Anche se la rassegna #buzz ci vuole sempre attenti a notare ogni accenno di sperimentalismo per una volta abbiamo qui questo disco di Greg Ashley, cantautore californiano già noto per essere stato il leader dei Gris Gris e un disco sicuramente più convenzionale rispetto al solito. Ma ugualmente molto molto bello.. Enjoy. Thank you @ALFAMA. Buona domenica.

Greg Ashley - Medicine Fuck Dream (Birdman Records, 2003)

Greg Ashley (Oakland, California) è uno dei nomi più attivi nella scena neo-psichedelica californiana da almeno quindici anni. A parte avere preso parte a esperienze come i Mirrors, Strate Coats, Sir Lord Von Raven e soprattutto i Gris Gris, con cui ha registrato due album in studio ("The Gris Gris" e "For The Season"), Greg Ashley è anche producer (ha un suo studio di registrazione a Oakland: i Creamery Analog Recording Studios) e ha inaugurato sin dal 2003 una proficua produzione di album da solista. Il primo disco è proprio questo "Medicine Fuck Dream", registrato tra il 2001 e il 2002 tra il Texas e la California e pubblicato originariamente su Birdman Records e poi ristampato nel 2013. Greg Ashley, cantautore sensibile e ispirato dalla psichedelia folk degli anni sessanta qui è ironico, irriverente, nostalgico, visionario e ci propone dieci canzoni che guardano alla tradizione USA ("Lost Highway", "I Said These Are Lonely Days", "Apple Pie And Genocide") e soprattutto alla scena sud-californiana degli anni sessanta ("She", "Legs Coca Cola", "Deep Deep Down", "Mona Rider"). Il risultato è un disco che va ascoltato a occhi chiusi sognando la California di Big Sur raccontata da Jack Kerouac. Un mito che non finisce mai.

Greg ashley - Medicine Fuck Dream

#psychedelia #folk #california
Un disco incredibile che poteva solo rientrare nella rassegna #buzz e che mi poteva far conoscere solo un ascoltatore illuminato come @ALFAMA.

Urban Sax - Urban Sax (Cobra, 1977)

"Urban Sax" è un progetto sperimentale del compositore francese Gilbert Artman fondato nel 1973 e praticamente basato principalmente sull'utilizzo contemporaneo di un numero variabile di sassofoni accompagnati da sole percussioni e al limite da voci (anche se negli anni Artman ha aperto il progetto anche altro tipo di strumentazioni, va detto che le performance dal vivo prevedono un numero di almeno quaranta persone ma in alcuni casi supera anche i cento). Le composizioni hanno chiaramente un carattere minimalista e si distinguono per quello che è un suono praticamente drone invece che in qualche maniera evocativo e neo-classico. Il progetto peraltro prevede un piano più ampio e non si limita solo alla musica ma viene sempre costruito e sviluppato attorno a un concetto che che è concepito espressamente per essere eseguito dal vivo e variabile a seconda della struttura architettonica destinata a ospitare quello che è un vero e proprio happening. Una performance artistica a tutto tondo (molto spesso eseguita anche coinvolgendo gli artisti delle diverse località in cui il collettivo si esibisce) e in cui i musicisti indossano tute spaziali e maschere antigas dando luogo a suggestioni di tipo futurista. Praticamente un progetto multimediale che Artman porta avanti ancora oggi dal 1973 e la cui prima pubblicazione è questo LP eponimo pubblicato originariamente nel 1977. Inutile dire che ci troviamo davanti a qualche cosa di impressionante. Il suono è praticamente una mezz'ora (divisa in due composizioni) di pure sound drone d'avanguardia riprodotto semplicemente con l'utilizzo del sassofono (16 in tutto) e la direzione magistrale di quello che a questo punto più che un musicista possiamo definire un vero e proprio visionario: mister Gilbert Artman.

Urban Sax, Gilbert Artman ‎– Urban Sax 1977[Full Album]

#drone #avanguardia #jazz
Beccatevi questo bell'EP #zot2017 carico carico di acidità blues.

Firefriend - The Black Hole (Little Cloud Records, January 28, 2017)

Questo trio psych di San Paolo, Brasile capitanato dalla vocalist e bassista Julia Grassetti (completano la formazione Carlos Amaral e Yuri Hermuche) ha il blues che gli brucia dentro l'anima. I Firefriend sono una formazione in giro già da una decina di anni e che ultimamente ha cominciato a attirare attenzioni anche oltre i confini nazionali, confermando peraltro l'ottimo momento per la musica psichedelica per quello che riguarda il Sud America. Ingaggiati dalla Little Cloud Records (che pubblicherà anche il loro prossimo LP "Sulfur") il trio ha pubblicato lo scorso 28 gennaio questo EP intitolato "The Black Hole" che nonostante la brevità penso possa meritatamente essere definito come una vera e propria bomba. Il sound della band è una psichedelia drone infettata di quel sound noise derivato da esperienze come quella dei Sonic Youth o dei Blonde Redhead più sperimentali e riverberi ereditati dallal lunga tradizione dei 13th Floor Elevators. Su tutto però si erge imperiosa la voce e la espressività di Julia, una vocalist (che ricorda un po' Tess Parks, la protetta di Anton Newcombe) che si potrebbe definire una versione al femminile di Jim Morrison e praticamente dedita a pratiche di ipnotismo che peraltro riescono perfettamente. Boh, che dire, sinceramente aspetto l'uscita del disco con grandi aspettative.

