§ 6. Un accorato turbinio
Prendete ad esempio il Preludio n. 10 in mi minore: le due voci, più che dialogare, incespicano a modo loro in un crescendo subito disatteso, né privo di tortuosità. Dal nulla poi, l’angustia leggera si scioglie in una vertiginosa catarsi, impossibile a descriversi. Un accorato turbinio disfà, con l’emergere di quel suo candore, ogni grigiore.
E nella Fuga, questo turbinio si fa imbuto di naufragi, e questa angustia si travasa in un impetuoso turbamento, mano a mano innalzato e schiarito, impercettibilmente.
Una breve voragine salmastra, subito richiusa. Un brevissimo repulisti dalla forza scardinante, che chiude il cerchio proprio lasciandolo aperto.
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