Uno dei migliori ripescaggi per quello che riguarda l'anno 2017.

#zot2017

Dead Sea Apes - Sixth Side Of The Pentagon (Cardinal Fuzz/Sky Lantern Records, April 03, 2017)

Uno dei gruppi più particolari nella scena psych inglese e più specificatamente di Manchester, i Dead Sea Apes si distinguono nella loro singolarità a partire dalla scelta del nome, praticamente un riferimento alla tradizione islamica seconda la quale chi abitava le zone lungo il Mar Morto fu trasformato in scimmia perché non prestò fede al messaggio di Dio tramandato per bocca di Mosè. In inglese è una espressione tipica nel descrivere chi pensa che tutto ciò che lo circondi sia una fregatura, in pratica il frutto di una cospirazione. Il gruppo peraltro si distingue anche per una certa propensione a tematiche di natura politica e geopolitica e per una ispirazione di carattere distopico che si riflette anche nelle loro composizioni in larga parte sperimentali e caratterizzate da una specie di atmosfere spettrali. Dominate dal sound del basso che dà al suono la conformità ossessiva delle composizioni di PIL ("Pale Anxieties") oppure This Heat ("Rectifier") il disco riprende sonorità di carattere dub con suggestioni fantasma Suicide ("The Map Is Not The Territory"), acidità blues ("Low Resolution") e sonorità cosmiche ("Lo Res"), il tutto condizionato da un orientamento sperimentale che ricorda alcune composizioni di Sir Richard Bishop oppure dei Gastr del Sol. Ci troviamo in definitiva davanti a quello che definirei come un grande gruppo e che va seguito anche nei suoi lavori più sperimentali e di natura concettuale. Ahl-sahlahm-alaykum.

#experimental #psychedelia #dub

Dead Sea Apes - Sixth Side of the Pentagon(Full Album)
Ritorniamo nella nostra discoteca preferita su Saturno con @ALFAMA.

#buzz

Philippe Doray / Asociaux Associes - Nouveaux Modes Industriels (Invisible Records, 1980)

Un altro disco che ci appare come un oggetto sconosciuto proveniente da chissà quale parte dell'universo. "Nouveaux Modes Industriels" (Invisible Records, 1980). Un vero e proprio UFO. Una registrazione Made in France al Malax-Mobile di Monterolier tra il maggio 1978 e il gennaio 1980 del musicista francese Philippe Doray e del suo ensemble Asociaux Associes e dai caratteri tipicamente distopici. Il disco sembrerebbe se non uscire direttamente da un'altra epoca, almeno da quell'altra parte dell'oceano e da quella scena newyorkese che poi venne definita come patria d'origine del movimento musicale no-wave. E effettivamente un disco di musica d'avanguardia in anticipo sui tempi per quello che riguarda la cara vecchia Europa questo "Nouveaux Modes Industriels". Il suono delle chitarre ricorda certe composizioni minimaliste tra la fine degli anni settanta e gli anni ottanta, particolarmente tagliente e per lo più essenziale, le canzoni sono per lo più caratterizzate da una certa schizofrenia visionaria e tipica di artisti come i Residents, mescolate allo stile di esperienze come i Tuxedomoon e allucinazioni This Heat. Charlie Parker ("Latex") e Ennio Morricone ("Dans Le Dèdale") e i Kraftwer ("Musique Pour Residences Secondaires") vengono passati dentro uno shakeratore tra sperimentalismi jazz fusion, esercizi vocali derivativi da esperienze come il cabaret e utilizzi del synth di ogni tipo, anticipazioni di riverberazioni dub e persino alcuni spunti prossimi all'hip-hop si susseguono apparentemente senza nessuno schema nel corso dell'intera opera. Uno dei momenti più interessanti e sotterranei di art-rock in Europa in quegli anni.

#philippedoray #avantgarde #artrock

“Nouveaux Modes Industriels” (Francia, 1980) de Philippe Doray
Ancora acidità psichedeliche dal paese del sol levante.

#zot2017

Dhidalah - No Water (Guruguru Brain, January 27, 2017)

Ancora una bella uscita su Guruguru Brain. Questa volta la proposta è un 10" dei Dhidalah, trio psychedelic-rock di Tokyo composto da Ikuma Wakabe, Wahei Gotoh e Konstantin Miyazaki. Il gruppo ha una lunga storia alle spalle: si forma infatti nel 2007 quando Ikuma lascia la sua band precedente, i Church of Misery, e i tre mettono in piedi questo progetto ispirandosi alla tradizione del rock acido Jap degli anni settanta e mescolando il suono a sonorità doom e space-rock. Il 10" si compone di due lunghe tracce, la prima ("GRB") nel segno del rinnovamento della tradizione delle esperienze sonore più acid rock, la seconda invece più caratteristica e particolare nell'uso delle percussioni e delle tastiere e in bilico tra space rock e potenti momenti doom distruttivi come il mitologico gigante Daidarabotchi, cui è ispirato il nome del gruppo e che si ritiene abbia la forza di spaccare in due le montagne. Da questo punto di vista, gli intenti di questo trio sono perfettamente evidenti.