Firefriend - The Black Hole

#drone #psychedelia #acid
Un grandissimo ripescaggio della Drag City Records si guadagna la palma di disco #zot2017 del giorno.

Chris Gantry - At The House Of Cash (Drag City, November 17, 2017)

Chris Gantry era un giovane selvaggio. Negli anni sessanta da New York City si mette in viaggio e se ne va a Nashville con la testa piena di letteratura beat: Kerouac, Ginsberg, Corso, Garcia Lorca, Lord Buckley, Lenny Bruce, Guthrie, Dylan, Baez, Richie Havens; e carico di "indottrinamento" per quello che riguarda gli anni cinquanta: Elvis, Jerry Lee, Cash, Gene Vincent... Era il più giovane di tutti, ma se gli chiedi se si considerasse un outsider, ti risponde che lui era piuttosto un vero e proprio "insider". In breve entra nel giro e pubblica un paio di album negli anni sessanta, poi finisce dentro per possesso di droga. Accorre in suo aiuto il vecchio Johnny Cash che lo invita a stare a casa sua e di June Carter ("The House Of Cash") per rimettersi in sesto. Cash è come una guida spirituale per il giovane e smarrito Chris, lo aveva già ospitato durante un suo show televisivo anni prima, decide di produrre il suo prossimo disco e gli mette a disposizione lo spazio e i musicisti per le sessioni di registrazioni (nelle quali non interverrà mai imponendo la sua figura, ma svolgerà un ruolo paterno, cercando invece di sostenerlo nel suo processo creativo). Il risultato è un disco che vede la luce solo oggi nel 2017 grazie alla Drag City. Il disco è un'opera di musica folk e country visionaria dove non mancano ispirazioni alla scrittura di John Lennon e reminiscenze Bill Fay ("See Ya Around", "Clair, Oh, Clair", "Different", "Saddest Song Ever Sung") e Donovan ("Oobabalap", "Flower Of The Mountain") oltre che rimandi alla letteratura beat nei recital "Tear" e "Hatred For Jenny". Kris Kristofferson dice che Chris Gantry ("Gypsy Dreamers In The Ally") sia il miglior scrittore lui abbia mai avuto modo di leggere. Che dire. Se non vi bastano tutte queste informazioni per stimolarvi allora forse siete già morti e non lo sapete.

Chris Gantry

#chrisgantry #nashville #johnnycash
Che cosa ci sta di più bello che un disco di avanguardia jazz sperimentale made in Varsavia, Polonia? Probabilmente nulla stando alla proposta di oggi della rassegna #buzz curata dal sottoscritto seguendo le intuizioni di @ALFAMA.

Niechec - Niechec (Audio Cave, April 01, 2016)

Un disco sorprendente di jazz sperimentale e avanguardia di questa formazione proveniente da Varsavia, Polonia e sulle scene già dal 2012. "Niechec", disco eponimo di questo ensemble composto da Macieh Zwierzchowski (sassofono), Tomasz Wielechowski (piano), Rafal Blaszczak (chitarra), Maciej Szczepanski (basso) e Michal Kaczorek (batteria) affronta il sound classico del genere jazz riempiendolo di influenze tipicamente prog rock e momenti ambient cinematici. Il suono è stridente, molto spesso potrebbe ricordare alcuni momenti di band sperimentali a cavallo tra gli anni novanta e duemila come gli Ex, mentre posso dire che siamo lontanissimi dal sound degli Heliocentrics (altro gruppo jazz di avanguardia) perché in questo caso più che l'ipnosi, si cerca più di scuotere l'ascoltatore con delle improvvise strigliate di sonorità acide e vibranti siano i ritmi scelti più andanti o più tipicamente pregni di atmosfere tipiche di quei jazz notturni all'americana. Se proprio dovessimo considerarlo come una colonna sonora, questo disco sarebbe praticamente la colonna sonora di una specie di un "manicomio", un elogio completo della pazzia e della sensibile alterazione di ogni equilibrio. Veramente bello. Registrato con la guest di Karolina Rec (viola), Piotr Lukaszewski (chitarra), Jacek Szabranski (chitarra), Sebastian Witkowski (elettronica). Ciao.

Niechęć - Krew [OFFICIAL VIDEO]

#jazz #experimental #avantgarde
La rassegna #zot2017 è anche amore e io amo Howe Gelb e la sua musica.

