Un giorno, gli Autechre, dissero che la sfida più grande nel loro modo di far musica era quella di creare tracce che cambiassero di pari passo, seguendo i loro processi di pensiero e adattandole di conseguenza. Per Otto Von Schirach, però, l'intento è quello di "raggiungere nuovi livelli di pensiero, utilizzando più parte del mio cervello di quanto la maggior parte delle persone faccia".
Il terzo e ultimo capitolo della serie "Chopped Zombie Fungus", "Earjuice Synthesis", non sarà il top che il suo operato offra, ma lo è della suddetta serie (di cui abbiamo già trattato qui e qui), confermandoci ancora una volta, qualora ve ne fosse stato bisogno, che il fottuto intento è stato raggiunto. Ricerca continua, sperimentazione che mira a non ripetere quanto di già esistente, innesto costante di nuove idee e suoni mai sentiti prima, sfuggendo da qualsiasivoglia di etichetta, sono gli altri dettami che il genio di Miami segue da sempre (e nella fattispecie nei primi duemila), senza però mai rinunciare ad una sana dose di follia circense/demenziale, con gli anni diventata sempre più corposa, che lo allontana nettamente da terze forme di elettronica sperimentale, troppo spesso pervase da stucchevoli forzature accademiche, seriosità filosofiche o masturbazioni da scienziati di max/msp.
Parole, le mie, che parrebbero i medesimi concetti a cui OVS avrà pensato nel momento in cui le sue macchine generavano l'ormai leggendaria "Laptops & Martinis", che oltre ad avere un video malatissimo a cura di un evidentemente non troppo sano jappo, è nè più nè meno che un pezzo devastante, assurdo, pazzesco; un pezzo che ridicolizza vent'anni di collettive seghe idm, con il suo dissacratorio testo volto a perculeggiare i tanti nerdoni che hanno popolato l'ambiente: "Wiccan get together! idm! idm!! IDM!" usb! usb! USB!! dsp! dsp! DSP!! AIDS!!!" è il toccante messaggio di questo novello Bob Dylan dell'elettronica. E se a leggere quest'ultimo si potrebbe magari pensare alla solita cazzata demenziale, tipica in particolare di molti decerebrati della scena breakcore (genere che lo stesso toccherà qualche anno dopo), diverso è in realtà il contenuto musicale, trattandosi infatti di un pezzo che nulla ha da invidiare a ben più celebrati mostri di sperimentazione tecnica quali Autechre, Datach'i, Empusae, Xanopticon, Hecq, Squarepusher o gli amici VSnares, Devine e Matmos.
Anzi, a sentire quanto di inenarrabile i due minuti della schizofrenic-astratta "Facelift" vomitano, si puo dire li guardi addirittura dall'alto al basso: come già affermai in precedenza ritengo infatti sia proprio Otto Von Schirach il più complesso di questa combriccola di studenti A+, proprio perchè alla struttura impensabile o il suono impossibile preferisce anteporre un processo mentale che lo porti a sperimentare in forme free, creando suoni avanzatissimi, o idee geniali basate non raramente sul fare sistematicamente il contrario di quanto ti aspetteresti faccia con quel suono o con quell'idea, capovolgendo il tutto in modi spesso geniali, creando di fatto una musica che realmente potremmo etichettare come 'IntelligentDM', in una realtà dove, da anni, di intelligent al massimo c'è chi se ne guarda bene dall'acquistare l'ennesimo clone di "Chiastic Slide". E' questo che differenzia Otto Von Abstract da un Richard Devine, che sì.. ti farà pure il suono fighissimo-sperimentalissimo-ultracomplesso, ma alla fine sai già che da lui devi aspettarti determinate cose (i droni digitali, i suoni metallici, le ritmiche cervellotiche..), cosiccome da uno Squarepusher o un Venetian Snares ti aspetti il drill impossibile o il break elaboratissimo. Drill o breaks da paura, e che il più delle volte possono essere riconducibili ad un abuso petrucciano dell'ormai celebre LiveCut, mentre nel caso del genio di Miami non solo mai potresti riconoscere l'eventuale 'fonte', ma non riesci nemmeno a percepire che genere di suono tu stia ascoltando (in tal senso un ascolto al primo e non ancora superato album è d'obbligo). Se arte significa creare Otto Von Schirach è di fatto uno degli artisti più importanti mai esistiti, e non solo in campo musicale.
The gangster of Digital Sound Processing. Così il nostro ama definirsi, un appellativo maì così calzante per un uomo che distrugge tutto quello che tocca: lo sta facendo in questi primi deb-approfonditi anni con suoni, idee e solide fondamenta prettamente astratte; lo farà in tempi più recenti con generi e influenze che pescano da ogniddove (dal grindcore al death metal passando per dubstep, electro, hardcore, gangsta e musica cubana nulla sembra sfuggire al rullo compressore di Otto) usufruendo di approcci collagistico-satirici di matrice Zappa/Residents.
Il suo è un crossover per masse lobotomizzate, ed è proprio con questa trilogia che comincia ad affacciarsi tale stile. "Earjuice Synthesis (Urinate On MCs)" è l'ennesimo colpo di genio, e ancora una volta un bellissimo video astratto: OVS distende un tappeto pseudohiphop, un tappeto ovviamente sporco. Di merda, di vomito, di catarro. E' una traccia demenziale e grottesca, debitrice del Frank Zappa più irrisorio cosiccome del Patton più schizzato, ma anche del trash di Maria De Filippi, forte di una follia da sagra paesana, con un canto che dice Beefheart ma dice anche Mariano Apicella, con l'usuale campionario di gargarismi assortiti, suoni insoliti e spericolati massacri digitali. Dopotutto il personaggio è anche questo, un Jeckill&Hyde vivente, la perfetta via di mezzo tra l'avanguardia più acuta e il cartone animato più idiota.
Solo lato idiota nel caso di "Whip Me Down" (testi/beat miamibass così cazzoni e tamarri da rendere i 2LC alla stregua del cantuatoriato più impegnato), mentre "Isla de la Crica" è probabilmente uno dei brani più malati che la mente umana abbia mai concepito, una sottospecie di tango/porno/hip-folk senza alcun senso, una di quelle robe che la ascolti e magari pensi "ma che cazzo sto ascoltando?! Ma non sarebbero meglio i ritornelli rassicuranti dei Beatles?"
Mmm..
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