#japrock #dhidalah #acidrock

Dhidalah - NO WATER
Disco incredibile che non so @ALFAMA come abbia fatto a scovare. Un gioiello.

#buzz

Tony Conrad - Joan of Arc (Table of Elements, October, 2006)

Tony Conrad è scomparso nell'aprile 2016 all'età di 76 anni. Penso che sia stato uno degli artisti più interessanti per quello che riguarda la sperimentazione in campo musicale di avanguardia (deliberatamente ispirata a maestri come John Cage e Karl-Heinz Stockhausen) e che lo hanno portato più volte a incrociare il suo percorso (oltre che con compositori del calibro di La Monte Young) anche con artisti della scena musicale rock e alternative a partire da uno strano incrocio con i Velvet Underground all'inizio degli anni sessanta, alle più celebre collaborazione con i Faust in "Outside the Dream Syndicate" (1972). Molti dei suoi lavori comunque erano e sono stati strettamente connessi a opere artistiche di natura visuale più o meno sperimentali, ma anche vere e proprie colonne sonore. Questa registrazione qui è del 1968. Si tratta di un lavoro concepito per essere la colonna sonora di un film del regista sperimentale italo-americano Piero Heliczer che da bambino aveva recitato in "Ladri di biciclette" di Vittorio De Sica e che poi si era trasferito a Parigi, Londra, New York City, dove entrò a far parte del giro di Andy Warhol. Il disco fu registrato come una session improvvisata e suonata unicamente con un organo a pompa a casa di John Vaccaro, il direttore della Playhouse of the Ridicolous nel 1968 ma la registrazione è stata pubblicata solo nel 2006 su Table Of The Elements. La sessione di registrazione si prolungò per oltre un'ora: nei fatti Heliczer ne utilizzò solo undici minuti, ma Conrad non sapeva esattamente la durata della registrazione di Heliczer e continuò a suonare finché il nastro della bobina non si esaurì. E questa è una grande fortuna, perché alla fine questa registrazione è una vera e propria grande opera musicale carica di primitive sonorità drone e vibranti onde sonore. Il pensiero va, oltre che a compositori minimalisti come lo stesso La Monte Young oppure Terry Riley, in qualche maniera a "Metal Machine Music" anche se questa opera è perfettamente ascoltabile e qui l'intento è costruire e raccontare qualche cosa e non distruggere.

Tony Conrad - Joan of Arc

#tonyconrad #avantgarde #joanofarc
Ritorna direttamente dalla Germania la rassegna #zot2017 dopo una forzata assenza dovuta a impegni improrogabili.

Rodinia - Ex Anima (Now-Again Records, September 08, 2017)

Veramente bello questo disco di questo ensemble jazz sperimentale tedesco capitanato da Jan Weissenfeldt e che riprende in maniera originale sonorità kraut-rock degli anni settanta allineandosi alla grande lezione di precursori come Cluster, Harmonia, Popol Vuh e Tangerine Dream e dando allo stesso tempo una rinfrescata a queste stesse sonorità tipicamente "vintage" ambientandole in un contesto di sonorità più moderne. Carico di overdub e suggestioni sintetiche il disco si apre con sessioni ambient di jazz fusion che evocano atmosfere estatiche e meditative, prima di aprirsi ancora di più in vere e proprie composizioni e sperimentalismi minimali e d'avanguardia come i sette minuti di "Dark Echoes" oppure "Makinfaba", dominata dal suono dei fiati e ripetizioni ipnotiche e la conclusiva "Dhrone Zuruck!", carica di suggestioni drone e riverberi dub oltre che l'eco di pulsazioni di basso. Si aggiungono composizioni più tipicamente kraut-rock con brani come "Neusi" oppure il sound spaziale di "Dork Times", che forse in qualche modo esulano dal resto del contesto e non tanto per i riferimenti culturali e i confini geografici quanto per il groove e i tempi delle composizioni che sono diciamo in qualche modo poco in sintonia con le altre. Comunque un progetto interessante e da tenere sotto monitoraggio.

Rodinia - Neusi - Ex Anima by Now-Again Records
@ALFAMA mi ha suggerito uno dei dischi più strani io abbia mai ascoltato e io lo propongo nella rassegna #buzz a tutti voi. Eccolo qui.

