Ci ficchiamo a capofitto nella scena kraut-rock su suggerimento di @[ALFAMA] per riproporre la rassegna di ascolti più pazza che ci sia.

#buzz

Gila - Gila (BASF, 1971)

Gli Gila si formarono nel 1969 in una comune di Stoccarda. Il gruppo era guidato dal chitarrista Conny Veit (Guru Guru, Popol VUh) il quale dopo una fase iniziale in cui il gruppo ricercava ispirazioni nello stile dei Pink Floyd, pilotò la band verso sonorità più sperimentali nello stile Amon Duul II e Popol Vuh. Proprio Florian Fricke dei Popol Vuh Daniel Fichelscher degli Amon Duul II sarebbero successivamente entrati a far parte della band, che qui invece è completata da Frytz Scheyhing, Walter Wiederkehr e Daniel Alluno. Un disco oggettivamente spettacolare e molto particolare anche all'interno di un micro-cosmo già di per sé unico come il kraut-rock, "Gila" è un disco in cui si combinano in una maniera composita e multiforme acidità MC5, suono imperioso dell'organo nello stile Doors e space psichedelia nello stile kraut. Il groove del basso è spettacolare così come la sezione ritmica che assume a tratti quelle derivazioni di provenienza indiana con l'uso dei tabla che rendono il suono ancora più caratteristico e comunque inserito nel contesto di quegli anni. Pezzi come "Kollektivitat" anticipano di vent'anni gli Spacemen 3, la fine dei 12 minuti di "Kommunikation" con la coda dell'organo che regna tra vibrazioni e scintille spaziali è un momento semplicemente sontuoso, le onde psichedeliche di "Individualitat" rimandano alla psichedelia più sperimentale del nord-europa... Insomma ci sono veramente un sacco di spunti interessanti e di intuizioni brillanti in questo disco che tra quelli usciti fuori dalla scena kraut-rock di quegli anni è probabilmente uno dei capitoli meno conosciuti o sottovalutati, ma per quanto mi riguarda assolutamente imprescindibile a questo punto.

#gila #suonaciilviolino #kraut

Gila - Kollaps
Disco bellissimo di questa specie di istrione della musica contemporanea francese.

#zot2017

Forever Pavot - La pantoufle (Born Bad Records, November 10, 2017)

Che bello il disco di questo gruppo francese! I Forever Pavot sono il gruppo di Emile Sornin, già acclamato per il suo precedente disco "Rhapsode" del 2014 e che qui si ripete con un mezzo capolavoro di pop psichedelia sperimentale denominato "La pantoufle" e pubblicato dall'etichetta francese Born Bad Records lo scorso novembre. Emile è un cantautore e un musicista dotato di grande inventiva, quasi visionario, si ispira liberamente tanto alle colonne sonore francesi degli anni sessanta-settanta e quel tipo di immaginario, quanto a una estetica psichedelica nello stile degli Os Mutantes e sperimentalismi nel campo del jazz. Questo a parte la sua scrittura emozionale e combinazione di tematiche thriller, romantiche, erotiche e ironiche. Carillon pop psichedelici ("The Most Expansive Chocolate Eggs", "Le pantoufle est dans le puit") ballads cinematiche ("Jonathan et Rosalie", "Les cagouilles", "Les cordes", "La belle affaire") sperimentalismi jazz e bossa-nova ("Hutre", "Cancre", "Ca lance", "Le beefteak", "La soupe è la grolle") e momenti quasi teatrali ("Père", "Au pas de l'assassin") ci danno in pieno la rappresentazione di un artista tanto sofisticato quanto brillante e allo stesso tempo ironico con un disco che decisamente schiaccia episodi di pop-psichedelia tipo Jacco Gardner oppure The Temples, dimostrando una maestria da vero virtuoso tanto musicalmente quanto sul piano della sperimentazione e dell'essere dei veri visionari, concetto che non può mancare in questo tipo di musica. Evidente la devozione ad artisti riproposti proprio dalla Born Bad Records quanto Vassiliu oppure Julian Perrin. Chapeu.

