Partiamo subito col dire che questo disco non ha nulla a che vedere col "Quaristice" dalla copertina celeste: si tratta infatti di una creatura del tutto nuova, come nuova è del resto (quasi) ogni cosa che i grandi innovatori Autechre hanno immesso sul mercato in oltre un ventennio di rimarchevole sperimentazione. Non viene chiaramente meno a questo modus operandi, basato sull'innesto continuo di nuove idee e riscritture della musica elettronica, l'album del 2008 altrimenti noto come "Quaristice", qui nella sua versione limitata a 1000 copie, suddivisa in due dischi, il primo pressocchè identico alla versione base, il secondo con dodici re-edits che, attenzione, si avvicinano più a nuove composizioni che a delle inutili e superflue revisioni.

I due riscoprono melodia e attrezzatura analogica, producendo un disco meno astratto per quelli che sono i loro standard anni duemila; un lavoro piu lineare, ma non per questo meno cervellotico, che si addentra nuovamente e parallelamente verso il buio di "Confield" e gli abissi alienoidi di "Amber", destinando in pratica uguale importanza a ritmi e melodie, piuttosto che ai complessi pantani percussivi, i terremoti glitch e quei grandiosi labirinti astratti che furono tipici del periodo - notabili in particolare sul mitologico "Untilted" - non lesinando comunque di spararsi seghe su seghe sul max/msp, come è prassi nella loro oramai artificialissima proposta. Curiosa è anche la questione dell'essere ristretti ad un inusuale formato 'pop', cioè con canzoni da 3 minuti che, almeno per quanto riguarda il cd1 - le durate nel cd2 metteranno invece duramente alla prova le orecchie meno pazienti - non va a ledere particolarmente il flusso di idee che ne scaturisce.

"Quaristice" esce infine in diverse edizioni, che, oltre al fattore durata, tra bonus track, remix, re edits, differenze tra formati digitali e fisici hanno finito per creare un pò di confusione, e che andremo a chiarire in queste sedi, partendo proprio dalla limitata edizione doppia, a mio avviso di gran lunga superiore alla versione standard.

CD 1 - Quaristice

Un tenue acquarello di ambient-analogica, sulla scia della serie SAW targata Aphex Twin, è l'apertura che mai ci saremmo aspettati da questi Autechre digitali del nuovo millennio; si tratta di "Altibzz", un avvio composto e molto soft, che ha il compito di riscaldare le macchine per quello che sarà il viaggio intrapreso già con "The Plc", un brano ossessivo e misterioso che gioca sui cromatismi idm/electro che furono dell'entità Gescom, in una criptica progressione che non lascia scampo - e senz'altro più apprezzabile sul lungo re-edit del cd bonus - sparando all'impazzata una raffica di distorsioni lo-fi, graffianti microrifiniture e riff spaziali tra le quali trova spazio addirittura un incancrenito sample di un Reverend Run in versione glitch umano.

"IO" e "Perlence" sono esperimenti riuscitissimi, un ritorno all'astrazione totale di "Untilted", con permutazioni breaks e spoken word glicciati nella prima, fratture ritmiche e disarmonie timbriche nella seconda; è invece largamente autoreferenziale, e forse per questo godibilissima, "plyPhon", dove una gantzgrafiana intro digitaloide che fa parlare max/msp introduce un battito di matrice dubtech (più "Garbagemx36" che Basic Channel), surrealizzando il tutto tramite decomposizioni ritmiche ed escoriazioni soniche che portano dritte ad "EP7". "SonDEremawe" è una sonata per feedback sinusoidali, le ritmiche isteriche e contorte di "Simm", abbellite come sono da tutto il campionario di tessiture aliene e toni amorfi che citano "Amber" cosi come "Confield" (due fantasmi come già ricordato qui particolarmente ricorrenti) scrivono invece una sorta di suono-grafia del longevo duo.