Emil Richards - New Sound Element: Stones (UNI Records, 1966)

Vallo a capire Emil Richards (classe 1932) come abbia concepito questa space opera denominata "New Sounds Element: Stones" e pubblicata nel lontano 1966 (UNI Records). Percussionista e allo stesso tempo pioniere nel campo della sperimentazione e nell'uso di strumentazioni all'avanguardia, Emil Richards registra il disco con un sestetto messo in piedi per l'occasione. Il disco si potrebbe ascrivere al genere free-jazz: ognuna delle composizioni è idealmente dedicata a un mese dell'anno da gennaio a dicembre. Comunque non ci vuole molto per capire che ci troviamo davanti a un disco assolutamente stravagante e le cui sonorità sono assolutamente imprevedibili. Accanto alla componente jazz di base, RIchards sperimenta nell'uso dei sintetizzatori conferendo al suono quel carattere tipico della space-age, ma poi aggiunge suoni di timpani, campanelli, xilofoni e il suono di carillon, senza considerare alcune sonorità calypso. Ogni canzone, come detto, rappresenta idealmente una stagione, ma anche una storia completamente a sé per quanto riguarda la sua struttura compositiva. Se esiste un disco che andrebbe recensito in quella formula generalmente poco gradita - quella track-by-track - eccolo qui. Altrimenti limitatevi semplicemente ad ascoltarlo a occhi chiusi come una sola opera e calatevi appieno in queste magiche atmosfere di cristallo.

“New Sound Element Stones” (Usa, 1966) de Emil Richards

#jazz #avantgarde #experimental
Un disco che potrebbe diventare una specie di "classico" ma che per il momento è comunque sicuramente un disco #zot2017

Pere Ubu - 20 Years In A Montana Missile Silo (Cherry Red Records, September 29, 2017)

Francamente questo disco dei Pere Ubu è così buono che penso sia il caso di non fare riferimento a nessun clichè del tipo che si tratta di una band di vecchi grandi che continuano a fare il loro sporco lavoro ecc. ecc. Perché queste sono tutte cose che sappiamo già e perché se lo senti, questo disco qui non ha praticamente niente di vecchio: non è un lavoro di mestiere, non sembra affatto il disco realizzato da una band che ha alle spalle trenta-trentacinque anni di storia. In generale ho trovato delle recensioni poco più che sufficienti, ma questo qui può benissimo essere considereato come uno dei dischi "classici" dei Pere Ubu di David Thomas, uno degli interpreti e dei frontman più potenti in circolazione e che ha dichiarato che avrebbe voluto dare al disco il titolo "Bruce Springsteen Is An Asshole". Il disco è sostanzialmente composto da brani marcatamente garage come "Monkey Bizness", "Swampland", "Red Eye Blues", "Toe to Toe"; brani più wave riprendono il sound più caratteristico della band ("Prison of the Senses", "Funk 49", gli sperimentalismi e il potentissimo groove di basso di "I Can Still See" oppure "Pan from Frag 9" e in qualche modo anche la ballad "THe Healer"), ma i momenti più interessanti sono probabilmente i blues acidi "Howl" e "Walking Again" dove regna sovrana la voce di Thomas, e la conclusiva "Cold Sweat". Che altro aggiungere? Francamente era da tempo che questo mitico gruppo non mi riusciva a colpire in maniera così positiva e che questa volta fa centro con un disco dove bene o male tutte le canzoni sono su un buon livello e dove acidità e ossessioni costituiscono al solito gli ingredienti principali. Molto bene.

'Monkey Bizness' by Pere Ubu

#wave #davidthomas #pereubu
Opere fondamentali #buzz

Questo qui mi mancava @ALFAMA. Il giusto complemento di "The United States of America".

Joe Byrd and The Field Hippies - The American Metaphysical Circus (Columbia Masterworks, 1969)

Joseph Hunter Byrd Jr. ha avuto bisogno di soli due dischi per scrivere un pezzo consistente della storia della musica rock psichedelica degli Stati Uniti d'America. Un vero e proprio precursore e una mente illuminata, Joseph nasce a Louisville in Kentucky, cresce a Tucson, Arizona. Studia a Sanford dove conosce La Monte Young, poi a Berkeley con Terry Riley e Steve Reich. Nel 1960 è a New York dove studia con Morton Feldman e John Cage, frequenta Charlotte Moorman, Yoko Ono, Jackson Mac Low, Virgil Thomson e soprattutto Dorothy Moskowitz che diventerà la sua compagna e quando Joseph ritorna sulla West Coast, la vocalist de gli United States of America (1967-1968), il primo gruppo di Byrd e uno dei gruppi fondamentali nella storia della musica psichedelica e in cui dava sfogo alle sue idee e visioni radicali sia sul piano musicale che sul piano concettuale e politico (era iscritto al partito comunista). Nel 1969 pubblica il suo secondo disco con i Field Hippies: "The American Metaphysical Circus". Idealmente diviso in quattro parti, il disco è in effetti una vera e propria opera in cui Byrd compie sperimentalismi nell'uso della voce e si ispira dichiaratamente nell'uso di determinati effetti al lavoro del mitico George Martin (vedi per esempio "Kalyani" oppure "Patriot's Lullabye", "Moonsong: Pelog", ma anche "Gospel Music"). Per il resto si tratta di un disco decisamente acido con particolarità come il ragtime visionario di "Mister 4th of July" oppure "Moonsong: Pelog" che non invidia nulla ad alcune delle canzoni del repertorio di Nico dall'altra parte de gli USA. Anche qui non mancano contenuti di natura politica, il più evidente è chiaramente "Invisible Man", un omaggio - diciamo così - al presidente Lyndon Johson. Capolavoro.

