Il silenzio, il diavolo, cara oscurità...
I titoli delle canzoni dicono già tutto...
Dicono di un'anima persa in se stessa...
E di una specie di folk da camera argentato e bianco...
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Bianco...
Come il vestito ottocentesco in cui si è rintanata quella che una volta era la favolosa fanciulla rock....
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Scricchiolii, passi nella notte...fiammeggianti parole di solitudine...
Come se un lupetto impazzito ululasse con voce di vetro nel chiuso di una stanza...
“Io canto per consumare l'attesa”, diceva Emily...
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L'amore, ovviamente...e l'insignificanza, lo stordimento...
L'addio...
E la terra dell'infanzia per anestetizzare il dolore...
E suoni incerti di una pianista dilettante che canta come le ha insegnato la nonna e come faceva in chiesa da bambina...
Tra regressione e impossibile pace...
E nella perfezione di una musica che spacca l'anima e il cuore...
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In questo disco non c'è niente di più di quanto dev'essere..
A cominciare dalle parole che sono precise scolpite chirurgiche...
Una sorta di clamorosa grammatica interiore..
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Poi, certo, forse dovrei dire di più...
Solo che non riesco, non posso e forse nemmeno lo voglio...
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