Howe Gelb - Further Standards (Fire Records, November 24, 2017)

Ho visto pochi musicisti suonare dal vivo con la stessa bravura di Howe Gelb. Una bravura che va al di là delle sue capacità tecniche e che si è chiaramente formata nel tempo e con le esperienze maturate nel corso degli anni. Voglio dire che ho poche volte visto qualcuno così a proprio agio sia con la chitarra che con il pianoforte e usare questi strumenti come se fossero una appendice del suo corpo. E penso che la prima volta che io abbia visto dal vivo Howe con i Giant Sand mi abbia cambiato la vita. Curiosamente Howe Gelb è anche l'ultimo concerto io abbia visto dal vivo. Forse l'unico che ho visto in questi ultimi due-tre in cui la mia vita ha avuto diversi incidenti e situazioni da cui non sono ancora riuscito ad uscire. Dopo avere proposto "Future Standards" (uscito nel 2016 su Fire Records), dieci nuove canzoni nello stile di grandi vecchi standard di autori come Monk, Cohen, Bacharach, Chet Baker ecc. ecc. rilancia con questo dischetto denominato giustamente "Further Standards". Howe ripropone in una serata registrata dal vivo a Londra con la fatale vocalist Lonna Kelly (oltre che i fedeli Thoger Lund al basso e Andrew Collber alla batteria, più la guest Naim Amor alla chitarra) estratti da "Future Standards" e altri suoi classici, oltre due canzoni inedite ("Presumptuous" e "All You Need To Know"). Bello, leggero come un gatto che scivola leggero sui tasti del pianoforte.

Howe Gelb And Lonna Kelley - Presumptuous (Further Standards 2017

#standards #howegelb #giantsand
Molto spesso #zot2017 uguale dischi belli, bellissimi. Come in questo caso qui.

Saz'iso ?– At Least Wave Your Handkerchief At Me (The Joys and Sorrows of Southern Albanian Song) (Glitterbeat, October 13, 2017)

Chiaramente uno dei dischi più interessanti che siano usciti nel corso dell'anno 2017 e che mi sembrerebbe delittuoso non riprendere. L'etichetta ovviamente è la Glitterbeat (che dio la benedica). Tutto nasce da un'idea dello storico produttore Joe Boyd (Pink Floyd e Nick Drake tra gli altri) e dei suoi collaboratori Edit Pola e Andrea Goertler e sotto la benedizione di un grande come Ry Cooder. Saz'iso è un collettivo di virtuosi musicisti e interpreti che definirei fondamentali (Adrianna Thanou, Donika Pecallari e il prete ortodosso Robert Tralo) per quello che è il patrimonio musicale della regione meridionale dell'Albania. Se contestualizziamo storicamente e geograficamente "At Least Wave Your Handkerchief At Me (The Joys and Sorrows of Southern Albanian Song)" non possiamo considerare questo disco come semplicemente un episodio di musica etnica (una definizione che personalmente odio) o folkloristica. Si tratta invece di un vero e proprio lavoro di "world music", dove con questa definizione si intende contaminazione e una visione culturale che vada al di là dei propri confini e i cui contenuti delle canzoni sono per lo più tragici e parlano di storie di lontananza e abbandono. Ma questo è inevitabile per degli artisti che hanno una storia alle spalle molto particolare come possiamo definire del resto "particolare" la storia dell'Albania e di tutta la regione e in particolare a partire dagli anni novanta. Molti di questi musicisti sono stati costretti a lungo a stare lontani dal loro paese natia. Adrianna Thanou e Donika Pecallari hanno vissuto per decenni in Grecia causa l'ostracismo di Enver Hoxha, il violinista Aurel Qurjo si può definire un vero e proprio girovago... Difficile selezionare in particolare degli episodi da questo bellissimo disco in cui si distinguono tracce strumentali come "Kaba me violine", "Valle minushi", "Valle e osman"... in cui si esalta particolarmente il violino di Qjuro che rimanda alla musica albanese quanto a sonorità mediorientali e quasi "tzigane", ma anche le qualità degli altri musicisti, il clarinetto di Telando Feto, le percussioni di Agron Nasi, il liuto di Agron Murat e il flauto di Pellumb Meta. Ma i momenti più suggestivi sono quelli che vedono protagoniste Adrianna Thanou e Donika Pecallari a partire da "Nenocke", "Penxherene e zotrise"... performance che si rafforzano con l'apporto della voce di Robert Tralo che fa da contraltare ai toni delle due vocalist. Il risultato è un disco carico di ipnotismo e talvolta ritmi ossessivi soprattutto grazie all'apporto del liuto e carico di momenti emozionali e drammatici ma tutto manifestato con una certa eleganza, lontana anni luce da quel suono fracassone nello stile di Goran Bregovic che alla fine ci ha un po' rotto le palle a tutti.

#folk #worldmu
A quanto pare i migliori francesi sono sempre algerini. A parte Claire Keim che ho visto ieri sera in un film e che sinceramente me la farei in qualsiasi posizione possibile (ah, ste francesine...). Adesso, scherzi a parte, propongo un bel disco di avanguardia per la rassegna #buzz che effettivamente è una "compilation" contenente due opere massime di un artista franco-algerino, Jean Cohen-Solal, fratello del mitico Robert Cohen-Solal e suggeritomi dal mitico @ALFAMA. Buon ascolto.

