Dal mattatoio a mattatrice della band più matta, incazzata e non-conformista di Guadalajara.
Questo (sintetizzato ai minimi termini) il percorso della MACELLAIA per antonomasia del rock'n'roll: Teri Gender Bender, che all'anagrafe fa Teresa Suàrez e - segni particolari, anzi PRINCIPALE segno distintivo - ce l'ha col mondo. E quindi pare ce l'abbia anche coi suoi musicisti, visto che in poco più di sei anni li ha cambiati, richiamati e poi cambiati un'altra volta, alternando in tutto una decina di tizi - Le Butcherettes SONO Teresa, parliamoci chiaro, tutto il resto (almeno fino all'uscita di questo primo URLO discografico di qualche tempo fa) era puramente transitorio...
...l'unico membro fisso della band è una (vera) testa di porco che la ragazza classe '89 porta sempre con sé, a mo' di inseparabile feticcio/mascotte, e con la quale si esibisce sul palco in siparietti improbabili e pose... diciamo così, POCO ortodosse e probabilmente lesive della morale e del comune senso del pudore, che in questo scritto tralasceremo. Anche perché godersi un concerto della "sanguinaria" è un'esperienza tutta a sé, e vuoi mettere una scialba descrizione a parole con la meraviglia d'avere davanti quest'invasata in grembiule tutto impregnato di sangue, ma impregnato che manco avesse scannato di propria mano tre suini o ingaggiato una lotta a colpi di machete con un paio di esemplari adulti di chupacabras... mentre come un ossesso consuma violenti rapporti (sessuali, s'intende) con la sua chitarra e si dimena imbestialita fra contorsioni, capriole, giravolte - arrampicate (ovunque sia possibile arrampicarsi), sperimentando ogni possibile posizione atta a suonare (non casuale l'ambiguità del termine "POSIZIONE"...); per poi concedersi libere escursioni tra la folla in un bagno di banane frullate (!), uova, tequila e salsa di pomodoro, e la SUA stessa carne alla mercé dell'ammucchiata...
...in ragione di tutto questo (ma in ragione soprattutto della musica che ascoltate in questo disco)... PER CARITA' D'IDDIO SANTISSIMO, non considerate - se non nella maniera dovuta - quei titoloni che a Mexico City & dintorni hanno accompagnato l'ascesa di Teresa come "la nuova Bjork latina". Aaargh. Splendida, questa. Dell'onnipresenza dell'islandica sapevamo, ELLA E' in ogni luogo e in ogni tempo, finanche a più basse latitudini. Però (detto così, educatamente...) chi cazz... ci può sentire Bjork dentro "Sin Sin Sin" (ah, a proposito: copertina che è tutto un programma) se non qualcuno che sta meno in sé della Gender Bender dopo un'ora di concerto? La risposta dopo la pubblicità. Anzi meglio, dopo aver DIVORATO in una manciata di bocconi questa bistecca (è il caso di dirlo) di 40 minuti di Rock come Cristo comanda.
E' il Rock di chi è cresciuto avendo (chiaro) l'esempio del Garage di tutte le epoche e di tutte le età, di Iggy & The Stooges e della loro ferinità allo stato brado (la ragazza era un'animalA da palcoscenico già prima di raggiungere la maggiore età), dei Nirvana, di Kathleen Hanna e delle RRRagazze riottose dei '90, dei Black Keys e dei suoni del nuovo millennio (non è sfuggita a Jack White, che se l'è portata in tournée coi Dead Weather). Ma concedendosi anche qualche lusso in più in termini di scrittura, così da rendere il qui presente disco un prodotto tutt'altro che monotono o monolitico...
...perché sì, ci sono le chitarre spudorate e gli sfoghi da un minuto e mezzo (così deve essere), ma c'è anche - qua e là - quella psicotica insolita pianolina che finisce per diventare una caratteristica, e non un dettaglio. C'è addirittura un vocalese jazz-anni '40 che fa capolino in un pezzo (eh eh, ma non vi dico quale, se no sorpresa non è...), e ci sono parti di testo recitate con furore bacchico a farci capire che la Teri s'è provocata più d'un orgasmo ascoltando "Horses"... ma qua non ci sono Watussi né alligatori (a buon intenditore), se possibile siamo meno poetici e anche più espliciti (eufemismo... il testo di "Tonight" recita: "dovunque vuoi, in bocca, tra le gambe, di dietro, anche mentre dormo, fà di me quel cazzo che preferisci"; mentre di "Dress Off" è sufficiente il titolo, il testo è l'esemplificazione pratica).
Dal canto loro, "Henry Don't Got Love" e ""I'm Getting Sick Of You" dimostrano chiaro e tondo che la signorina sa scrivere pezzi ruvidi e orecchiabili nella stessa misura, e strumentali tipo "Riko's Smooth Talking Mothers" rivelano - quella chitarra sferragliante - che i Gang Of Four sono arrivati anche in Messico. E "New York" è appunto un succinto e urlato punto di vista sull'America osservata dalla sponda-sud del Rio Grande...
...mentre spuntano ambizioni filosofico/letterarie tutt'altro che timide, anzi confermate da "The Leibniz Language" (già Leibniz è ostico di suo, vi lascio intendere cosa può essere nella "rilettura" di una macellaia...) e "Mr. Tolstoj" - che azzarda uno sconclusionato e sublime matrimonio di psychobilly e ritmi simil-slavi, ROBA DA MATTI MA CHE VE LO DICO A FARE...
Passione CARNALE per il personaggio e la sua musica - e allora, questo 4 (e qualcosa) che avrei dato mi permetto di arrotondarlo...
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