Quello dei Basic Channel si materializza del tutto sui messaggi extrasensoriali di "paralel Suns", sfoggiando droni cavernosi probabilmente più apprezzabili sulle techno-cascate mentali di "Tankakern", talmente chirurgica, millimetricamente calibrata e maniacalmente vivisezionata in ogni suo dettaglio da rendere Robert 'nerdone' Henke alla stregua del novellino più imbranato. Su "Steels" le orecchie diventano un tutt'uno con le affilate lame percussive che hanno il compito di gettare le fondamenta per quello che è un brano talmente freddo, macchinoso e artificiale da raggiungere il grottesco, una roba mai sentita prima, un vicolo cieco dove strutture e metriche sembrano non essere mai esistite.

Se la ripida "bnc Castl" è il funk del 4000, la monumentale "rale" ne rappresenta la metamorfosi hip hop: nella prima le dissonanze tonali, gli sporchi acidismi e quelle polverose 808 spinte al limite fanno terra battuta di ogni woofer di questa terra, nella seconda un beat spudoratamente regolare lascia spazio ad avanzatissime coagulazioni sintetiche che nel loro porsi annebbianti e disumane fanno rivivere le battaglie di "Rsdio", mostrando però cadenze ancora più dark, schemi ancor più apocalittici e vortici senza fine concettualmente identificabili come il proseguimento del buco nero della stessa. Strati acid usati alla maniera IDM ed ulteriori montanti electro rendono "90101-5l-l" un ponte tra vecchia e nuova scuola; un caleidoscopio analogico di texture acid ancora più graffianti e complesse architetture sincopate sono quanto di illegale "chenc9" vomita, il cabaret DSP di "Theswere" non lascia il segno, "WNSN" lo lascia fin troppo, tramite disorientanti carcasse morte di febbricitanti deliri atonali, casse killer e bassi ustionanti divorati dall'aberrante signatura in 13/8, volti ora più che mai al terrorismo della membrana timpanica.

Qui viene il bello. Qui è richiesto il celebre terzo orecchio: Prendete Richard Devine, New Blockaders, Karlheinz Stockhausen, Otto Von Schirach e Nurse With Wound, rinchiudeteli in uno studio costretti ad utilizzare le attrezzature e le patch di max made in Autechre: "fwzE" (experimental-retarded-miami-boogie di vonschirachiana memoria) e soprattutto la totalmentefuoridalmondo "Fol3" saranno i mostri concepiti, nient'altro che astrazione totale, industrial del quarto millennio, epilessi ritmiche, tumori dronici, loquacità noise, sperimentazione senza fine. Un segmento talmente letale, questo, da richiedere un finale disteso, ambientale, aritmico. Non meno pesante.

Si degenera infatti in sonorità nuove e più liquide per gli Autechre, un inquietante minimalismo digital-dark-ambientale che risente con ogni probabilità delle collaborazioni con Andrew McKenzie cosi come dell'influenza di figure del calibro di Hecq e Axiome. Tale stile pervade "Notwo" e "Outh9X", oltre che la maestosa "nu-Nr6d", dark-ambient purissima e droni dell'altro mondo, sicuramente la più interessante di queste tre sperimentazioni, ma purtroppo rilegata alla sola versione Giapponese.

Con una quantità tale di idee il cd2 diventa a questo punto necessario, e tra pezzi di otto minuti, altri di undici e dilungamenti assortiti lo spazio non manca certo.

CD2 -  Quaristice (Versions)

"Altichyre" riprende "Altibzz" ma soltanto per il synth utilizzato, se prima si trattava di una rarefatta miniatura ambientale qui si ci addentra perlopiù verso singolari territori neoclassici. "The Plclcpc" sviluppa "The Plc" rilegandola ora su di una dimensione ancor più futuristica, forzando sui riverberi e sulla frenesia delle sezioni ritmiche, sfiorando il noise puro sul finale; "I O (Mons)" riscrive "IO" girandoci più volte attorno, perdendo la bussola e disorientando al tempo stesso l'ascoltatore, un brano per orecchie coraggiose che va ad eriggere ancora una volta quel complesso schema di labirinti senza uscita che caratterizzavano l'inenarrabile "Untilted". "Phylopn" è un pugno in faccia, glitch e bassi ancor più accentuati costituiscono le minime variazioni rispetto al gemello "plyPhon"; "Perlence Range3" sviluppa le promettenti intuizioni apparse soltanto sul finale di "Perlence", mentre "SonDEre-ix" fa la medesima cosa ma approfondendo la parte iniziale di "SonDEremawe" (precedentemente spazzata via da un lungo drone che continuava per tutta la sua durata).

