate, il tutto in poco più di 4 minuti: un piccolo gioiellino che dimostra ancora una volta come per fare ottimo prog non siano indispensabili le mega suite da almeno 10 minuti (Gentle Giant docet...). La successiva "(You Never Were a) Dreamer" è una ballad piuttosto graziosa anche se non imprescindibile e funge da antipasto al piatto principale del disco, la suite "Mountaineer" capolavoro di quasi 15 minuti. In questo brano il pianoforte i synth e la chitarra elettrica si intrecciano e si amalgamano in maniera dinamica e coinvolgente a supporto di una bella melodia vocale, il tutto sempre in pieno stile Kansas. Dopo qualche strofa il primo cambio di tempo e di tematiche introduce una parte strumentale in cui la chitarra e il pianoforte recitano il ruolo principale con grande pathos e con tutto ciò non siamo neanche a metà della suite che prosegue ancora con alternanza tra parti vocali, sempre di ottimo livello, e strumentali caratterizzati dalla continua alternanza dello strumento leader con gli altri via via a tessere intrecci musicali di sottofondo. L'album si chiude con la rilassata e melodica "Heaven's Archaepelago", degna conclusione per un disco veramente molto bello che non posso che consigliare caldamente a tutti gli appassionati.

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