Jean Cohen-Solal - Flutes Libres & Captain Tarthopom (MIO Records, 1973)

Jean Cohen-Solar è il fratello di Robert Cohen-Solal, considerato storicamente ocme uno dei massimi esponenti dell'avanguardia francese. Nato da una famiglia algerina a Nimes, Jean studia musica presso l'Accademia Nazionale tra la fine degli anni cinque e i primi anni sessanta specializzandosi in particolare nello studio del flauto. Coinvolto in una quantità innumerevole di progetti a partire dalla metà degli anni sessanta, tra il 1972 e il 1973 realizza questi due album "FLutes Libres" e "Captain Tarthopom" qui raccolti in un unico volume. I due dischi si possono considerare come composizioni di fusion psichedelica in cui Jean dimostra di essere chiaramente un virtuoso dello strumento in canzoni dove il ruolo centrale del flauto accompagna e guida composizioni ambient neo-classiche ("Matiere") talvolta dense di un certo tropicalismo come "Ludions" o influenzati da sonorità indiane "Raga DU Matin", momenti progressive psichedelici come "Fossette Surprise" oppure "Ad Hoc Et Ab Hac". I momenti più rilevanti sono comunque sicuramente la lunga sessione ambient minimalista di "Quelqu'un", il jazz fusion di "Concerto Cyclique" e quello più minimalista e estatico di "Memories d'un ventricule". Composizioni comunque dove tutti i musicisti si dimostrano in possesso di notevoli qualità tecniche. Da segnalare il ruolo centrale del basso e dela batteria che si disimpegnano siano in momenti di alto livello tecnico che dimostrando una certa predisposizione all'avanguardia e allo sperimentalismo oltre che la collaborazione di Serge Franklin al sitar e Marc Chantereau ai tabla.

#experimental #progressive #avantgarde

Concerto Cyclique - Jean Cohen Solal
@[Pinhead] a rapporto, mi serve un suo giudizio su questo giovanotto: Jeff Rosenstock - USA [OFFICIAL AUDIO]
Oggi ho una bella proposta per la rassegna #zot2017 e che piacerà agli appassionati a una certa psichedelia Made In USA sperimentale degli anni sessanta riproposta oggi con un certo vigore.

Worthless - Barrel Of Barrows (Beyond Beyond Is Beyond Records, October 06, 2017)

Un dischetto molto molto interessante pubblicato su Beyond Beyond Is Beyond Records lo scorso ottobre. Si tratta di un mini album dei Worthless, collettico psych di Brooklyn, New York composto da una pluralità di musicisti e con una attitudine nei confronti del genere psichedelico che affonda le sue radici alle origini del genere e ai momenti più sperimentali negli Stati Uniti d'America degli anni sessanta. Composto da quattro canzoni, a parte "RIPPS", il pezzo diciamo più convenzionale e ispirato a una neo-psichedelia del tipo Night Beats oppure Psychic Ills con un certo sound beat che riprende il garage anni sessanta, le altre composizioni sono praticamente brani strumentali di lunghezza variabile dai due minuti di "End of the Beginning" (un breve scorcio di reminiscenze floydiane) agli otto di "5 and a Half Time I Left That Message" e i 12-13 minuti di "Song For Organ No. 1" e in cui il gruppo dà sfoggio di tutte le proprie capacità tecniche e della propria inventiva pescando a piene mani nell'immaginario USA degli anni sessanta e combinando sonorità western morriconiane con quella psichedelia fuori controllo degli United States of America. Molto interessante. L'unico peccato è che si tratti solo di un mini-album, quindi non ci resta che aspettare la prossima pubblicazione per poter avere un godimento ancora maggiore.

#vintage #psychedelia #nyc

Barrel of Barrows | Worthless
Monento jangle-pop per la rassegna #buzz con un disco che definirei, citando @[luludia] "un sacchettino di coloratissime caramelline psicopop". Disco, ovviamente, suggerito dal nostro John Peel, Mr @[ALFAMA].

Fapardokly - Fapardokly (UIP, 1967)

I Fapardokly furono uno dei tanti progetti del musicista Merrell Wayne Fankhauser (nato a Louisville nel Kentucky il 23 dicembre 1943). Le 12 canzoni che fanno parte del LP eponimo furono registrate ai Palmdale Studios in California e inizialmente diffuse a nome Merrell & The Exiles. In verità di fatto i Fapardokly non sono mai esistiti veramente, il disco è una raccolta di canzoni scritte da Fankhauser e registrate con diverse formazioni e musicisti tra il 1965 e il 1966. Tra questi vi furono anche John French e Jeff Cotton che si unirono alla Magic Band di Captain Beefheart. Il sound delle dodici canzoni è tipicamente sixties e influenzato dalle diverse correnti del pop psichedelico di quegli anni, il surf-rock, il jangle folk-rock. Fankhauser da una parte riprendeva il rock and roll più generico degli anni cinquanta e dall'altro rilanciava con le ballate folk psichedeliche tipiche degli Everly Brothers e la psichedelia dei Byrds. Possiamo riscontrare somiglianze con alcuni momenti del sound Beatles e magari con i Buffalo Springfield. Si tratta in ogni caso probabilmente di un disco forse elementare, in cui si era sviluppata solo una forma embrionale della pop psichedelia, ma non per questo poco soddisfacente. Al contrario oserei dire che in questo disco ci sono solo belle canzoni. Che cosa chiedere di più.

#janglepop #sixties #psychedelia

FAPARDOKLY full album - vinyl Psycho reissue (HD)
Lo sto ascoltando da giorni e anche ininterrottamente per ore. Lo metto su prima di andare a dormire e lo lascio suonare in loop per tutta la notte perché mi piace stringermi a se stesso in questo oceano liquido di note e essere cullato da questa voce bellissima. Il disco della rassegna #buzz di oggi è un disco dell'anno scorso e uno dei più belli usciti nel 2017, thank you Mr @ALFAMA. Amo la Thrill Jockey Records comunque.

