Internazionale Comunista di Debaser

Dal ciclostile a infernèt senza mai tradire la lotta di classe! CLASS PRIDE DEB WIDE!

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oggi nel 1944:
Milano, 10 Agosto 1944....
L'eccidio di Piazzale Loreto

Il 10 agosto 1944 un plotone della legione Muti, comandato dal capitano Pasquale Cardella, fucila quindici partigiani scelti tra i detenuti nel reparto tedesco del carcere milanese di San Vittore. Sono: Antonio Bravin, Giulio Casiraghi, Renzo Del Riccio, Andrea Esposito, Domenico Fiorani, Umberto Fogagnolo, Giovanni Galimberti, Vittorio Gasparini, Emidio Mastrodomenico, Angelo Poletti, Salvatore Principato, Andrea Ragni, Eraldo Soncini, Libero Temolo, Vitale Vertemati. L’ordine è impartito dal comandante della sicurezza tedesca, il capitano della Gestapo Theodor Saevecke e girato, per la parte operativa, al colonnello Pollini della Guardia nazionale Repubblicana.

Al momento di portare i quindici sul luogo della fucilazione, alle 4,30 del mattino, furono loro distribuite delle tute da operai per far credere che li avrebbero trasferiti a lavorare per la Todt. Sul libro matricola del carcere c’è infatti l’annotazione “Partiti per Bergamo”.

All’epoca piazzale Loreto era il punto di convergenza del pendolarismo milanese verso le fabbriche della Brianza e di quello della provincia verso Milano; quindi i nazisti lo scelsero perché volevano trasmettere un duro monito alla popolazione e alla Resistenza: il maggior numero possibile di persone doveva vedere e sapere. Quella di piazzale Loreto fu una strage compiuta con scelte cinicamente studiate: per il luogo: negli orari di punta dei giorni lavorativi, il transito dei pendolari raggiungeva diverse decine di migliaia di lavoratori; per l’orario: inizio della giornata lavorativa e infine per le vittime che non furono scelte a caso. Tra i quindici è rappresentato l’intero arco delle forze che partecipò alla Resistenza: azionisti, socialisti, comunisti, cattolici.

Libero Temolo della Pirelli, Umberto Fogagnolo e Giulio Casiraghi della Ercole Marelli, Angelo Poletti della Isotta Fraschini sono gli organizzatori degli scioperi del marzo 1943 e del 1944. Vittorio Gasparini, attivista cattolico prima nelle organizzazioni giovanili e poi nella Fuci, collabora con i servizi segreti del comando della V Armata americana, gestendo in piazza Fiume (ora piazza della Repubblica), un centro radio clandestino. Domenico Fiorani raccoglie direttamente da Enrico Falck i finanziamenti che porta ai raggruppamenti partigiani dislocati in montagna. Eraldo Soncini collabora con il colonnello Carlo Croce nell’ottobre 1943 sul San Martino sopra Varese, per organizzare il primo atto di resistenza armata al nazifascismo. Salvatore Principato contrasta il fascismo sin dalle origini, lavorando prima con Turati e Anna Kuliscioff, poi con i fratelli Rosselli.

I quindici martiri di piazzale Loreto sono l’anima di una Milano che opponendosi al fascismo spera nella libertà e nella democrazia.

Quell’eccidio avviene qualche giorno dopo un misterioso attentato a un camion tedesco parcheggiato in viale Abruzzi 77. L’attentato, nel quale non rimane ucciso nessun soldat
Pillole della NOSTRA storia (12). Al bando ogni tipo di vittimismo, anche per questa volta niente goliardia: per ricordare questo giorno in cui Carlo Giuliani è stato ammazzato non si deve dimenticare che la dicitura "ragazzo", è stata ed è una clamorosa mistificazione. Non so che pensava Carlo di preciso e poco mi interessa, ma SO che non era solo un ragazzo. So che con la sua morte, i soprusi e le torture, al G8 di Genova sono state tarpate, come al solito, le ali a un movimento che, pur con tutte le sue contraddizioni, stava crescendo e stava davvero facendo paura a qualcuno. Su come si sono poi riciclati molti protagonisti di quegli anni non voglio nemmeno parlare. Carlo ha lottato ed è stato ammazzato: questo è ciò che (ci) deve interessare. C'è poco da gridare agli infiltrati, ai black bloc, ai violenti in contrapposizione al corteo dei pacifici, di cui Carlo faceva parte, come dicono sempre tutti quelli che vogliono giustificare il suo gesto di rivolta (addirittura attraverso documentari, come se ci fosse bisogno di giustificarlo). Da quel giorno non c'è più stato limite al peggio della vigliaccheria, dell'infamia e del pompieraggio spinto nella lotta. Oggi, invece di raccogliere il suo estintore, si piange solamente la sua morte, la morte di "un ragazzo": una parola che non rappresenta niente di ciò che col suo gesto ha rappresentato in quei giorni. Non ero lui e non so cosa penserebbe ora rispetto ai fatti accaduti se fosse vivo, ma, pur sapendo che la rivoluzione non si fa con un estintore, credo che gli dobbiamo riconoscere qualcosa di più. Carlo era un nostro compagno perché da tale ha vissuto i suoi ultimi istanti. Non tutti i ragazzi hanno portato avanti una lotta come lui fino alle sue estreme conseguenze e in questi giorni di fallace, relativa, pace sociale in cui siamo invischiati ciò appare più che mai evidente.
Gioia e rivoluzione - Area
Il mio mitra è un contrabbasso...................