#foreverpavot #emilesornin #defonseca

Forever Pavot - Le beefteak
Alcuni dischi, se non mi convincono ma non ne capisco la ragione, li metto lì e poi li vado a riprendere dopo un poco di tempo. Qualche volta mi va bene. Tipo qui.

#zot2017

Trans AM - California Hotel (Thrill Jockey Records, April 22, 2017)

Ripreso a distanza di un anno questo disco dei Trans AM alla fine si conferma sulla scia della bontà dei precedenti lavori dello storico gruppo di Phil Manley, Nathan Means e Sebastian Thomson. Uscito il 22 aprile 2017 in coincidenza con il Record Store Day 2017 e ovviamente su Thrill Jockey, l'undicesimo gruppo della band del Maryland si intitola "California Hotel" (a quanto pare un omaggio a Glenn Frey degli Eagles, scomparso nel 2016) si apre subito con il pezzo forte del disco: "I Hear Fake Voices", sei minuti di loop kraut psichedelici e cosmic music sui quali band come Tame Impala avrebbero potuto costruire la loro intera discografia, se solo fossero stati dotati di un minimo di talento e di buon gusto. Ma il disco ha una forma e dei contenuti abbastanza eterogenei, la successiva "Staying Power" (solo strumentale) si basa fondamentalmente sul groove del basso che rimanda un po' a "Anybody Seen My Baby" degli Stones, "Ship Of The Imagination" ha quel tipico thrilling allucinato e visionario che è diventato marchio di fabbrica dei Maserati, derivazioni Giorgio Moroder e Krafwerk (l'uso del vocoder...) presenti anche in "Alles Verboten", mentre la title-track e "Expansions" si pongono in bilico tra il kraut-rock degli Harmonia e visioni John Carpenter e si va avanti così fino alle onde spaziali Spacemen 3 di "I Want 2B Ignored" e il Jean-Michel Jarre west-coast di "Rules of Engagement" per un disco che ha guadagnato per quanto mi riguarda molti punti a ogni ascolto e che considero definitivamente molto buono e suggeritissimo.

#transam #thrilljockey #californiahotel

Trans Am - Rules of Engagement
Un superclassico della musica folk-psichedelica entra di prepotenza nella rassegna #buzz e tra le ultime proposte di @ALFAMA che mi sono appuntato e ho ripreso costantemente in questo ultimo periodo.

Magnet & Paul Giovanni - The Wicker Man (soundtrack) (Trunk Records, 1998)

Ci sono determinate opere d’arte che non hanno tempo. Devo dire che personalmente non mi considero un grande conoscitore oppure esperto in nessun campo. Se per quanto riguarda il cinema mi parlare di Truffaut oppure di Tarkovsky, vi dico solo che una volta ho visto “Stalker” e mi sono addormentato. Quindi non l’ho visto e comunque non me ne frega niente. Ma che dire di “The Wicker Man” di Robyn Hardy (1973) ? Questo non è solo un film, è un’opera i cui contenuti non solo sono stati influenti nella storia del cinema, ma che ha contenuti spirituali e psicologici, estetici che affondano nelle radici della storia del genere umano. Come il film, così è un capolavoro la colonna sonora di Paul Giovanni con i Magnet (formazione messa in piedi dal "responsabile" Gary Carpenter per l'occasione con Peter Brewis, Michael Cole, Andrew Tompkins, Ian Cutler, Bernard Murray), che ne contorna ogni immaine, le descrive, le canzoni si infilano dentro le scene e divengono una cosa sola con esse. Folk ancestrali, scuola di Canterbury, arrangiamenti in bilico tra tradizioni gaeliche e sofisticata eleganza, vocazioni psichedeliche e visioni ossessive. Il pezzo forte? Chiaramente "Williw's Song". Una delle cose più belle possiate mai ascoltare in vita. Prima di essere arsi vivi.

#folk #psychedelia #thewickerman

Willow's Song
Rispolvero la rassegna #buzz con un disco stupendo, thank you @[ALFAMA].

