Un vero e proprio excursus fra i reami dell'impossibile. Questo è ciò che offre l'ascolto delle sei meravigliose "Trio Sonatas" di Jan Dismas Zelenka. Uno dei compositori più grandi e misconosciuti della musica barocca. Ingiustamente relegato fra le titaniche figure di Bach ed Handel, sepolto nell'oblio per oltre due secoli, il nome del grande compositore boemo è risalito all'attenzione del panorama musicale solamente negli anni Cinquanta, grazie soprattutto al paziente lavoro di "riscoperta" di un allora poco più che ventenne Heinz Holliger.
Un'opera di riscoperta di importanza tale da essere ormai nota come "Zelenka renaissance". E queste sono davvero sonate che meritano luce, meritano visibilità. Perché splendono di una bellezza e di una complessità eterna. Sono commovementi ed emozionanti come una passione. Sono brillantezza, sono emozioni diverse, sono un monumento musicale. Creano, in modo demiurgico, un vero e proprio mondo parallelo. Un mondo ora estatico, ora rabbioso, ora colmo d'ironia pungente e dissacrante. E sono di certo il carattere trascendente di questa musica, questo suo elevarsi dalle miserie di ogni giorno per portare un afflato eterno di universalità, ad aver convinto Manfred Eicher a riproporre le "Trio Sonatas" di Zelenka nella prestigiosa collana "New Series" della sua ECM. E questo doppio CD rappresenta sicuramente una delle punte di diamante più luminose e vivide di una collana già pur così ricca di preziosi tesori. Perché la musica è splendida, ma è anche strabiliante l'interpretazione di Heinz Holliger e Maurice Bourgue agli oboi.
La perfezione tecnica di Holliger e la dolcezza timbrica di Bourgue si fondono in un intreccio contrappuntistico semplicemente meraviglioso. Sono quei "reami dell'impossibile" che solo grandi musicisti possono ricreare, dove le due voci degli oboi sono una l'alter ego dell'altra, senza mai farsi ombra ma rispecchiando e moltiplicando la loro reciproca bellezza. Ed è così che il carattere bucolico e pastorale della Trio Sonata n. 1 rinfresca il cuore di un'atmosfera di festosa giocosità, di primavera, di cieli azzurri, di corolle che si schiudono nell'aria che inizia a farsi tiepida. O l'ossessione furente dell'Allegro della Sonata n. 4 parla di un dolore segreto ma irrinunciabile, di una fuga dai propri pensieri trasfigurata in una grande, intricatissima fuga musicale.
Ma in Zelenka c'è spazio anche per la sfida, la dissacrazione. Ed è splendidamente ironica la sonata n. 5, coi suoi tre movimenti in forma di concerto, e gli interventi del fagotto di Klaus Thunemann irreverenti a tal punto da ricordare un bambino che fa le boccacce. O ancora il violino di Thomas Zehetmair che gareggia con Holliger in virtuosismo nello splendido "Tempo Giusto" con cui si chiude trionfalmente la Sonata n. 3.
"Sono poche le opere che sfidano così tanto l'esecutore a livello intellettuale, prima ancora che tecnico. Sono poche le opere che si avvicinano così tanto all'utopia", scrive Heinz Holliger nel booklet. Ma qui l'utopia, credetemi, il grande oboista svizzero è riuscito perfettamente a ricrearla. E a darci l'idea di quanto la musica, e i sentimenti dell'uomo che la creano, possano essere eterni.
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