Le falene volano disperate alla ricerca di luce. Una porta, un confortevole chiarore. Avanti, benvenuto straniero.
Dall’alba dei tempi gli uomini raccontano storie per cercare una tregua dalla quotidiana ginnastica dell’obbedienza. Il mondo ferocemente scorre, chi si ferma è perduto; cantava un poeta disperato «there’s no room for the weak, no room for the weak». Storie per lenire le fatiche quotidiane, sorvolando sulle miserie della vita; «a chance to watch, admire the distance».
«Perché questo mondo che ci pare una cosa fatta di pietra, vegetazione e sangue non è affatto una cosa ma è semplicemente una storia. E tutto ciò che esso contiene è una storia e ciascuna storia è la somma di tutte le storie minori, eppure queste sono la medesima storia e contengono in esse tutto il resto. Quindi tutto è necessario. Ogni minimo particolare. E questa in fondo è la lezione. Non si può fare a meno di nulla. Nulla può venire disprezzato. Perché, vedi, non sappiamo ove stanno i fili, i collegamenti. Il modo in cui è fatto il mondo. Non abbiamo modo di sapere quali sono le cose di cui possiamo a meno. Ciò che può venire omesso. Non abbiamo modo di sapere cosa può stare in piedi e che cosa può cadere. E quei fili che ci sono ignoti fanno naturalmente anch’essi parte della storia e la storia non ha dimora né luogo d’essere se non nel racconto, è lì che vive e quindi non possiamo mai aver finito di raccontare. Non c’è mai fine al raccontare» (Cormac McCarthy, Oltre il confine, trad. it. di R. Bernascone e A. Carosso, Einaudi, Torino, 2014, p. 123; ed. orig. The Crossing, 1994).
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Nicholas Ciuferri scandisce le storie, Paolò Benvegnù accompagna con la chitarra. Vite di uomini che scorrono lungo i bordi tratte dal recente «I racconti delle nebbie» (2018): gigolò, femmine primitive, amori omosessuali, sacchi di merda sul tavolo, auto in fiamme sotto la pioggia e risate liberatorie. La voce si abbassa, oppure si alza; le note si inseguono melense, oppure spietate; orgia dei sensi. Le immagini si accavallano nella mente e, intanto, scagliati tra una sgangherata umanità ci sentiamo meno soli. Libertà, eguaglianza e fratellanza; ecco, soprattutto fratellanza.
Frammenti di vita inframezzati da alcuni brani di Benvegnù; tra tutti, «Il sentimento delle cose» (da «Piccoli fragilissimi film», 2010) e «Avanzate, ascoltate» («Hermann», 2011). Brividi.
«Navi senza vento nell’oceano senza fine chiedono alle stelle di trovare posizione navi senza vento nell’oceano senza fine chiedono alle stelle di tornare a navigare.. A illudersi di apprendere la verità dagli uomini, a illudersi e difendersi dalle pazzie degli uomini».
È giunta la fine e senza tanti convenevoli è ora di ripartire. Sollevato il bavero, la falena si inoltra nella notte; un passo dopo l’altro, uno, due, tre, quattro... Navi senza vento nell’oceano chiedono alle stelle di trovare posizione.
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