Bugskull - Phantasies and Senseitions (Road Cone, 1994)

Potrebbe apparire una affermazione che possa voler definire questo disco come qualche cosa di deputato solo a una tipologia di ascolto "adolescenziale", ma non è chiaramente così. Eppure quando lo ho ascoltato la prima volta, ho pensato che questa qui è la musica che mi sarebbe piaciuto ascoltare quando ero ragazzo e mi sono sentito in qualche modo sottratto di qualche cosa di importante durante quegli anni (dove ero chiaramente soggetto a bombardamenti di musica per lo più spazzatura oppure veramente "liquida", nel senso però proprio di priva di veri contenuti significativi) come mi è capitato altre volte ad esempio con la tardiva - rispetto ai tempi - scoperta di gruppi come Pavement o Sebadoh e che peraltro accosterei a questo gruppo denominato Bugskull e che poi sarebbe un progetto del musicista originario dell'Oregon Sean Byrne (qui accompagnato da Brendan Bell e James Yu, che per un periodo furono membri stabili della band). C'è molto di più tuttavia in questo disco uscito nel lontano 1994 su Road Cone. Sean Byrne era un artista visionario e carico di inventiva e univa a quello spirito libero tipico e sensibilità giovanile dei richiamati Pavement con registrazioni e campionamenti lo-fi minimaliste sperimentali e quella attitudine astratta tipo Residents oppure di derivazione zappiana. Ogni traccia di questo lungo album di ben 18 tracce costituisce di conseguenza un punto di incontro tra queste esperienze che non vengono trattate distintamente, ma riassunte in un unicum anticipando di un anno anche lo stesso "Wowee Zowee" e che pure presentava dei tratti free-form che qui sono chiaramente accentuati con una genialità nel mezzo tra quella di Jad Fair e Mark Linkous e influenze jazzistiche Tuxedomoon in slow-motion. Forse il disco più grande (quasi enciclopedico) dell'indie-rock anni novanta.

#LOFI #INDIE #BUGSKULL

bugskull - recoder
Praticamente la versione più sofisticata e arrangiata di "Ruminations"

#zot2017

Conor Oberst - Salutations (Nonesuch, March 17, 2017)

Durante il ritiro nell'inverno di Omaha nel Nebraska, dopo quello che era stato un crollo totale sia sul piano psicologico che fisico, e dove in maniera spontanea, quasi inaspettata, Conor Oberst aveva scritto le canzoni che poi avevano dato vita a quel disco tanto bello quanto "rustico" che è "Ruminations" (registrato in compagnia del solo tecnico Ben Brodin in quattodici ore). Ritornato alla vita in società, diciamo così, l'anno scorso Oberst ha voluto letteralmente "salutare" questo rientro con un disco che è simbolicamente intitolato "Salutations" e che idealmente segna una linea di separazione con quella fase negativa della sua esistenza, ma che senza rinnegarla consiste proprio nella riproposizione delle stesse canzoni (con qualche aggiunta: "Too Late To Fixate", "Overdue", "Afterthought", "Napalm", "Empty Hotel by the Sea", "Anytime Soon", "Salutations") ma in una chiave diversa e con sessioni di registrazione allargata a un numero considerevole di amici e collaboratori (tra questi menzionerei i più celebri tipo M. Ward o Jonathan Wilson, James Felice...). Il disco nel suo complesso non è poi tanto differente da "Ruminations" e il giudizio è chiaramente positivo, anche se le versioni "originali" restano a mio parere migliori e in una dimensione che forse più si addice alla scrittura e lo stile di Oberst, che personalmente continuo a considerare un autore dal grande potenziale.

#brighteyes #conoroberst #indie

Conor Oberst - A Little Uncanny
Super-gruppo formato da Sir Richard Bishop, Ben Chasny e Chris Corsano. Ho detto tutto (ovviamente ha detto tutto prima di me @ALFAMA).