Colleen - A Flame My Love, A Frequency (Thrill Jockey Records, October 20, 2017)

Un disco dalla bellezza sorprendente. L'artista e compositrice francese Colleen (vero nome: Cecile Schott) stupisce letteralmente con la pubblicazione di questo ultimo album intitolato "A Flame My Love, A Frequency", uscito lo scorso ottobre su Thrill Jockey. Il disco è un concept album cui ha cominciato a lavorare poche settimane dopo i fatti del 13 novembre 2015. Solo 4 ore prima infatti Cecile era in giro per Parigi ammirata dalla bellezza e dalla serenità di quei posti che dopo sarebbero stati teatro di totale terrore e morte. Il disco affronta questo tema secondo cui bellezza e vitalità vadano di pari passo con sentimenti di paura e orrore. "A Flame My Love, A Frequency" è un disco di composizioni elettroniche pop e minimali, registrati con l'uso di strumentazione tradizionale mescolata a tecniche più moderne e uso di loop e sovraincisioni. La realizzazione di composizioni elettroniche sperimentali e la creazinoe di paesaggi sonori sensibile e di una fragilità incorporea sono accompagnati sovente da performance vocali suggestive ("Separating", "Winter Dawn", "Summer Night (Bat Song)", "The Stars Vs Creatures", "A Flame My Love, A Frequency"). Potremmo pensare a James Blake, Imogen Heap, persino a alcune canzoni dei Radiohead, ma nessuno di questi raggiunge la stessa forza emotiva e soprattutto la stessa brillantezza dei suoni di questo disco. Un disco che più che volere essere un memoriale esprime una certa sofferenza e una oscurità, ma che lascia intravedere anche una flebile fiammella di luce alla fine del tunnel.

Colleen - Winter dawn (Official Music Video)
In verità non vado matto per questo tipo di sonorità, ma una volta che ho ascoltato fino in fondo questo EP non vedo perché non proporlo all'interno della rassegna #zot2017 anche perché del resto la qualità complessiva non mi sembra mediocre (ma de gustibus).

Hater - Red Blinders EP (Fire Records, December 01, 2017)

Nuova uscita Fire Records di questo quartetto di Malmoe, reduci dalla pubblicazione nel 2016 del primo LP "You Tried". Si tratta di un EP denominato "Red Blinders" e composto da quattro canzoni in bilico tra sonorità indie-pop e shoegaze e recuperi di sonorità più classiche e vintage. Del resto già dalla prima canzone possiamo riconoscere una certa attitudine pop tipica degli anni settanta. "Blushing" (il primo singolo pubblicato dalla band su Fire Records) ricorda decisamente la storica hit "The Year of the Cat" di Al Stewart ed è sicuramente la canzone più interessante del lotto. "Rest" e "Red Blinders" hanno toni più delicati e tipici di quello che oggi viene chiamato dreampop. Un po' più carico il sound di "Penthouse" di ispirazione Smiths e che sicuramente rimanda a sonorità degli eighties. Sembrebbe insomma che ci sia molta carne a cuocere in questo EP ma per la verità non si tratta di niente di strabiliante o di eccezionale: solo di un gruppo che ha un buon gusto per sonorità pop e nostalgiche e accattivanti. Così è. Se vi pare.

Hater - Blushing

#shoegaze #indie #dreampop
Detto/fatto. Questa volta la rassegna #buzz non ci porta tanto indietro nel tempo (si tratta infatti di un disco uscito lo scorso anno) quanto nello spazio più profondo. Alla guida della nostra astronave ovviamente c'è il capitano @ALFAMA.

Demdike Stare - Cosmogony (DDS, September 21, 2017)

I Demdike Stare sono un duo di Manchester composto dal dj Sean Canty e dal produttore Miles Whittaker. Il duo è una realtà minore nell'underground del Regno Unito, ma che tuttavia si è già fatto conoscere in passato per la combinazione tra elettronica minimale e sonorità più all'avanguardia. Questo disco qui comunque è un'opera veramente particolare e d'eccezione, perché trattasi di un lavoro eseguito su "commissione" dell'esimio istituto Ina-GRM aka "Groupe de recerche musical de l'Institut de l'audiovisuel" nato per volontà del compositore d'avanguardia francese Pierre Schaeffer (1910-1995) che si può considerare come uno dei padri fondatori della cosiddetta "musique concrète". È così che nasce "Cosmogony", opera uscita solo su audiocassetta e divisa idealmente in due parti e concettualmente dedicata alla nascita del cosmo e l'origine dell'universo con una prima parte molto più carica di suggestioni space ambient e la seconda molto più minimalista e effettivamente molto più ispirata a dei contenuti tipicamente "concrète". Il risultato finale è dannatamente convincente, come se il duo fosse effettivamente prossimo ai grandi compositori minimali e d'avanguardia del passato da Karl-Heinz Stockhausen a John Cage... Paragoni che possono sembrare impegnativi, ma che eppure non "stonano" al cospetto di un lavoro così ben riuscito.

Demdike Stare - Cosmogony (Full Tape) [DDS]
La rassegna #zot2017 vi propone oggi un episodio particolarmente sperimentale e di uno dei migliori artisti e musicisti in circolazione da trent'anni a questa parte.