#psychedelia #joebyrd #theunitedstatesofamerica

Joe Byrd And the Field Hippies (Usa, 1969) - The American Metaph
Disco colpevolmente ascoltato in ritardo (come tutti quelli che vanno sotto l'etichetta #zot2017 del resto).

Mount Eerie - A Crow Looked At Me (P. W. Elverum & Sun, March 24, 2017)

Il disco più difficile di tutti per Phil Elverum aka Mount Eerie (ex The Microphones). "A Crow Looked At Me" è il disco che ha scritto e registrato da solo nella stessa stanza in cui il 9 luglio 2016 è morta sua moglie Geneviève che ha perso la battaglia contro un cancro al pancreas scoperto in fase già avanzata. Tutto questo è successo dopo poco che la coppia aveva avuto una figlia e sconvolgendo letteralmente la sua esistenza. Evidentemente lavorare a questo disco è stato un modo in qualche modo per reagire alla situazione: Phil ha cominciato a scrivere e registrare il nuovo materiale praticamente un mese dopo il decesso della moglie. Ma principalmente considera queste canzoni e l'intero album un modo per "urlare" al mondo intero il suo amore per Geneviève. Sicuramente non deve essere stato un disco facile da scrivere e le undici canzoni che sono contenute nel disco mostrano una sofferenza interiore che potrebbe ricordare grandi autori degli anni sessanta-settanta come Bill Fay oppure ROy Harper. Ciononostante gli arrangiamenti sono molto più minimali, praticamente essenziali, ma forse proprio per questo - al di là dei suoi contenuti sul piano emotivo - il disco è forse il lavoro migliore che Phil abbia mai realizzato, finalmente oramai lontano da quella dimensione e definizione "indie" e entrato appieno in quella di riconosciuto songwriter. In bocca al lupo.

#mounteerie #philelverum #folk

"Ravens" by Mount Eerie (official video)
Nuova proposta made in Chile della BYM Records e catalogata come #zot2017 nel segno di Marcelo Salas "El Matador".

Nueva Costa - Dilema (BYM Records, July 23, 2017)

La florida scena neo-psichedelica sud-americana, spinta dalla mitica etichetta BYM Records, propone questo nuovo duo cileno che dopo gli Holydrug Couple, merita sicuramente di essere attenzionato. I Nueva Costa sono il progetto del duo composto da Angelo Santa Cruz e Daniel Bande, il loro ultimo disco si intitola "Dilema" ed è stato pubblicato lo scorso luglio. A differenza che gli Holydrug Couple, orientatisi oramai verso una facile formula dream-pop, i Nueva Costa cercano invece una combinazione tra una elettronica pop minimale e determinate atmosfere che da una parte guardano alla musica psichedelica, dall'altra invece in qualche modo propongono dei caratteri che sono tipici della cultura pop tout-court sud-americana. Tutte le canzoni del disco sono caratterizzate dal ruolo centrale dominante del suono del synth e in particolare dalle pulsazioni dei bassi, composizioni synth-driven che si traducono negli per lo più in composizioni pop venate di atmosfere sudamericane e ispirate al synth-pop Pet Shop Boys e New Order. Altre canzoni si distinguono per sonorità più tipicamente pop e downtempo come "Podria decir lo mismo" o "Entre tu y yo", mentre sono particolarmente interessanti l'ipnotismo della traccia introduttive "Telenovelas" e la dimensione psichedelica estatica di "Trampa". In definitiva secondo me un disco molto bello e interessante nel panorama pop sud-americano e che mi piace proprio per il modo in cui si autodetermina senza essere particolarmente per forza considerato un disco di musica neo-psichedelica. Da segnalare ovviamente le performance delle vocalist Carolina Sandoval ("La Noche") e Geraldine Neary ("Ente tu y yo", "Podria decir lo mismo de ti").

Nueva Costa - Dilema (Full Album)

#chile #synthpop #bym
Visto che @ALFAMA lo ha riproposto in questi giorni, me lo sono andato a riascoltare. Gli Organisation furono sicuramente un progetto troppo sperimentale per "sfondare" e avere successo e questa fu probabilmente la ragione per cui poi Ralf e Florian lo abbandonarono dopo questo primo e unico disco. Ce l'ho sicuramente da qualche parte su CD, ma chissà dove sia andato a finire. Mi ha fatto piacere riascoltarlo dopo anni.