#buzz

Rangda ‎– Formerly Extinct (Drag City Records, 2012)

Non lo so se questo supergruppo sia formalmente ancora attivo. Probabilmente sì, del resto l'ultimo LP risale solo a un paio di anni fa, quindi ci sono buone speranze che la loro discografia si possa ampliare anche nel prossimo futuro. I Rangda sono un'esperienza cominciata nel 2010 nel giro della Drag City Records e un combo incredibile di musicisti che consiste nel trio Sir Richard Bishop, Ben Chasny (Six Organs of Admittance) e il batterista Chris Corsano. "Formerly Extinct" del 2012 è il loro secondo LP e forse quello più rappresentativo e potente. Il disco probabilmente si fonda più sulle idee compositive di base di Sir Richard Bishop e il suo avant-rock, ma questo - combinato alla saggezza di un altro grande chitarrista e compositore come Ben Chasny e la batteria di Corsano - viene in qualche modo amalgamato e ricollocato in una dimensione diversa dalla sua produzione solista. Forti di un affiatamento che è qualche cosa di naturale tra musicisti così talentuosi, il disco ha quella furia che rimanda al demone Rangda, la regina dei leyak di Bali e acerrima nemica delle forze del bene. Composizioni elettriche "bolero" come "Idol's Eye", "The Vault", "Majnun" e "Tres Hambres" vedono tra di loro incrociarsi il suono delle chitarre e impazzimenti di musica noise e tempi avant-jazz fino alle ossessioni post-hardcore e motorik di "Plugged Nickel"; con "Majnun" si intravedono anche influenze esotiche tipiche di Bishop e che vengono poi rimarcate nella composizione "Silver Nile" dal carattere mediterraneo e in una sessione incredibile di dodici minuti, mentre "Goodbye Mr. Gentry" ha quel carattere armonico e circolare e quella devozione al primitismo americano che è marchio di fabbrica Ben Chasny. Penso che molto molto raramente si sia vista una combinazione tra musicisti così fondamentali e che hanno avuto una influenza nel mondo della musica alternative e sperimentale degli ultimi venti-trent'anni come pochi altri: una combinazione veramente incredibile.

Rangda - Formely Extinct (2012) (Full Album)

#rangda #dragcity #formerlyextinct
Ogni nuova scoperta nel repertorio di John Cage è una rivelazione. Thanks to @ALFAMA to introducing me to this magnificent opera.

#buzz

John Cage - Bird Cage (Not On Label, 1972)

Sinceramente non so se questa opera sia mai stata pubblicata e in che formato. Per quello che posso sapere è stata oggetto di riproposizioni di diversi compositori e musicisti nel corso degli anni e si possono trovare di conseguenza diverse versioni (da menzionare in particolare quella di William Blakeney) di quella che si può definire come una delle tante opere massime sperimentali del grande John Cage. Praticamente "Bird Cage" fu un vero e proprio allestimento sonoro composto da Cage presso gli Albany Electronic Music Studios nell'aprile del 1972 nell'arco di tre giorni e scritto per 12 nastri da riprodurre in diverse combinazioni di 4, 6 oppure 8 alla volta attraverso degli altoparlanti. John Cage fu assistito in questa operazione dal professore emerito e compositore Joel Chadabe e dal mitico Robert Moog: le registrazioni erano preesistenti all'allestimento sonoro e riproducevano suoni degli uccelli in gabbia, registrazioni da "Mureau" (1970) e suoni tratti da momenti della vita quotidiana. Eseguito la prima volta nel 1973 con Joel Chabade e David Tudor, la performance vide i tre compositori alternare i diversi nastri senza nessuna sequenza predefinita e ottenendo quindi di volta in volta la rappresentazione di un contesto ambientale differente. Curiosamente, ascoltato negli stessi giorni, mi è venuto spontaneo paragonare questa opera a "Le Carnaval des Animaux" di Saint-Saens. Anche qui abbiamo una composizione di carattere neo-classico, seppure minimalista, e allo stesso tempo allegorica e dove le strumentazioni analogiche si sostituiscono a una intera orchestra, ma tutti e due i compositori, a distanza di un secolo l'uno dall'altro riescono a rappresentare la realtà attraverso la musica segnando in questo senso un continuum all'interno della musica neo-classica e che continua ancora oggi rinnovandosi ma evidentemente senza mai tagliare i ponti con il passato. Definire questa opera come "suggestiva" è sicuramente limitativo e non c'è bisogno di sovrapporre le dodici tracce del disco oppure di suonarle secondo diverse sequenzialità: le sensazioni derivanti dall'ascolto e le sfumature saranno ogni volta diverse e completamente nuove.