Jim O'Rourke - Steamroom 31 (Self-Released, January 09, 2017)

Jim O'Rourke continua la pubblicazione di materiale inedito e rarità attraverso la sua pagina Bandcamp. In questa occasione specifica mi sono dedicato all'ascolto della sua "Steamroom" (che poi sarebbe il nome dei suoi studios) numero 31, pubblicata lo scorso gennaio e la prima della serie di lavori sperimentali che il musicista di Chicago (ma oramai stabilmente impiantatosi nella città di Tokyo in Giappone) nel corso dell'anno 2017. Le tre composizioni che compongono la "release" sono molto interessanti e ripropongono i contenuti più ambient e sperimentali della musica di O'Rourke. Si tratta di tre lunghe composizioni per le colonne sonore di altrettanti opere visuali del regista Takino Makashi (alcuni dei suoi lavori sono visibili su YouTube). Trattasi per lo più di opere astratte e piene di scariche di colore elettrificate e impazzite come un quadro di Pollocks. Le tre composizioni, studiate per l'accompagnamento delle immagini, durano dai venti ai trenta minuti. Si va dall'ambient minimalista di "Generator" alla no-wave espressionista di "Still In Cosmos" che si apre con rumorismi post-industrial per poi scatenarsi in una tempesta elettro-magnetica noise. Infine i trenta minuti di "The Seasons", una sessione di ambient dronico spaziale fatta di sovrapposioni sonore amplificate e cariche di riverberi, feedbacks e pulsazioni noise. Una opera in definitiva sicuramente non di facile ascolto e dedicata prevalemente all'accompagnamento di opere visuali, ma che è di sicura efficacia anche se proposta slegata dal contesto dei lavori di Makashi perché ci basta chiudere gli occhi e immaginare sequenze di immagini in totale libertà, slegati da ogni pre-concetto e lasciandoci guidare solo dalla musica

Jim O'Rourke - Steamroom 31 - full album (2017)
Ci troviamo al cospetto di un'opera monumentale e che è ispirata a uno dei temi più drammatici e più trattati in ogni campo delle arti negli ultimi cento anni: l'affondamento del Titanic. Un'opera neo-classica e d'avanguardia realizzata da un grande compositore e da una serie di collaboratori di eccellenza e che entra a merito titolo in questa rassegna #buzz dove @ALFAMA copre un'altra delle mie lacune vergognose.

Gavin Bryars - The Sinking of the Titanic (Obscure, Island, 1975)

Gavin Bryars Ensemble - The Sinking of the Titanic (Les Disques du Crepuscole, 1990)

Opera minimalista del compositore britannico Gavin Bryars ispirata all'affondamento del traslatlantico Titanic nel 1912. Composta tra il 1969 e il 1972, l'opera è oggi considerata un classico per quello che riguarda le composizioni minimaliste e ambient in Gran Bretagna e un punto di riferimento per molti artisti. Prodotta da Brian Eno, l'opera fu pubblicata su Obscure e Island Records nel 1975 e vedeva come collaboratori e musicisti, tra gli altri, i compositori Michael Nyman, Kate St. John, Steve Beresford. Formata da due lunghe composizioni ("The Sinking of The Titanic" e "Jesus' Blood Never Failed Me Yet") il disco è una vera e propria opera di musica neo-classica dal forte impatto emotivo e carica di suggestioni che rimandano a un immaginario drammatico e allo stesso tempo di forte quiete, come se la fine di quello che all'epoca era considerato il massimo prodotto della tecnologia fosse una specie di apocalisse: qualcuno aveva spento la luce e quando questa era stata riaccesa, dopo non c'era più nulla ma solo le onde del mare che avevano coperto tutto quello che era stato in passato.

Ho ascoltato anche la riproposizione dell'opera nella versione registrata tra il 13 e il 14 aprile 1990 al Printemps du Bourges festival in Belgio e pubblicata dall'etichetta Les Disques du Crepuscole. In quella occasione l'opera fu rielaborata inserendo anche nel sottofondo frammenti di interviste ai sopravvissuti e i codici del segnale morse, rumori di collisioni della nave contro l'iceberg. La cosa curiosa è che la registrazione fu effettuata con due orchestre composte intereamente da bambini. Il risultato finale è comunque suggestivo e molto più tradizionale rispetto all'opera originaria, che in qualche maniera, nelle vibrazioni del suono e le alterazioni create dalle performance dei musicisti, gli interventi vocali, ricreava prima atmosfere più brutali e soffocanti e successivamente il rumore delle onde che dolcemente spazzava via tutto e riportava una ideale quiete dopo la tempesta.

In definitiva direi che la versione originale è un fondamentale e decisamente più bella di questa revisione, comunque interessante perché minimalista e di sicuro impatto emotivo, ma meno ingegnosa della versione originale che del resto fu un lavoro studiato e congegnato e lavorato in ogni suo dettaglio e con musicisti straordinari.

Gavin Bryars - The Sinking Of The Titanic (1975, Obscure)
La rassegna #zot2017 oggi vi propone un disco che mi è stato suggerito nientepocodimenoche da @heartshapedbox.