Organisation - Tone Float (RCA Victor, August 1969)

Il primo e unico disco de gli Organisation, praticamente il primo progetto di Ralf Hutter e Florian Schneider-Esleben prima della fondazione dei Kraftwerk. Completano la formazione Basil Hammoudi, Butch Hauf e Aldred "Fred" Monicks. Il disco fu registrato a Londra con la collaborazione del mitico Konrad "Conny" Plank e pubblicato su RCA Victor nell'agosto 1969. "Tone Float" ha sonorità sicuramente differenti da quelle che siamo soliti riconoscere allo storico duo della musica elettronica. Si tratta di un epidio di musica sperimentale e psichedelica o al limite progressive. L'ispirazione di base guarda comunque all'uso di strumentazioni d'avanguardia e un certo interesse nei confronti delle componenti meccaniche. Il disco fu del resto registrato nel mezzo di una raffineria (dichiarazione dello stesso Ralf Hutter) e il loro obiettivo era proprio provare a riprodurre quelle sonorità "industriali". Basato fondamentalmente sulla title-track "Tone Float" che occupa tutto il Lato A del LP e che costituisce una lunga sessione di musica minimalista con suggestioni progressive psichedeliche ripetute per tutta la durata della traccia in maniera costante, quasi ipnotica e il suono particolare delle percussioni e il ruolo centrale del flauto contralto di Florian. Nel Lato B si alternano invece composizioni differenti: "Noitasinagro" è già kraut-rock, "Milk Rock" e "Rhythm Salad" sono invece due episodi sperimentali di avanguardia e di rumorismo astratto; "Silver Forest" si può definire un breve scorcio di musica ambient minimalista e probabilmente è la traccia più interessante oltre la title-track. Come detto, qui siamo lontanissimi dal sound che poi diventerà tipico dei Kraftwerk, ma si tratta di un disco che vale sempre la pena scoprire oppure riscoprire.

Organisation - Tone Float (Full Album) 1969

#krafwerk #organisation #krautrock
Tovarish, ecco il disco #zot2017 di oggi. Dasvidania.

Gnoomes – Tschak! (Rocket Recordings, March 10, 2017)

Dal 1940 e fino al 1957 la città di Perm' nella Russia europea orientale fu denominata "Molotov" in onore di Vjaceslav Michajolvic Molotov. Forse questa è una delle ragioni alla base del sound esplosivo di questo trio (Sasha Piankov, Pavel Fedoseev, Dmitriy Konyushevich) sotto contratto con la Rocket Recordings, l'etichetta con cui hanno pubblicato anche il loro ultimo album, denominato "Tschak!", lo scorso 10 marzo. Il terzetto ha definito la propria musica come "stargaze psychedelia": effettivamente possiamo considerarla come una musica sintetica dove però le suggestioni che una volta erano del campionario Morr Music, sono spinte molto più oltre sul piano delle sperimentazioni sonore e per la proposta di sonorità psichedeliche e space music. Il disco, tranne che in un paio di casi più tipicamente synth-pop come "Maria" o "City Monk" (potrebbero anche farvi pensare a certi New Order) e il drone di "Super Libido Awake" oppure "One Step / ADSR Eugraph", si compone sostanzialmente di trance ipnotico-psichedeliche e oscillazioni ripetute di onde sonore cariche di vibrazioni space music. Davanti a un disco così ben riuscito francamente mi tolgo il cappello e mi continuo a domandare come la gente possa ancora oggi affollare concerti dei Kraftwerk quando ci potrebbe essere la possibilità di ascoltare una musica così potente. Bravi come sempre quelli della Rocket Recordings, un'etichetta che considero fondamentale.

#russia #rocket #gnoomes

Gnoomes - City Monk (Video)
Registrazioni incredibili e sotterranee del 1975 riportate miracolosamente alla luce scientificamente per essere suggerite dalla rassegna #buzz del dj @ALFAMA.

Terry Riley, Don Cherry - Live Koln (n-a, 1975)