#minimalism #avantgarde #johncage

John Cage: Bird Cage (1972)
Dischetto molto bello di una band storica e ripreso grazie ad @ALFAMA.

#buzz

The Sea and Cake - Nassau (Thrill Jockey Records, January 22, 1995)

Il prossimo maggio The Sea and Cake, la band capitanata dal vocalist e chitarrista Sam Prekop e del musicista e producer fondamentale John McEntire, pubblicherà il suo undicesimo album in studio. Il disco rinnoverà la collaborazione oramai storica con la Thrill Jockey Records e che costituisce in sé il cuore della scena alternative della città di Chicago dalla metà degli anni novanta ad oggi. "Nassau" è il secondo LP della band, registrato agli Idful Music di Chicago e prodotto dallo stesso McEntire. Dire che si tratti di un disco pop praticamente perfetto è una definizione che in questo caso non costituisce una esagerazione. Il disco si inserisce perfettamente nel contesto alternative rock degli anni novanta riprendendo il sound "ribelle" di gruppi come Pavement e Yo La Tengo filtrato attraverso quei tempi tipici di Slint oppure Tortoise e determinate influenze jazz che sul piano stilistico rendono il suono della band particolarmente elegante e peculiare e un vero e proprio marchio di fabbrica che negli anni ha continuato a rinnovarsi e essere riconoscibile.

#alternative #johnmcentire #theseaandcake

The Sea and Cake - Earth Star
@ALFAMA l'avevi proposta tu vero questa opera? Qui ci avviciniamo a una forma di sperimentalismo che è praticamente prima che la musica leggera.

#buzz

Charles Camille Saint-Saens - Le Carnaval des Animaux (1886)

Non sono affatto un grande conoscitore di musica classica, ma il caso di questa opera composta nel 1886 dal compositore, pianista e organista francese Charles Camille Saint-Saens (1835-1921) è sicuramente qualche cosa che può essere facilmente avvicinata e apprezzata da ogni tipologia di ascoltatore. Parliamo di un intellettuale a tutto tondo e che al di là dell'essere stato un vero e proprio bimbo prodigio per quello che riguarda il mondo della musica, si dedicò alla pari altre scienze tra cui l'archeologia e soprattutto la geologia e la botanica. Probabilmente proprio questo tipo di interesse e certe visioni legate all'esistenzialismo lo portarono a comporre questa opera opera armoniosa in quattordici brani e intitolata "Le Carnaval des Animaux". Si tratta di un'opera chiaramente dai toni umoristici e allegri, che qualcuno ha definito persino comici, le cui scelte compositive per un artista che fu inizialmente conosciuto anche per le sue capacità improvvisative in alcuni casi riprendono temi di altre opere e vengono inserite in rappresentazioni allegoriche del mondo animale in una dimensione quasi onomatopeica e che sarà poi ripresa a partire dalla seconda metà del secolo scorso da compositori minimalisti e d'avanguardia. Opera virtuosa e divertente tanto quanto evocativa e rilassante e che lascia intuire la grandezza di spirito del compositore che a un certo punto ci propone un brano "Pianistes" in cui inserisce anche i pianisti all'interno di questa opera deliziosa dalla durata di circa venti minuti totali. Non saprei rimandarvi a una pubblicazione dell'opera in particolare perché queste sono chiaramente state chiaramente innumerevoli negli anni, ma ovviamente non sarà difficile da recuperare. Anzi. Cusiosità: fu eseguita in pubblico solo nel 1922.