Dopo aver sperimentato per anni sui titoli adesso è giunta l'ora di sperimentare anche sulla posizione delle lettere sui medesimi titoli. Come il titolo lascia presagire cambia infatti realmente poco da "Tankraken" a "Tankakern", si tratta a conti fatti di stesura che si allunga e di impercettibili variazioni sull'arrangiamento. Ciò che invece era obbligatorio è la disamina svolta su "Fol3", qui nelle vesti di "Fol4", portata da quattro a dodici minuti, un opera necessaria per quello che è da ritenersi l'apice massimo dell'intero progetto Quaristice; le coordinate sono le stesse: astrazione e sperimentazione massiccia, parata di avanguardie e rumori d'ogni tipo che sono memori delle più radicali sperimentazioni industriali portati però su di un formato 100 % Autechre.

"90101-61-01"
è masturbazione techno-strumentale: riprendendo "90101-5l-l" ("Quaristice"), "90101-51-19" e "90101-51-6" ("Quaristice.Quadrange.ep.ae", ulteriore ramificazione che approfondiremo altrove) si conia un elettronica free che vive del processo mentale dei due inglesi, della loro sbandierata sfida nel 'voler generare musica e suoni che seguano lo stesso'. "90101-51-4" è masturbazione techno-strumentale: riprendendo "90101-61-01" ("Quaristice Versions") che a sua volta riprendeva "90101-5l-l" ("Quaristice"), "90101-51-19" e "90101-51-6" ("Quaristice.Quadrange.ep.ae", ulteriore ramificazione che approfondiremo altrove) si conia un elettronica free che vive del processo mentale dei due inglesi, della loro sbandierata sfida nel 'voler generare musica e suoni che seguano lo stesso'. 

Confusi? Non è ancora niente, i riferimenti multipli persistono: "chenc9-x" si abbina chiaramente a "chenc9", che viene qui notevolmente allungata e fortificata da un finale astratto che mette in vetrina disturbi di sottofondo e incidenti ritmici iper-artificiali a-là "Draft 7.30"; "Nofour" riprende "Notwo" osando un re-edit all'inverso che va ad accorciare di molto la stessa, arricchendola però di una statuaria chiusura glitch che potrebbe rappresentare un autoritario spot per la sperimentazione algoritmica.

"Quaristice" in sè è un buon disco. "Quaristice" nella versione limitata è un disco enorme, ma che è pur sempre annoverabile tra i più deboli in assoluto degli Autechre. Non aiuta la durata che sfiora le quattro ore se contiamo anche la terza parte ("Quaristice.Quadrange.ep.ae") ma se l'impianto dove riprodotto è performante quanto basta, sia in termini di qualità che wattaggio - e quindi non le casse-scatolame hi-fi cui destinare le chitarrine dei Beatles - vi darà soddisfazioni, questo è assicurato. Al contrario se muniti di un mezzo di paragone 'minore', o coni limitati, potrete chiaramente riscontrare una totale piattezza dei suoni, un fastidioso senso di 'brani che non portano a nulla', un ascolto noioso e faticoso. Si tratta di uno di quei dischi rientranti in una certa categoria, dove si piazzano ad esempio opere lowercase, microwave o dub, dove il mezzo assume un ruolo comprimario all'opera in quanto tale, per via di determinati range di frequenza non toccabili ad esempio con un compatto, bassi stazionanti sui 45/50 hz che un cono da 6'' con limite di 70 hz evidentemente non tradurrà come talì, droni da bass trap, o ancora ritmiche pompatissime che perderebbero enfasi se lasciate fluttuare nell'ipod di turno. Il non tenere conto di tali fattori sarebbe l'equivalente di sparare i Napalm Death sulle casse del citofono, o magari farsi riprodurre via telefono un "Bitches Brew". Tuttavia, impianto o non impianto, durata o non durata parliamo di un disco enorme.

Che però è oggettivamente tra i più deboli dell'entità Autechre. Questo deve far capire che razza di menti lo hanno concepito. Menti superiori.

Menti aldisopra della media.

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