Il recupero di una mitica session dal vivo realizzata dal compositore minimalista Terry Riley e il trombettista cosmico USA Don Cherry a Colonia, Germania Ovest il 23 febbraio 1975 e praticamente mai pubblicata ufficialmente fino agli ultimi anni. Da segnalare che l'anno scorso (ndr. 2017) è stata pubblicata un'altra version con una sola traccia di questa session unita a una esibizione dal vivo di Terry Riley registrata a Godorf il 22 febbraio 1975. Il duo qui viene raggiunto da Karl Berger, che suona il vibrafono. Le tracce che compongono la registrazione sono tre: "Descending Moonshine Dervishes", "Sunrise Of The Planetary Dream Collector" e "Improvisation". Il suono delle composizioni è per lo più improntato al minimalismo di Riley, che tuttavia adegua il suo modello compositivo alla presenza di Don Cherry producendo quello che possiamo definire un ondeggiante tappeto sonoro su cui imperversa il vibrafono di Berger e domina su tutto la tromba di Don Cherry che suggerisce spiritual jazz notturni: il tempo delle composizioni è costante, come calarsi in una dimensione meditativa fino a raggiungere un livello di consapevolezza superiore. Vi è maggiore spazio per quelle che sono accelerate improvvise in vorticose costruzioni sonore per quanto riguarda la terza traccia completamente improvvisata e in cui momenti di quiete si interrompono in sublimazioni cosmiche e vibrazioni estatiche. Un momento storico per la collaborazione tra due giganti della storia della musica e per la grande qualità dei suoni (nonostante le registrazioni pare non siano state a suo tempo considerate di grande qualità a causa del suono della tromba di Don Cherry che pare risuonasse in maniera troppo distorta... una annotazione che francamente non mi dice niente, mi sembra tutto così splendido invece oppure sono io che non capisco granché, evidentemente dal vivo avrà suonato tutto in maniera più brillante).

#doncherry #terryriley #minimalism

Terry Riley / Don Cherry ‎– Köln – February 23, 1975 [Full Album]
Un disco sublime #zot2017

James Holden & The Animal Spirits - The Animal Spirits (Border Community, November 03, 2017)

Dichiaratamente ispiratosi a giganti come Don Cherry e Pharoah Sanders, James Holden compie un ulteriore salto di qualità rispetto all'ottimo album precedente ("The Inheritors", 2013) e realizza un disco capolavoro di jazz sperimentale mischiata a musica elettronica e accompagnato da un collettivo di musicisti, gli Animal Spirits, composto da Tom Page, Etienne Jaumet, Marcus Hamblett, Liza Bec e Lascelle Gordon. Registrato in unica sessione in presa diretta senza overdub e editing presso i Sacret Walls Studios di Londra durante l'estate del 2016, "The Animal Spirit" (Border Community) è una opera sperimentale che James Holden stesso ha definito di genere "folk trance". Passato dallo status di dj a quello di programmatore solitario di tracce sintetiche, James Holden qui fa un passo in avanti diventando un vero e proprio compositore, abbandonando definitivamente le sale da ballo e ogni definizione come "indie" oppure "techno". Questo disco è infatti una specie di opera minimalista che guarda a sonorità mediorientali oppure afro-beat che si scatenano in sessioni di jazz fusion su di una base ritmica kraut-rock oppure si allargano in infinite sequenze e riverberi di onde sonore. Apprezzavo già le sue capacità compositive e ero stato molto colpito dai suoni di "The Inheritors" ma in questo disco c'è molto di più: la musica elettronica "trance-folk" di James Holden, lontana concettualmente da quella dei pionieri e dei grandi compositori minimalisti del passato, aperta a influenze spiritual jazz e frutto anche di una visione culturale del mondo che ci circonda a 360°, spalanca letteralmente le nostre porte a una nuova forma di world music. Secondo me questo è un disco che se accolto da un numero di ascoltatori sensibili e attenti, può veramente lasciare il segno e fare proseliti negli anni a venire.

James Holden & The Animal Spirits - The Animal Spirits

#jamesholden #worldmusic #jazz
Un revival della scena di Canterbury costituisce la proposta di oggi per la rassegna #buzz e chiaramente già quotata da @ALFAMA.

Magic Bus - Phillip The Egg (Back To The Garden Record, June 26, 2017)

Dischetto di questa band britannica che si ricollega direttamente alla tradizione di Canterbury e gruppi come Caravan e Soft Machine con l'incontro tra sonorità fusion e sperimentali. Uscito lo scorso giugno 2017 su Back To The Garden Records, il disco si intitola "Phillip The Egg" e si apre con "Mystical Mountain - Twelve Kings" che effettivamente nella prima parte ricorda tantissimo "Golf Girl" dei Caravan per poi aprirsi nella seconda parte in accelerazioni progressive rock acide. "Trail to Canaa" riprende gli stessi toni e la stessa formula della prima traccia; "Zeta" si costruisce su ritmi quasi gitani e molto particolari, così come "Kepler 22b": sono sicuramente le due tracce più fusion dell'intero album. Ma i momenti migliori sono probabilmente la ballata psichedelica "Distant Future" e le sperimentazioni sonore ambient di "Kalamazoo", la schizofrenia di "Yantra Tunnels". Molto molto vintage e diciamo "citazionsita". Per gli amanti di una certa musica è un disco che definirei imperdibile. Forse meno abbordabile se non siete soliti appassionati del genere.