#zoo #saintsaens #neoclassica

Saint-Saëns - Le carnaval des animaux (The Carnival of the Animals) (1886)
Ripropongo ancora sempre su suggerimento di @ALFAMA l'ascolto di Wulf Zendik.

Zendik Farm Orgaztra - Danze Of The Cozmic Warriorz (Zendik Zoundz, 1988)

#buzz

Penso che sapere quando, dove, come e con chi Wulf Zendik abbia registrato questo disco sia qualche cosa di praticamente impossibile. Non so se vi siano tracce in questo senso e come tutto quello che riguarda Wulf Zendik molto è avvolto nel mistero più totale costituendo ogni sua attività in ogni campo qualche cosa che ha quasi a che fare con una specie di culto e appartenenza a una vera e propria setta. Ancora oggi del resto, dopo la sua morte, l'opera dei suoi seguaci e le loro attività sono oggetto di discussioni di ogni tipo (da questioni legate al "mind control", diciamo così, a veri e propri abusi di ogni tipo commessi nei confronti degli appartenenti alle diverse comunità). So che una donna ha un libro sulla questione e la sua esperienza nella comunità la cui pubblicazione per vari motivi è bloccata da mesi. Comunque il valore di questo disco, apparentemente pubblicato la prima volta nel 1988, e registrato da Wulf con Bugz, Nez, Zoot, Monk e Kan (...) resta per quelli che sono i miei gusti musicali in qualche modo assoluto. Ancora una volta al centro ci sono le interpretazioni e i vocalismi intensi quanto allucinati di Wulf che si dispiegano in composizioni lunghe con la acida e ossessiva costruzioni di organo elettrico rock bues "Yan Yin", i deliri Keiji Haino della groovy "Farm Jam" costruita su giri di basso vorticosi e al limite del funk e in una specie di trance disco ipnotica ("Danze Of The Cozmic Warriorz"), composizioni arrovellate di psichedelia acida anni sessanta come "Inzanity", il Michael Yonkers di "Madman" e gli impazzimenti di "Let's Get Stoned" che a un certo punto sfociano in una esplosione di suoni stile Dur Dur Band. Pubblicato non so quando e come a nome Zendik Farm Orgaztra, anche questo disco qui, come altri capitoli delle pubblicazioni musicali di questo artista e guru in bilico tra un santone hippie e il reverendo Jim Jones (ma non era in fondo anche lui una specie di santone hippie, ditemelo voi dove comincia e finisce il confine per definire una figura di questo tipo) e esponente di spicco di culture new age e misticismi orientali. Allucinato e suggestivo come poche altre cose mai pubblicate nella storia della musica. Riferimenti: Jim Morrison, Suicide, Acid Mothers Temple, Spacemen 3, Keiji Haino, juggernaut drone psichedelici, cultura new age, Charles Manson.

Zendik Farm Orgaztra - Danze of the Cozmic Warriorz (1988)

#newage #acid #wulfzendik
In questi giorni spinto da una delle tante proposte di @ALFAMA ho ripreso una mia vecchia, come dire, "conoscenza".

#buzz

Boduf Songs - Lion Devours The Sun (Kranky, October 30, 2006)

Ho rispolverato dai miei vecchi ascolti questo dischetto uscito su Kranky Records nel 2006. Boduf Songs è il progetto di Mat Sweet, cantautore e musicista particolarmente sensibile e da anni uno degli artisti più interessanti per quello che riguarda un certo folk improntato a un minimalismo compositivo e che si disimpegna in lunghe costruzioni anche monotematiche di arpeggi di chitarra accompagnate da veri e propri sussurri e accenni di sperimentalismo che possono ricordare lo stile compositivo di Matt Elliott e la esperienza come Third Eye Foundation. Forse lo stile di Mat è più rustico e meno neo-classico, più vicino a certe forme semplificate di primitivismo invece che derivate da una tradizione da chansonnier elettroacustico. "Lion Devours The Sun" usciva come detto nel 2006 e si può considerare un disco nello stile classico dell'artista di Southampton con canzoni che possono ricordare un certo cantautorato nello stile di Elliott Smith oppure anche dello stesso Conor Oberst costruite su arpeggi minimali e arrangiamenti che poi si allargano a esperienze rumoriste sperimentali che si manifestano sottoforma di lunghe sessioni introduttive oppure in code noise e dove una certa oscurità che permea la scrittura di questo autore si deframmenta in mille pezzi e viene annichilita dal ritorno prepotente della tipica luce alla fine del tunnel. Tanto sofisticato e elegante quanto essenziale e questo è un grande merito.