Ulrika Spacek - Modern English Decoration (Tough Love, June 02, 2017)

Il secondo disco in due anni degli Ulrika Spacek, gruppo rock alternative di Reading nello Berkshire ma formatosi a Berlino per poi ritornare in Inghilterra e trasferirsi a vivere tutti assieme nella East London in un appartamento che poi è anche il luogo dove registrano i loro album. "Modern English Decoration" (Tough Love) pubblicato battendo il ferro finché è caldo, lo scorso giugno 2017, è quello che definirei un bel dischetto di alternative rock che predilige la forma canzone e che in fase di composizione non trascende i contenuti melodici. I riferimenti vanno per lo più a esperienze nel mondo della musica alternative degli anni novanta. Penso ai soliti Sonic Youth, di cui hanno sicuramente ripreso una certa verve e il lato più pop, gli stessi Radiohead, mentre tra le band più recenti menzionerei i Deerhunter. Il disco è nel complesso più che gradevole, per lo meno io credo di averlo apprezzato proprio come una specie di "break" nel mezzo di pubblicazioni più complesse, mentre qui invece basta chiudere gli occhi e lasciarsi cullare dalle melodie ciondolanti e convincenti di Rhys Edwards e i suoi compari: un gruppo che in definitiva definirei come "ammiccante". Forse un po' ruffiano, ma che fa una musica che tutto sommato funziona.

Ulrika Spacek - 'Silvertonic' (Official Video)
Una volta tanto propongo sempre su suggerimento di @[ALFAMA] (che aggiorno sempre sulle mie considerazioni per quello che riguarda le sue proposte) un disco per la rassegna #buzz che è completamente "Made In Italy". Si tratta di un disco del collettivo The Braen's Machine, dietro il quale pare si "nascondessero" Piero Umiliani e Alessandro Alessandroni. Un disco che comunque è sorprendere per la qualità dei suoni e i momenti più sperimentali in bilico tra new age e musica progressive e krautrock. Buon ascolto.

The Braen's Machine - Underground (Liuto Records, 1971)

Un disco per molti anni considerato una specie di mistero. "Underground" usciva nel 1971 per l'etichetta italiana Liuto di proprieta di Piero Umiliani. Il disco, considerato da molti come una specie di esercizio di stile, è stato pubblicato a nome Braen's Machine. I brani sono firmati tutti da Braen e Gisteri, due pseudomini dietro i quali si suppone si nascondessero proprio Piero Umiliani e il suo collega e direttore d'orchestra, compositore e arrangiatore Alessandro Alessandroni. Quello delle parti fischiettate nella trilogia del dollaro nelle colonne sonore di Morricone e che pare Fellini avesse soprannominato "Fischio". Come siano andate le cose comunque esattamente non lo so e non so chi siano tutti i musicisti che abbiano preso parte al progetto. Quello che è sicuro è che questo disco qui è qualche cosa di incredibile. Attingendo a piene mani dal patrimonio culturale musicale sviluppato negli anni nella creazione di colonne sonore di diverso genere e da esperienze sperimentali del Nord Europa e in particolare del kraut-rock tedesco, il disco è una sequenza di tracce in cui tutti i musicisti danno sfoggio delle loro capacità tecniche e della loro inventiva. Il sound del disco è fatto di chitarre rock acidissime, ritmi di batteria variabili e che alternano il 4/4 del Motorik kraut con sperimentalismi ambient, il basso che detta tempi funky e allo stesso modo si adegua a momenti più sincopati fino al jazz e al fusion e al progressive. L'uso delle tastiere è sempre fondamentale e centrale ma mai invasivo e non si impone mai sul resto della strumentazione. Tutto è perfettamente coordinato in un disco che a volere essere critici e cercare per forza qualche cosa che non vada bene, gli si può al massimo criticare la eccessiva perfezione.

The Braen's Machine - Underground (1971) [FULL ALBUM]
Oggi #zot2017 vi porta in Giappone con una delle band neo-psichedelica del paese del Sol Levante che stanno riscontrando più seguito nel mondo occidentale e che hanno pubblicato di nuovo un piccolo gioiellino su Beyond Beyond Is Beyond, una delle nostre etichette preferite.

Sundays & Cybele - Chaos & Systems (Beyond Beyond Is Beyond Records, February 24, 2017)

'Sundays & Cybele' è un film francese del 1962 (titolo originale: 'Les dimanches de Ville d'Avray') conosciuto in Italia come 'L'uomo senza domani' e diretto da Serge Bourguignon, vincitore dell'Oscar al miglior film straniero. Interpretato da Hardy Gruger, il film è un dramma ambientato in Francia nel dopoguerra in cui un uomo che ha perso completamente la voglia di vivere, ritrova un senso alla propria esistenza prendendosi cura di una bambina rimasta orfana fino a un'inevitabile fine tragica tipica di una certa visione fatalista del cinema francese. Sundays & Cybele è anche il nome di questa formazione garage psichedelica di Tokyo, Giappone (Kazuo Tsubouchi, Yoshinao Uchida, Syota Mizuno, Eiichi Kageyama) che incamminatasi sulle orme dei Kikagaku Moyo e stabilmente nel roster Beyond Beyond Is Beyond Records, ha pubblicato l'ultimo album lo scorso febbraio. 'Chaos & Systems' è un disco sicuramente interessante e in cui il gruppo capitanato da Kazuo Tsubouchi combina sapientemente suoni psichedelici con la tradizione giapponese. Notevole la traccia introduttiva e che dà il nome all'album in particolare, con un uso di percussioni tradizionali, un potente sound del basso e un synth che ricorda gli Yellow Magic Orchestra e un cantato recital assolutamente ipnotico. Una fusione tra passato e tradizione e suoni psichelici che è una caratteristica di tutto l'album come nella 'sgangherata' psichedelia garage di 'Brujo' e la lunga 'Paradise Come' che ricorda una lunga session dei Pink Floyd anni settanta. Effettivamente una 'colpa' e un limite che riconosco a questo gruppo è quello di eccedere in alcuni virtuosismi e riferimenti a un acid rock anni settanta (limite che avevano anche i Kikagaku Moyo e che è legato proprio a una tradizione nella psichedelia giapponese, leggete pure Julian Cope per saperne di più) e che si ripetono in canzoni come 'Butterfly's Dream' e 'Tell Me The Name Of that Flower'. Canzoni belle per un gruppo che secondo me ha grandi numeri ma deve ancora fare quel definitivo salto di qualità.