MAGIC BUS - MYSTICAL MOUNTAIN VIDEO - FROM THE NEW ALBUM - PHILLIP THE EGG - OUT ON MAY 1ST 2017

#progressive #canterbury #magicbus
Altro dischetto acustico per la rassegna #zot2017

Mark Olson - Spokeswoman of the Bright Sun (Glitterhouse, January 09, 2017)

"Spokeswoman of the Bright Sun" è il secondo disco di Mark Olson (Jayhawks) realizzato in collaborazione con la sua compagna e multistrumentista Ingunn Ringvold, specializzata nel suonare il qanun armeno e che nel disco suona anche tastiere, djembe, chitarre e il dulcimer. Le sessioni di registrazione si sono svolte direttamente a casa di Mark nel deserto di Joshua Tree: Danny Frenkel ha suonato la batteria, Lewis Keller il basso. Il disco (mixato da John Schreine) è stato pubblicato su Glitterhouse lo scorso gennaio: è una collezione di dieci canzoni folk vagamente psichedeliche molto semplici e basate in realtà sostanzialmente sulla combinazione delle due voci e il suono della chitarra acustica. È un lavoro che non ha molte pretese e che come tale non merita neppure particolari attenzioni.

MARK OLSON - DEAR ELISABETH (OFFICIAL VIDEO) | GLITTERHOUSE RECORDS

#folk #acoustic #jayhawks
Senza parole @ALFAMA, disco incredibile che entra di prepotenza ai vertici della rassegna sonora #buzz come episodio unico nella storia della musica acid rock più sperimentale degli anni sessanta. Beato chi viveva nella west coast durante quegli anni. Beato chi ci vive anche ora.

Friendsound - Joyride (RCA, 1969)

Questo disco costituisce un altro "unicum" nella storia della musica psichedelica della west coast californiana. I Friendsound sono stati un gruppo fondato da Drake Levin, nato a Chicago ma praticamente stabilitosi in pianta stabile a Los Angeles già dalla metà degli anni sessanta (ha militato tra gli altri nei Brotherhood, nei Cosmic Travelers e i più noti Paul Revere & The Raiders). "Joyride" è l'unico LP dei Friendsound pubblicato su RCA nel 1969. Ascrivibile al genere psichedelico oppure progressive rock, in realtà il disco costituisce un capolavoro di avanguardia e musique concrète. Il disco è particolarmente sperimentale e le sessioni di registrate hanno coinvolto un numero incredibile di musicisti. Nessuna delle tracce del disco è in qualche maniera convenzionale. "Joyride" è come se fossero due canzoni sovrapposte l'una sull'altra: in sottofondo c'è un rock blues acido, ma sopra sono sovraincisi suoni di flauto e suggestioni progressive sperimentali; "Childhood's End" è un pezzo di psichedelia strumentale acida che suona su una traccia pre-registrata e che viene fatta suonare in maniera accelerata; "Love Sketch" è forse la traccia più convenzionale, un arpeggio di chitarra si accompagna a arrangiamenti evocativi creando dilatazioni sonore e riverberi che riempiono lo spazio creando onde sonore continue in successione; "Childsong" sovrappone tra di loro il rumore di due gruppi di bambini che giocano registrati in due momenti diversi sui quali si sovrappongono sensazioni sonore derivative dalla musica tibetana e esperienze new age; "Lost Angel Proper St." riprende un'altra volta il concept di due tracce sovrapposte: l'acidità rock blues viene letteralmente sommersa in atmosfere subaquee e jazz notturni e suoni metropolitani; "The Empire Of Light" è un esempio di musica minimalista e musica concreta e una specie di esercizio sulla riproduzione della eco dei riverberi del suono. Un disco che è opera di combinazioni che non sono casuali e che può essere stato concepito solo da una mente visionaria. La sensazione finale dopo l'ascolto è quella che definirei come "gratitudine".

Friendsound - Joyride

#musiqueconcrète #avanguardia #psichedelia
L'inimitabile (per fortuna) rassegna #zot2017 suggerisce:

Linda Perhacs - I'm A Harmony (Omnivore Recordings, September 22, 2017)

Curiosa la storia di Linda Perhacs. Pubblica un disco nel 1970 che è diventato un oggetto di culto ("Parallelograms") e viene ristampato e riscoperto nel 2010 su Mexican Summer e Sundazed Records. Il mondo della musica scopre la propria colpevolezza e nel 2014 Sufjan Stevens diciamo che fiuta l'affare e gli produce a distanza di più di trent'anni il secondo disco in studio "The Soul Of All Natural Things" prodotto da Chris Price e Fernando Perdomo. Due-tre anni dopo pubblica un altro disco "I'm A Harmony" (Omnivore Recordings) e non gliene frega niente a nessuno. Va detto per onestà intellettuale che sia questo che il precedente non raggiungono le vette di "Parallelograms", così come il fatto che le sonorità di Linda Perhacs non siano esattamente commerciali né si prestano al facile ascolto. Ma questo disco (che vede ancora la collaborazione preziosa di Julia Holter) e quantomeno interessante. Linda è un'artista che si mette ancora in discussione, il disco è una serie di sperimentazioni sul piano vocale che creano suggestioni molto particolari ("I'm A Harmony", "Visions", "Eclipse Of Love", "We Will Live"...) e con arrangiamenti particolari influenzati da tropicalismo "The Dancer", "Take Your Love To A Higher Level" e francesismi ("One Full Cirle Around The Sun"). Il resto è repertorio classico di una artista che potrà piacere o meno ma che comunque ha ancora qualche cosa da dire.

