"Suoni da un futuro passato"
Credo che neanche lo stesso Ben Chasny (titolare unico della sigla SOOA) pensasse di arrivare al decennale di carriera; soprattutto non avrebbe mai pensato ad un quasi unanime consenso di critica e ascoltatori verso la sua musica. E invece ad ogni nuova uscita ci si stupisce della qualità costantemente sopra la media della sua visione musicale e per la sua innata capacità sincretica di far convivere passato, presente e (forse) futuro dello sfaccettato universo folk.
Una parabola artistica che parte da territori impervi, fra folk rurale e inserti mantrici disturbati e tendenti alla drone music, passando per furiosi omaggi ai raga indiani ("Dust & Chimes"), collisioni tra free jazz e fingerpicking ("School of The Flower"), fino ad arrivare alle melodie intimistico elettriche dell'ultimo "Shelter From The Ash". Un percorso per molti artisti impervio, ma che Ben ha percorso finora in totale sicurezza e libertà, riuscendo pian piano ad accantonare gli sperimentalismi in luogo di una non banale ricerca melodica, tanto semplice ad un primo ascolto, quanto profondamente suggestiva nel lungo periodo.
"Luminous Night" si pone come punto di arrivo tanto di questa ricerca melodica quanto delle precedenti pulsioni sperimentali, eccellendo in entrambe. E non lesinando piccoli esperimenti fuori dai suoi schemi compositivi, segno di un artista mai fermo sulle sue posizioni, con la mente sempre aperta alle contaminazioni di genere. L'iniziale "Actaeon's Fall (Against The Hounds)" è quanto di più lontano da quello che Chasny ha fatto finora, col suo incedere da folk song medievaleggiante (con tanto di flauto in evidenza), potrebbe tranquillamente lasciare delusi molti suoi fan di vecchia data.
Difficile invece trovare falle nelle rimanenti 7 tracce, forse perché molto eterogenee, ognuna a suo modo un omaggio alle tante incarnazioni del suono Chasnyano. Dalle indologiche e spirituali "Bar Nasha" e "The River Of Heaven", fra tablas ed estatici arpeggi, passando per l'ambient drone di "Cover Your Wounds With The Sky" e le aperture noise di "The Ballad Of Charley Harper" e "Enemies Before The Light", quest'ultima fra le composizioni più cupe e claustrofobiche di Chasny.
Dopo l'ascolto, preferibilmente notturno, della fragile "Anesthesia" (in cui Chasny candidamente afferma fra toni pastorali "I'm a vengeful man"), e della poetica e bellissima "Ursa Minor" (fra i migliori omaggi ai Pink Floyd balearici di "More"), la notte vi sembrerà meno buia e una piccola luce farà capolino tra gli alberi.
Se non è il disco dell'anno, poco ci manca.
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