Sundays & Cybele - Chaos & Systems
La rassegna #buzz questa volta ci porta direttamente in California, Orange County, sulla bellissima west coast. Un disco che, se chiudiamo gli occhi, possiamo sognare il mare e le onde del pacifico alle ore del tramonto e viali alberati che costeggiano la spiaggia con un sacco di belle ragazze che pattinano in costume e che non aspettano altro di dedicarsi alle attività consuete del posto: assumere acidi e praticare sesso libero.

Discone ovviamente suggerito da @[ALFAMA], il migliore dj del Debasio.

Beat of the Earth - Beat of the Earth (Radish, 1967)

Un esemplare unico nella psichedelia della west coast anni sessanta a opera di Phil Pearlman, personaggio fondamentale nella scena californiana (Electronic Hole, Relatively Clean Rivers...) che qui è coadiuvato nella realizzazione del disco dal tecnico Joe Sidore. Come molti dei dischi dell'epoca (vedi i Cromagnon), questo capolavoro è stato riscoperto tra la fine degli anni ottanta e gli anni novanta e oggetto di diverse ristampe negli anni. Direttamente da Orange County nella California meridionale, l'ensemble guidato da Phil Pearlman dà vita a questo disco eponimo che si compone di una unica composizione divisa in due parti ("This Is An Artistic Statement"). Una sessione scatenata di musica psichedelica ossessiva e garage quanto e più della "Sister Ray" dei Velvet Underground ma allo stesso tempo intrisa di quello sciamanesimo psychedelic-blues tipico dei Doors, senza contare il ruolo decisivo dell'organo elettrico. Il sound è sicuramente caratteristico della fine degli anni sessanta, quindi dire che questa opera fosse in anticipo sui tempi non sarebbe corretto: quello che possiamo dire però è che è stata sicuramente "puntuale". Un'opera dal valore universale che di conseguenza possiamo ascoltare ancora oggi e stupirci per la sua grande bellezza e inventiva.

“The Beat of the Earth” (Usa, 1967) de The Beat of the Earth
Oggi la rassegna #zot2017 propone un disco tutto italiano che avevo già ascoltato ma di cui mi sa che qui su DeBaser non abbiamo mai accennato. Eccolo qui.

New Candys - Bleeding Magenta (Fuzz Club Records, October 06, 2017)

Questa è la volta buona in cui l'Italia si è finalmente resa conto di avere in casa una delle migliori band neo-psichedeliche europee. Parlo dei New Candys (Stefano Bidoggia, Dario Lucchesi, Diego Menegaldo, Fernando Nuti). 'Bleeding Magenta', uscito su Fuzz Club Records lo scorso 6 ottobre, ha infatti ottenuto rispetto ai precedenti lavori della band un certo numero di recensioni sulle più popolari webzine che hanno finalmente fatto girare il nome di questo gruppo che già da tempo nel resto d'Europa ha fatto proseliti tra gli appassionati. In particolare nel Regno Unito. Un 'classico' gruppo neo-psichedelico, i New Candys con questo disco ripropongono una formula che ha già funzionato brillantemente negli altri dischi pubblicati negli anni. Le canzoni si riconoscono tutte per una attitudine tipica wave riconoscibile in altre band psichedeliche (a partire dagli Underground Youth), per i riff fulminanti delle chitarre, la potenza dei giri di basso e il diffuso uso di distorsori per quello che riguarda la voce. Rispetto ai 'cugini' Sonic Jesus il loro sound è sicuramente meno criptico e con qualche venatura che potrebbe definire persino 'pop' per quella che è la facilità all'ascolto delle loro canzoni. Il disco vanta una certa compattezza e qualche momento più sperimentale come 'Sermon', realizzata con la partecipazione della vocalist Julia Hammer, oppure la trilogia di 'The Otrogeous Wedding' che riempie la seconda parte del disco. Il resto è il solito campionario di fuzz, feedback, distorsioni e riverberi. Un bel dischetto che la band ha composto ispirandosi a contenuti di natura visuale e al cinema di Dario Argento e i lavori di Nicolas Winding Refn. Ovviamente consigliato. Se vi piace la musica neo-psichedelica (non capisco i paragoni con i Black Angels francamente, che qui c'entrano veramente poco o niente) o la musica alternative rock in ogni caso non potete fare a meno di ascoltarlo.

New Candys - Excess