Linda Perhacs - I'm A Harmony (I'm A Harmony 2017)

#folk #psychedelia #newage
Una volta tanto propongo per la rassegna #buzz un disco che già conoscevo ma che riproposto da @ALFAMA nei giorni scorsi ho riascoltato e riascoltato volentieri in questi giorni.

Dave Bixby - Ode To Quetzalcoatl (n-a, 1969)

"Ode To Quetzalcoatl" è chiaramente uno dei dischi culto della psichedelia folk degli anni sessanta. Uno di quesgli oggetti misteriosi e che per qualche ragione sono stati fortunatamente riscoperti nel corso degli anni. Dave Bixby viene dal Michigan, precisamente da Rockford nella zona dei grandi laghi. Influenzato sin da ragazzo dai Beatles e i Beach Boys si avvicina chiaramente alla cultura psichedelica di quegli anni, è solo un ragazzino quando si avvicina alle droghe, comincia a fare uso di LSD e finisce anche in prigione. Poi nell'inverno del 1968 si avvicina alla religione e questa cosa in qualche modo segna in lui una specie di rinascita dopo un periodo in cui la droga lo aveva davvero buttato giù. È in questo periodo che scrive "Ode To Quetzalcoatl" immaginando Quetzalcoatl come una specie di Cristone che cammina sull'America. Suona le sue canzoni nel suo gruppo di preghiera prima di registrare il disco. A differenza di quello che si possa pensare è un disco legato a tematiche di tipo religioso e che parla di rinascita. La sua genesi è tanto incredibile quanto la sua storia: chiaramente Dave non avrebbe mai immaginato che questo lavoro che racconta come sia stato registrato e concepito in un momento in cui i suoi amici morivano in Vietnam oppure ritornavano dal Vietnam completamente cambiati e di come lui cercava di aiutarli a evitare il suicidio dopo essere cresciuto con un padre profondamente ferito dalla partecipazione alla seconda guerra mondiale. Mentre l'uomo metteva il piede sulla Luna. Nel mentre anche lui scriveva un pezzo rilevante della storia della musica. Non lo sapeva. Non lo sapeva nessuno. Tutte le canzoni sono praticamente dei capolavori ma se devo menzionare quella che mi piace più di tutte: "Free Indeed".

DAVE BIXBY ~ Free indeed

#folk #psychedelia #quetzalcoatl
Dato il ripescaggio di "Medicine Fuck Dream", che non conoscevo, vi propongo un disco di Greg Ashley anche per la rassegna #zot2017 certo che il disco in questione non potrà che accogliere il vostro massimo gradimento.

Greg Ashley - Pictures Of Saint Paul (Trouble In Mind Records, June 30, 2017)

La verità è che Greg Ashley è diventato sempre più incazzato con il passare degli anni. Negli anni ha affinato la sua scrittura, ma la ha anche resa più concreta e ha cominciato sempre di più a porre attenzione alla società che gli sta attorno. I suoi toni di conseguenza sono diventati ancora più irriverenti rispetto ai suoi inizi come cantautore. A vederlo in effetti non si direbbe sia un grandissimo fan di Leonard Cohen (ha rifatto per intero l'album "Death of a Ladies' Man") eppure se ascoltate "Jailbirds and Vagabonds" l'eco del gigante della musica canadese si sentono tutti. Ma Greg Ashley oggi è soprattutto quello che potremmo definire come un cantautore punk attento alle tematiche sociali e ispirato tanto da Billy Bragg ("Goodbye Saint Paul Street", "Six A.M. At The Black And White"...) quanto per quello che riguarda le sonorità come sempre dalla psichedelia degli anni sessanta e gruppi come i Kinks ("A Sea Of Suckers") o Syd Barrett ("Two Person One Man Band"), l'honky tonk sound dei primi Stones ("Self Destruction Derby", "Medication #9", "Pursue The Night Life"). Registrato presso i suoi studios a Oakland e pubblicato da una bella etichetta come la Trouble In Mind Records, "Pictures Of Saint Paul" è uno dei dischi di musica cantautoriale migliori dell'anno 2017 e Greg Ashley è chiaramente un grande figlio di puttana e uno che canta di quelle persone la cui esistenza è ai margini e camminano sul filo del rasoio senza essere degli equilibristi e per queste ragioni non posso che consigliarvi di ascoltare assolutamente questo disco. Se non vi piace, tornatevene pure tutti quanti a casa dalla mamma. Cinque su cinque.

#oakland #punk #gregashley

Greg Ashley "Medication #9" (Official Video)