#matsweet #folk #bodufsongs

boduf songs lion devours the sun
Il poco tempo a disposizione ultimamente mi ha costretto a trascurare questa rassegna, ma oggi ecco qui una nuova vecchia proposta.

#zot2017

The Molochs - America's Velvet Glory (Innovative Leisure, January 13, 2017)

Sicuramente bello accattivante questo disco dei Molochs, garage pop band californiana capitanata da Lucas Fitzsimons e che sulla scia di alcuni momenti Ty Segall e gruppi come gli Allah Las propone sonorità chiaramente vintage e di marca anni sessanta ("No More Cryin'"), caratterizzate da un certo beat e mix di jangle pop ("The One I Love", "Little Stars") e acidità rock and roll ("I Don't Love You") in particolare dovuta all'uso dell'organo elettrico ("Ten Thousand", "Charlie's Lips"), rimandi barrettiani ("That's The Trouble With You", "I Don't Love You") e sfumature Bob Dylan ("You and Me", "New York", "You Never Learn"). Realizzato con la supervisione di Hanni El Khatib, questo dischetto probabilmente non ha nessun contenuto particolarmente originale, ma questo non è uno di quei casi dove si cerchi di sorprendere l'ascoltatore con giochi da prestigiatore, ma l'obiettivo sia invece quello di coinvolgerlo con pezzi marcatamente pop e accattivanti puntando alla sostanza delle cose. Insomma alla fine derivativo ma comunque bello fresco come appena stampato in un rinnovamento della tradizione classica jingle jangle e pop psichedelica dai Beatles ai Byrds fino al giorno d'oggi.

#molochs #pop #jinglejangle

The Molochs - "No More Cryin'" (Official Video)
Caro @ALFAMA, se fossi nato in nord-europa la mia vita sarebbe stata sicuramente migliore.

#buzz

Annexus Quam - Beziehungen (Ohr, 1972)

Conosciuti anche come Ambition In Music, gli Annexus Quam (Peter Werner, Hans Kamper, Ove Volquartz, Harald Klemm, Martin Habenicht) furono un collettivo di musica psichedelica proveniente dalla Germania e emersi alla fine degli anni sessanta come collettivo di musica cosmica ma dedita per lo più a sonorità jazz che venivano mescolate a quella dimensione sonora conosciuta come kraut-rock (vedi in particolare "Dreh dich nicht um"). Il gruppo pubblicò due dischi. Il secondo è questo disco pubblicato nel 1972 e intitolato "Beziehungen" e composto da sole quattro tracce dominate da un imprinting tipicamente free-jazz e da jam band dedita all'improvvisazione con costruzioni armoniche molto particolari combinate a un minimalismo di impronta Philip Glass ("Trobluhs el e isch") e rumorismi sperimentali "avant" ("Leyenburg 2") che in "Leyenburg" si sublima in una impennata finale con dei chitarrismi derivati dalla tradizione ispanica. Tutto sommato quindi in questo caso è forse proprio la componente più kraut quella meno interessante. Del resto bisogna dire che andando a scavare nella musica tedesca degli anni sessanta-settanta questa non è la prima volta che capita di imbattersi in registrazioni e gruppi così sperimentali ma allo stesso tempo fuori da quei canoni che oramai bene conosciamo e che in una dimensione comunque parallela e mista alla musica cosmica di Tangerine Dream oppure il motorik NEU! e l'elettronica Kraftwerk, si disimpegnavano in altri generi come questo dischetto qui che francamente è di una bellezza disarmante e sprigiona energia e sensazioni di libertà dalla prima all'ultima nota.

