"Sulla via del ritorno da un mini-tour, Otto Von Schirach si schianta con la sua macchina, rompendosi in modo grave entrambe le gambe. La situazione è complessa, prestigiosi specialisti vengono chiamati da ogni angolo del mondo. Lo smontano e lo ricostruiscono totalmente: installano titanio, viti, cavi e microchip. Si sveglierà senza conoscere il proprio nome, seduto in una stanza bianca, in sedia a rotelle e senza poter nutrirsi di nulla: solo antidolorifici e nuova musica da creare, la broken-leg-beats. Un nuovo Otto è nato. Più consapevole, più lucido, più robotico. Egli sarà influenzato dalla prescrizione di analgesici che producono l'effetto collaterale di una musica fangosa, veloce, che suona come una scoreggia in una moto d'acqua, che genera bassi-motosega e ritmi hip hop con suoni stile morsi-di-squalo".
Cosi OVS ci presenta la serie "Chopped Zombie Fungus", qui giunta al suo secondo capitolo: inutile dirlo, si tratta di un altro disco pazzesco, e sebbene più tecnico-masturbatorio del precedente non è certo meno ispirato, con idee che abbondano in ogni dove, tipico del genio di Miami. Le reminescenze di "8000 B.C" ci sono, ma adesso si percepisce una maggior 'pulizia' e un minor senso di (apparente)composizione random, che al contrario di quanto si possa pensare - viste e considerate le formidabili alchimie di quella formula - non va a ledere affatto la musica di Otto, anzi l'arricchisce di nuovi sbocchi creativi.
Ad esempio il ritmo robo-tribale di "Pelican Moondance" si fa forte di fisarmoniche sghembe, flauti otturati, gargarismi elettronici, armoniche pseudo-blues, sferragliare di spade e l'ormai classico vortice di complesse onde sonore in avanzato stato di decomposizione, in un oceano rumoristico dal tocco inconfondibile che mostra qui una linearità non propriamente tipica del personaggio; ritorna l'altrettanto classico cabaret dell'orrido sul finale, che mischia growl di matrice death metal ad un marzialismo da banda del paese, un vocal vocoderizzato alla maniera electro ed una canzoncina sudamericana ascoltata dalla radiolina di un bancone del peggior bar di Caracas, tra litri di alcol, nubi di fumo e grassi culi di vecchie puttane squattrinate.
Con "4 Rooms 4 Walls", brano meno visionario ma altrettanto tecnico, percussioni insolite e malate si preoccupano di forgiare un suono assimilabile ad uno stuolo di robot alle prese con importanti problemi intestinali; assistiamo poi ad un solido mix di electro miami style e ritmiche al fulmicotone tipicamente breakcore, volte a demolire il cervello in ogni sua cellula in quella che potrebbe essere improvvisazione tra Squarepusher e Dynamix II; notevoli gli stacchi tonali a-là Richard Devine e il beat anti-umano tutto sfuriate neo-industriali e folli schegge ritmiche stile Autechre di "Draft 7.30" (ma in anticipo di un anno). "Granny Foot Powder" è astrazione assoluta: avanzati digitalismi del tutto aformi, asettiche dissonanze meccaniche, mestruazioni glitch fuori dal mondo e piogge di segnali elettronici si susseguono in un complesso puzzle che è manifesto dell'arte di Von Schirach; l'innesto di suoni spastici mai sentiti prima, strutture non-strutturate e spericolati controtempi non tempizzati rappresenta ormai un marchio di fabbrica in quest'ultima, e anche qui funziona alla grande. "Vomitar" fa un pò la stessa cosa, ma su di un piano più schematico.
Il suo è un progressive per rifiuti umani, e in tal senso "Lumpy Crawlers" non delude, presentandosi varia, strutturata e coinvolgente, un brano trascinato da un beat rotondo ad accompagnare un aspro retroscena di toni alieni e droni liquidi a far la parte del Fripp, cui seguono poi archi (?) dal suono non definibile, mostrando ancora una volta come creare nuovi suoni dal nulla sia prassi per questo progredito cervello. Assolutamennte delirante invece "Madam Queef Blizzard", con il canto stonato ed inverosimilmente trattato di Gladys Sanchez, che finisce per prendere le sembianze dell'ennesimo glitch, cui seguono poi asfissianti beat che richiamano a jam tra scimmie ritardate sotto una tempesta di densi blocchi sonori di scarti organici totalmente schizzati; si tratta inoltre di un chiaro accenno all'inenarrabile livello di follia demenziale che Otto raggiungerà in giorni piu recenti. E ancora, si tratta di uno dei brani piu sperimentali e incatalogabili mai registrati su supporto.
Morale della favola? L'ennesimo 5/5 per questo fottutissimo Genio.
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