#kraut #annexusquam #kosmischemusik

Annexus Quam - Troblush El E Isch (1972) HQ
Implacabile Howe...

#zot2017

Arizona Amp & Alternator - The Open Road (Self-Released, February 02, 2017)

Quando mi sono ritrovato tra le mani questo disco, mi sono francamente domandato, "E questo ora da dove esce fuori?" Voglio dire: un nuovo disco di Howe Gelb a nome Arizona Amp & Alternator spuntato così all'improvviso dalle sabbie del deserto e mentre intanto registrava e pubblicava due dischi di "standard". Peraltro il progetto era stato appunto seppellito sotto le sabbie del deserto oramai da più di dieci anni, quando nel 2005 fu pubblicato il primo disco che costituiva in verità una specie di piccolo gioiellino con collaborazioni interessanti e preziose con artisti come M. Ward oppure Scout Niblett. Questo qui più o meno allo stesso modo raccoglie tutta una serie di pezzi registrati a vario titolo nel corso degli ultimi cinque anni. Una specie di miscuglio con il quale poi alla fine di grande mestiere Howe ti frega sempre: perché pure questa non-formula alla fine ti convince della sua bontà, perché le canzoni e le interpretazioni e gli arrangiamenti funzionano in ogni caso. Che si tratti di registrazioni in studio oppure dal vivo("Bottom Line Man"), da solo oppure in compagnia ora con Lonna Kelley ("Left Of Center") e ora con Jason Lytle dei Grandaddy ("Left") sono belle, convincenti seppure varie nel suo contenuto così come è variegato e incredibilmente vasto e sconfinato il repertorio di canzoni di Howe Gelb. A parte le canzoni che ha scritto in prima persona, penso che potrebbe praticamente suonare ogni classico standard della canzone americana così sulla punta delle dita e sono proprio quelle interpretazioni estemporanee che del resto rendono meglio di qualunque altra la sua grandezza.

#desertrock #giantsand #howegelb

The Open Road | Howe Gelb
#buzz @[ALFAMA] qui siamo su un livello di avant-jazz, decisamente altissimo. Big band capitanata da Martin Kuchen e stesso duo ritmico dei Fire! Sempre dalla Svezia...

Angles 9 – Disappeared Behind The Sun (Clean Feed, January 17, 2017)

Considerati come dei rinnegati dagli amanti del jazz tradizionale, quello dei grandi classici e delle big band tipo quella di Duke Ellington, gli Angles 9 sono un ensemble svedese capitanato da Martin Kuchen, sassofonista visionario in giro sulle scene già da una decina di anni che nel tempo ha preso parte a diversi progetti di tipo sperimentale. Questo si intitola "Disappeared Behing The Sun" ed è stato pubblicato lo scorso danno da un'etichetta specializzata nel genere come la portoghese Clean Feed. Anche in questo caso non parliamo sicuramente di un disco che ha bisogno di più ascolti per essere apprezzato. Questa proposta di avant-jazz sfugge da ogni definizione intellettuale e si presta semplicemente a essere ascoltata e lasciarsi andare dalla bellezza e la variegatezza dei suoni propsti. Devo dire del resto che tra le diverse proposte nel jazz sperimentale e d'avanguardia ascoltate nell'ultimo periodo, nessuna mi ha colpito così tanto quanto questo disco degli Angles 9. Una vera e propria commistione di suoni che appaiono rimandare allo stesso tempo a esperienze come l'afro-beat oppure l'ethio-jazz e a esperienze sonore mediorientali oppure della musica orientale, questo disco appare varcare ogni confine possibile e in qualche modo essere l'equivalente del punk per la musica rock e di "Parson Sound" per la musica rock psichedelica europea. Un disco che in definitiva potrebbe veramente segnare un'epoca per il genere, ma questo eventualmente lo scopriremo solo nel tempo. Acido, entusiasmante, esplosivo.

#jazz #avantgarde #angles9

Angles 9 ‎- Disappeared Behind The Sun - full album 2017